Testamento biologico e dissenso cattolico

Ancora il testamento biologico: è su questo che si sta concentrando l'eterno confronto fra i laici e i
cattolici nel nostro paese. Confronto, ma anche scontro. E la stessa classica distinzione fra laici e
cattolici in questo caso fa acqua: anche molti cattolici la pensano laicamente e si differenziano dalle
posizioni della gerarchia.
Ma ci chiediamo come mai il confronto-scontro si stia concentrando
proprio sul testamento biologico.
La risposta probabilmente va ricercata nella predilezione delle autorità cattoliche per tutto ciò che
riguarda la morte: un territorio nel quale il cattolicesimo più ufficiale pretende una certa esclusiva e
esclude il dialogo.

E contesta i tentativi con cui altri - i laici - cercano di invadere il campo. La vita e la morte, dunque:
dalla battaglia contro l'aborto a quella contro il testamento biologico.
E' interessante osservare che questa battaglia non è condivisa dal mondo protestante italiano: una
conferma del fatto che non si tratta di una questione che abbia un forte fondamento evangelico.

Tipicamente cattolica, dunque. E italiana.
In Germania le chiese cattolica e protestante insieme hanno detto «sì» al testamento biologico.
Meglio: questione tipicamente vaticana.
Notevoli sono le manifestazioni di un forte dissenso nel nostro paese. Non soltanto a Roma, come
testimoniava Sandro Medici sulle nostre pagine di venerdì scorso, dal titolo «Libera scelta in libero
Municipio». Si sta movendo anche un forte dissenso cattolico. Una voce fra le tante, quella di un
sacerdote fiorentino don Alessandro Santoro: «Sono profondamente disturbato da questa ostentata
onniscienza della Chiesa. Di quel cristianesimo non so che farmene».

E Renato Mannheimer (sul «Corriere della sera») sostiene che il 47 per cento dei cattolici praticanti
è favorevole a una legge sul testamento biologico che permetta di dire «no» anche a nutrizione e
idratazione artificiali, contro un 24 per cento di contrari e un 29 per cento di incerti. Ma i «palazzi»
vaticani continuano irremovibili la loro battaglia.

Filippo Gentiloni     il manifesto 19 aprile 2009