Teo-dem versus teo-cons

Mai come in questi giorni il dibattito politico nel nostro paese si è rivestito di tematiche etico-religiose. Anzi, più religiose che etiche. Non soltanto e non tanto centrosinistra contro centrodestra, quanto teo-dem contro teo-cons: il «divino» in primo piano. L'Italia non è più quella del Concordato e delle sue rivisitazioni, e soprattutto non è più quella della Democrazia cristiana. La grande novità è l'entrata in campo della chiesa cattolica in prima persona.

La chiesa, o, meglio, il Vaticano con i suoi «palazzi» (la conferenza episcopale, guidata, a tutt'oggi, dal cardinale Ruini). Non è esatto, quindi, chiamare in causa i cattolici genericamente: il termine è quanto mai vago, incerto e scarsamente significativo. A scendere in campo come non mai è la gerarchia. I cattolici, si sa, si trovano in tutti gli schieramenti, mentre la gerarchia nelle vicende di questi giorni e mesi si è schierata decisamente a destra Come non mai: le eccezioni, se ci sono, non si fanno sentire (qualche voce, come quella del cardinale Martinii su Welby, è considerata, ormai, «privata»). Al punto che ci si chiede se esistono cattolici nel centrosinistra. Se esistono, o - meglio - se si fanno sentire. Meglio: perché non si fanno sentire?

Risposta scontata: è difficile per i cattolici impegnati in politica far sentire il loro dissenso dai palazzi vaticani. Soprattutto quando i palazzi sono aggressivi, forse addirittura invadenti. Era difficile al tempo della Democrazia cristiana per i famosi «cattolici di sinistra» far sentire una voce che li avvicinava addirittura ai comunisti. Eppure quella voce non mancò. E oggi? Il rischio di un cattolicesimo ufficiale tutto schierato con i teocons è grave. Sia per la politica italiana che per la chiesa Alla prima verrebbe a mancare un interlocutore prezioso, nella seconda si aprirebbe una forte spaccatura, con una parte ridotta al silenzio e anche all'ipocrisia.

Esiti negativi che speriamo di poter evitare. Speriamo, perciò, in una chiesa ufficiale meno aggressiva e più aperta alla discussione e al dialogo. Soprattutto su temi nei quali non è in gioco tanto la pagina del vangelo quanto un diritto «naturale» piuttosto discutibile. Come nel matrimonio. E nei pacs.

 

 Filippo Gentiloni    il manifesto 11/2/2007