In questo
periodo elettorale i politici italiani sembrano avere un’irresistibile
attrazione per il Vaticano. Ma, al di là delle visite realizzate (Pera)
e di quelle annunciate e poi cancellate (Berlusconi, Casini, Mastella),
si tratta di un’attrazione reciproca? Anche da oltre Tevere cresce la
voglia d’ingerenenza nella politica italiana? Perché e con quali rischi?
Ne abbiamo parlato con Umberto Galimberti, docente di Filosofia della
storia a Venezia, pensatore laico molto attento ai rapporti fra etica,
politica, religione e tecnica.
Questo papato è più intrusivo nella politica italiana di quelli
precedenti?
Direi di si. Il trio che guida oggi la chiesa (Ratzinger, Ruini, Sodano)
è molto più interessato alle faccende italiane e più disattento invece a
quelle mondiali, rispetto a Karol Wojtyla. Oggi l’attenzione è
concentrata sull’Italia perché l’obbiettivo prioritario è ottenere
concreti benefici dalla parte politica al potere, siano essi
l’arruolamento di 10mila sacerdoti, scelti dalle curie, come professori
di ruolo nelle scuole pubbliche, oppure
fondi
per scuole e strutture sanitarie private, in larghissima parte facenti
capo alla Chiesa.
Anche con Giovanni Paolo II la Chiesa aveva strappato parecchie
concessioni…
Certo, ma oggi si dà un colpo di accelleratore a questo trend. La Chiesa
vuole affermarsi a livello di strutture sociali. Già Wojtyla, in
effetti, aveva iniziato una sorta di fiancheggiamento positivo dell’Opus
Dei (Opus,
cioè opere, insomma, scuole, ospedali, istituzioni): Joseph Ratzinger va
avanti in maniera molto più spedita, privilegiando la politica italiana.
Qual è l’aspetto più
grave di questa recrudescenza dell’intromissione vaticana?
Al fondo la Chiesa si ritiene l’unica depositaria dell’etica.
Un’etica prerogativa esclusiva della religione avvicina notevolmente il
cristianesimo alla mentalità islamica. Per fortuna noi abbiamo avuto
l’illuminismo e lo stato laico che ci hanno parzialmente immunizzati. Da
parte della Chiesa, comunque, si tende a negare che l’etica sia una
qualità dell’uomo, come diceva Kant, per affermarne invece la
derivazione dalla dogmatica religiosa. Gli uomini sarebbero incapaci di
produrre una morale. Di questo passo si finisce nello Stato teocratico.
Ma le morali altro non sono che regole di convivenza volte a ridurre i
conflitti. Queste regole gli uomini se le possono dare da sé: l’etica è
una categoria antropologica.
Le diverse etiche non
sono su un piano di parità?
Quella basata sulla religione è molto retrograda. È dedotta da principi,
teorizzati a partire da Tommaso, appartenenti a un epoca in cui la
natura era ritenuta uno scenario immutabile. Oggi invece vediamo bene
che è modificabile in ogni suo aspetto: pensiamo alla fecondazione, alle
modalità che può assumere la morte, agli interventi sul patrimonio
genetico. Possiamo regolare un mondo dove la scienza manipola la natura
con un’etica che prevede l’immutabilità dei principi naturali? La chiesa
ha una posizione di retroguardia e la vuole imporre attraverso la
politica e gli strumenti legislativi.
Eppure Wojtyla chiese
scusa al mondo a proposito dell'atteggiamento della Chiesa sulla scienza
nei secoli passati.
Già, però Giovanni Paolo Il aveva in mente solo la fisica, la
scienza galileiana. Sul fatto che il sole stia fermo e la terra giri
nessuno più ha dubbi. Vorrei invece che la Chiesa chiedesse scusa alla
genetica, alla chimica, alla biologia molecolare: a quello che oggi è
attuale.
I radicali hanno chiesto
l'eliminazione del Concordato. Che ne pensa?
Su questo non posso che essere d'accordo con Marco Pannella: non vi
vedo altro che un'osservanza del precetto evangelico "dare a Cesare quel
che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio". Più il potere temporale è
separato da quello spirituale e più i rapporti tra i due sono corretti.
Ma i radicali - e non solo loro hanno detto anche altro su cui non sono
d'accordo.
Di che si tratta?
Non condivido l'idea che si possa dire al papa che non deve ricevere
questo o quest'altro, soprattutto sotto elezioni. Mi convince molto ciò
che ha detto Romano Prodi: il papa è padrone delle sue azioni, incontra
chi vuole.
Le sembra un bello
spettacolo quello dei politici in processione ai palazzi vaticani per
farsi benedire la campagna elettorale?
Questo è un altro discorso. I politici dovrebbero comportarsi come
faceva Tommaso quando elaborava la sua filosofia e diceva di farlo "come
se Dio non fosse". Ecco, il mondo politico dovrebbe comportarsi "come se
la Chiesa non fosse". Facesse essa pure il suo mestiere, intervenisse
ovunque ritenesse necessario. Ma i politici non dovrebbero mai
appoggiarsi a essa, dovrebbero comportarsi come se la Chiesa fosse
inincidente. Se invece avesse effetti anche sulle scelte politiche del
popolo, nessun problema: questa è la storia, questo è il mondo.
Anche il
centro-sinistra, basta guardare le candidature, punta ad accreditarsi
oltre Tevere, ad appoggiarsi alla Chiesa.
Non c'è dubbio. E chiunque lo faccia denuncia la sua debolezza politica,
il suo infantilismo. Pare che abbiano bisogno della benedizione
della mamma.
Pannella ed Emma Bonino
hanno sostenuto che in caso di "pareggio" si corre il rischio di una
coalizione dì centro sotto la protezione del papa, È d'accordo?
Sono esasperazioni infondate. Mi pare che Prodi sia un cattolico molto
laico, come peraltro Carlo Azeglio Ciampi, con una bella distinzione
interiore (è questa che conta) tra dimensione religiosa e la
gestione della società, che invece non può fare appello a principi
religiosi.
Sono i politici a
chiedere la benedizione, ma il Vaticano, con i suoi atteggiamenti, li
incentiva. Lei auspica più discrezione?
Talvolta mi chiedo se la Chiesa crede ancora in Dio. È certo un'
affermazione paradossale e provocatoria, ma ha una sua giustificazione:
quando la Chiesa interviene massicciamente per promuovere una
legislazione favorevole alla sua etica, allora ci possiamo chiedere se
chi gestisce il potere ecclesiastico crede più agli strumenti del mondo
o all’opera di Dio.
Paolo Forcellini, “L’espresso”, 16 marzo 2006
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