IL TAGLIO «MIRATO»
Il turno di notte alla catena di montaggio del decreto
legge sulla manovra economica comporta l'omicidio bianco di ogni ragionevolezza.
Dopo l'emendamento che smantella i già fragilissimi diritti dei lavoratori
precari, è toccato al taglio generalizzato delle pensioni sociali. Ma non si
tratta solo degli effetti di quel taylorismo legislativo escogitato da Tremonti
che a colpi di fiducia e a ritmi forsennati conduce dritto a procedure politiche
postparlamentari.
Nella natura della «svista» c'è tutta la verità dell'accecamento
ideologico e della spensierata ferocia che attraversa in lungo e in largo la
classe dirigente e la società italiana. Dobbiamo dunque a un leghista
assonnato, ma tormentato dall'incubo dell'invasione extracomunitaria, la
dimostrazione pratica di come la discriminazione dell'Altro non costituisca solo
qualcosa di moralmente e costituzionalmente riprovevole, ma qualcosa che
colpisce i diritti e le libertà di tutti (i più deboli, naturalmente).
Per escludere una piccola parte di immigrati (regolari, questo è chiaro) dal
diritto alla pensione sociale, lo spadone di Alberto da Giussano si abbatte su
centinaia di migliaia di italiani indigenti. Allarme, marcia indietro,
vergognosa giustificazione: «ma noi volevamo colpire soltanto gli stranieri!» Si
ripete, questa volta sul piano di un diritto economico, l'indecente vicenda
delle impronte digitali. Dalla discriminazione dei rom si passa (come misura
egualitaria apprezzata da Veltroni) alla schedatura generale della popolazione.
Dalla negazione dei diritti e delle libertà di un gruppo etnico alla
negazione dei diritti e delle libertà di tutti. Il fatto è che la
discriminazione, la storia dovrebbe avercelo insegnato, funziona come una
reazione a catena: è il primo passo quello che conta, il resto necessariamente
consegue, dilaga senza più alcun freno. E a quel punto perfino il Pd rischia
di accorgersene, elargendoci le sue patetiche lamentazioni.
Basterebbe già questo grottesco incidente parlamentare sulle pensioni sociali a
giustificare pienamente le accuse di praticare politiche discriminatorie e
fomentare sentimenti xenofobi e razzisti, rivolte al governo italiano dal
rapporto della commissione Ue per i diritti umani. Il veleno della
discriminazione scorre ormai ovunque. Supponiamo per assurdo (ma l'assurdo è
ormai esperienza quotidiana) che un terremoto riduca in macerie due palazzine.
Una abitata da italiani, l'altra da stranieri. E che i soccorsi si dedichino
prioritariamente a salvare i primi. E che i secondi, una volta usciti a fatica
dalle macerie, protestino e vengano malmenati dalla polizia. E' uno scenario
drammatizzato, ma che riproduce per filo e per segno ciò che è accaduto agli
immigrati di Pianura a Napoli. Queste sono le politiche, questo è il clima,
questo è il senso comune. Il commissario europeo per i diritti umani Hammerberg
è fin troppo morbido nelle sue valutazioni. Ma la barbarie quotidiana non merita
attenzione, quel che conta è che si continui a cantare tutti insieme l'inno di
Mameli.
Marco Bascetta Il manifesto 30/7/08