Supremazia del cristianesimo
«Eclissi di Dio»: è l'espressione che Benedetto XVI ha usato qualche giorno fa
per esprimere il suo pessimismo sulla situazione culturale, sociale, politica
del mondo di oggi. Un pessimismo che i suoi interventi vanno chiarendo di giorno
in giorno e che, ormai, a più di un anno dalla nomina, si può cercare di
sintetizzare, sia nell'analisi , sia - soprattutto - nei rimedi.
Il mondo, dunque, va male proprio perché si è
allontanato dai valori della religione. I valori che sono rappresentati in
qualche modo da tutte le religioni, ma soprattutto in quella cristiana
cattolica. L'ecumenismo, quindi, va sostenuto, ma fino a un certo punto. Gli
entusiasmi ecumenici sembrano relegati al tempo di Giovanni Paolo II e delle
preghiere interreligiose come quella famosa di Assisi. E la supremazia del
cristianesimo cattolico deve essere affermata dove è possibile: lo dovrebbe
essere anche in ambito europeo.
La supremazia del cristianesimo, infatti, si ancora
in quel rapporto fra la ragione e la fede che per Ratzinger è fondamentale.
Riprendendo una tradizione culturale antica, radicata nella Scolastica
medioevale, il papa ripete che la fede cristiana si collega con la ragione e che
questa, se bene intesa, porta alla fede. Un binomio fondamentale che la cultura
moderna ha messo in discussione, ma che bisogna recuperare. Il magistero
cattolico, infatti, detta legge non soltanto nell'ambito della fede, ma anche in
quello della ragione. Se è così il papa parla non soltanto ai suoi fedeli, ma a
tutti.
Ne segue la logica degli interventi oggi più
delicati e discussi, proprio quelli sulla famiglia. Un tema che non riguarda
soltanto i cattolici ma per il quale il papa pretende un magistero universale,
proprio perché basato non su pagine del Vangelo ma su ragionamenti. Il famoso
«diritto naturale» torna, così, in auge, nonostante i secoli e la cultura
moderna, dal tempo delle scoperte geografiche e scientifiche che lo avevano
messo in discussione. Il matrimonio predicato da Roma è dunque l'unico valido
universalmente: è anche l'unico in grado di restituire a tutti gli uomini
felicità e amore. Se questa è l'ottica ratzingeriana, è logico che il grande
pericolo sia il relativismo. La negazione di un Dio unico, sovrano universale,
si accompagna con le incertezze, con il pluralismo, con lo scetticismo. Questi i
veri pericoli dai quali l'impegno del papa vuole salvare.
Un programma ambizioso che di settimana in settimana
\prende le distanze da quelli che erano stati i pontificati precedenti. Non
soltanto dall'atteggiamento di Giovanni XXIII, piuttosto contrario ai «profeti
di sciagure», come era solito dire. Lontano anche Giovanni Paolo II, impegnato
più a una «evangelizzazione» che a una «razionalizzazione» del messaggio
cristiano. Differenze, comunque, che a tutt'oggi sono appena indicate ma che
probabilmente si andranno accentuando con il passare del tempo. Come si andrà
accentuando la distanza fra il pensiero di Benedetto XVI e la cultura
contemporanea.
Filippo Gentiloni il manifesto 11/6/2006