Sulla pillola un calcolo politico

 

Bell’affare, soprattutto adesso che il presidente del Consiglio ha difficoltà con i vescovi cattolici a causa della sua vita privata sin troppo pubblicata. Non che l’uno o gli altri difendano sempre principi, ideologie. I vescovi, almeno al vertice della gerarchia, rimproverano anche perché sanno che il rimproverato cercherà di compiacerli su altri terreni per loro importanti: a muoverli è un calcolo politico. Il presidente non sembra avere molta intenzione di cambiare vita, oppure non può: ma, con la stessa disinvoltura con cui ordina ai ministri di non rilasciare interviste-gossip, intende correggere l’atteggiamento dei vescovi, sempre per calcolo politico.

Così, veniamo a sapere che in un quarto d’ora al Senato è stata approvata l’apertura di una indagine conoscitiva sulla pillola Ru486 già approvata dall’Agenzia del farmaco: e anche questo avviene per calcolo politico. Si sa che questa pillola, già in uso da tempo in diversi Paesi europei, può sostituire l’aborto, con vantaggio e risparmio di complicazioni, tempo e soldi per le donne e per la Sanità. Questa pillola non inventa l’aborto, che è sempre stato praticato nei secoli anche quando era più pericoloso; lo semplifica, lo rende meno penoso per le donne. Rappresenta un metodo, non un principio morale. Si capisce che la gerarchia cattolica abbia timore che la semplificazione pragmatica renda l’aborto sempre meno carico di drammaticità e sofferenza, eticamente più lieve: ma pretendere di vietare una simile semplificazione, non alle cattoliche osservanti ma a tutte le italiane, è una vera crudeltà. E tuttavia, per timore di veder ridotto il proprio potere di interdizione, per calcolo politico, viene compiuta. Prima con il divieto di vendere la Ru486 nelle farmacie, imponendo il tramite medico-ospedaliero. Adesso con l’indagine conoscitiva parlamentare. Che male c’è? Cosa importa il parere degli specialisti dell’Agenzia del farmaco o l’esperienza in atto di altri Paesi? Più si indaga, meglio è. Gli indagatori avranno circa due mesi di tempo, poi saremo sotto Natale, poi succederà qualcos’altro, intanto si sospende, si rinvia.

È strano che alcuni si domandino ancora da cosa derivi l’ostilità o l’indifferenza italiana verso la politica: quando essa viene adoperata per soddisfare simili meschini calcoli (sempre elettorali, quindi di potere proprio) come si potrebbe amarla, o anche soltanto rispettarla?

Lietta Tornabuoni    La Stampa 24/9/2009