Valdo, Francesco e la ricerca di una chiesa povera nei secoli XII-XIII

Inquietitudine dopo il Mille

Intorno al 1050 si notano in Europa i segnali della nascita di un'inquietitudine religiosa che è ricerca di perfezione, di pulizia morale, di radicalità, di ritorno alle origini. Gli storici che hanno approfondito lo studio di questo periodo si sono trovati davanti ad un mondo affascinante.

Siamo nella cristianitas medievale, quindi non c'è fenomeno che non abbia a che fare, direttamente o indirettamente, con la cristianità. Tuttavia l'inquietitudine di questo secolo tocca anche aspetti sociali, civili, in un certo senso anche politici. Qualcuno ha associato i fermenti di questo periodo ai movimenti del 1968. È difficile, però, catalogare fenomeni così tipici del mondo medievale per noi che siamo passati attraverso l'Illuminismo e, soprattuto, accostarli a movimenti tipici della nostra era.

Tornando all'aspetto religioso, tanta inquietitudine porta, nel secolo successivo, ad un pullulare di forme eretiche e di movimenti detti “pauperistici”, perché dediti alla scelta della povertà. Pur non investendo questioni di carattere dogmatico, questi movimenti sono ugualmente giudicati eretici dalle autorità religiose.

Parallelamente, il papato dei secoli XII e XIII persegue la politica, attenta e furbesca, di inglobare ed ecclesizzare questi movimenti che, lasciati a sé, avevano un carattere piuttosto anarchico, libero. Invocare la riforma della Chiesa significava in qualche modo chiedere anche una riforma dell'Impero; abbiamo visto nelle lezioni precedenti gli stretti legami tra le due più grandi istituzioni medievali. Di conseguenza si scatenerà una caccia spietata ai movimenti pauperistici, talmente scomodi ad entrambi i poteri da provocare perfino una loro alleanza! Per questi nuovi tipi di “eretici” il risultato della caccia sarà la distruzione di alcuni di essi, come i Catari, l'uscita dalla Chiesa di altri, come i Valdesi, e l'inglobamento nella cattolicità come avvenne per i Francescani.

Vediamo alcuni effetti di questi movimenti pauperistici.

Per la prima volta i poveri diventano oggetto di attenzione. La riflessione religiosa li scopre, non solo come oggetto di carità, ma come soggetti con i quali entrare in rapporto, anche nel senso di restituire quello che era stato loro tolto. Si comincia a mettere in dubbio la liceità della proprietà, affermando, con sorprendente attualità, che se qualcuno ha di più ci deve essere necessariamente qualcun altro che ha di meno. Sono analisi economiche semplici, direbbero gli economisti di oggi, ma non andrebbero sottovalutate. La saggezza orientale ci ricorda che tutto lascia un'energia che in qualche modo rimane. Noi stessi occidentali e malati di razionalismo accettiamo il principio di Lavoisier per cui la materia (per Einstein intercambiabile con l'energia) non si distrugge ma tuttalpiù si trasforma.

L'inquietitudine estesa produce tentativi di riforme che, al contrario delle rivoluzioni borghesi del Settecento, nascono dal basso. Valdo e Francesco sono due laici, non appartengono al clero ricco e, pur essendo commercianti agiati, abbandonano tutto per tentare di riformare una “cristianitas” che non ritengono più valida. Pur di combattere questi movimenti, i due nemici tradizionali come il papato e l'impero, nelle persone di Lucio III e Federico Barbarossa arriveranno ad allearsi: nel 1184 a Verona, i due si incontreranno per concordare congiuntamente la repressione dell'eresia.

Secondo i riformatori, il modello di vita è da cercare nel vangelo e non nella tradizione ecclesiastica. Per la prima volta si sente l'esigenza di tradurre nelle lingue volgari la Bibbia, cosa normalissima per noi moderni, specie considerando che si tratta della base del cristianesimo, ma non altrettanto per le gerarchie del tempo, se si pensa che è stata condannata da un sinodo, sia pure locale, a Tolosa. Si cerca, in sintesi, mossi dalla visione ideale della chiesa primitiva e dalla santità degli apostoli, di cercare un modello nuovo, non solo di chiesa, ma anche di società, nella speranza di una giustizia terrena.

Per la prima volta si tenta di leggere il vangelo come sta scritto (sine glossa), superando le interpretazioni ufficiali della Chiesa. Ne nascono tante sciocchezze ed esagerazioni, ma anche tanta vitalità. “Nudi seguire Cristo nudo” diventa uno slogan. L'episodio di Francesco, che si spoglia nudo davanti al vescovo di Assisi (1207) per restituire anche i vestiti al padre e rendersi così libero di seguire solo Cristo, risente di questo clima:

“Così, dunque, il servitore del Re altissimo, fu lasciato nudo, perché seguisse il nudo Signore crocifisso” (Leggenda Maggiore di Bonaventura da Bagnoregio – Cap.II, 4)
Così è intesa la povertà, come spogliarsi totalmente. Così farà Valdo, ricco commerciante di Lione che abbandonerà tutti i suoi averi, e Francesco, figlio di un ricco commerciante di Assisi, farà altrettanto, seguito dai primi compagni. Per Francesco la svolta non starà solo nello spogliarsi, ma nel mettersi accanto ai poveri per “conformarsi a Cristo”.

Comincia la solidarietà, un concetto mai apparso prima. Al massimo la spiritualità medievale aveva usato i poveri come oggetto d'elemosine per mettere a posto le coscienze.

In parte i movimenti pauperistici assumono la caratteristica di predicatori, specialmente i domenicani, anche se Domenico (il loro fondatore) pensò ad un movimento mendicante, oltre che predicatore. Anche Francesco ed i suoi frati si daranno spesso alla predicazione. Per la prima volta dei laici come Francesco e Valdo predicano e questa è una delle ragioni che scatenano la repressione.

Un'altra caratteristica è la contestazione dei sacramenti. Francesco frenò questa tendenza per cercare di far sopravvivere il suo movimento, così, con questi compromessi, evitò le critiche della Chiesa. Uno dei compromessi per salvarsi è la tonsura, sottoponendosi alla quale i frati di Francesco rientrarono tra i chierici previsti dalla gerarchia. Il discriminante tra i movimenti è nella critica ecclesiastica: tutti quelli che passarono per questa via furono perseguitati, gli altri sopravvissero. Anzi, francescani e domenicani diventarono grandi strumenti di affermazione della Chiesa, superando in importanza benedettini e cluniacensi. La Chiesa con essi si diede una patina di rinnovamento.

Valdo

Nasce a Lione verso il 1140 da un ricco mercante. All'età di trentatre anni avviene una svolta nella sua vita. Avendo chiesto ad un teologo quale sia la via perfetta alla salvezza, si sente ripetere il consiglio di Gesù al giovane ricco: “Se vuoi essere perfetto, vendi ciò che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro nei cieli; poi vieni e seguimi.” (Mt 19,21). Valdo cede alla moglie i beni immobili che possiede, restituisce ciò che ritiene di avere indebitamente ricevuto e distribuisce il suo capitale liquido al popolo. Si dà quindi a predicare il suo ideale di povertà tra le classi più umili, diffondendo in pari tempo fra esse il Vangelo nella traduzione volgare dovuta a Bernardi Ydros e Stefano d'Anse. Presto numerosi seguaci, “Poveri di Cristo” o “Poveri di Lione”, si stringono intorno a lui e cominciano a predicare la parola di Dio nella campagna e nelle città vicine.

Questa nuova usanza – dei laici che predicano – non piace alla Chiesa. L'arcivescovo di Lione, Guichard, invita Valdo ad astenersi da ogni forma di predicazione e di spiegazione delle Scritture.

Valdo rifiuta e, con tutti i suoi seguaci, viene espulso nel 1177 dalla diocesi di Lione.

Due anni dopo, però, una delegazione di valdesi, venuti a Roma in occasione del concilio Lateranense III, è ricevuta dal papa Alessandro III il quale approva il loro voto di povertà, anche se il concilio vieta loro l'esercizio della predicazione.

È probabile che Valdo si attenesse per un po' alle disposizioni del concilio. Tuttavia risulta che nel 1181 il nuovo arcivescovo di Lione, Giovanni de Bellesmains, considera i valdesi dei ribelli e li scaccia da Lione. Nel 1184 vengono condannati esplicitamente dal sinodo di Verona.

Tuttavia il movimento continua ad estendersi arrivando fino all'Europa dell'est, portatovi, secondo dati leggendari, dallo stesso Valdo che sarebbe morto appunto in Boemia nel 1217.

I valdesi convivono, più o meno clandestinamente, all'interno della Chiesa fino al 1532, anno in cui se ne staccano definitivamente aderendo alla Riforma.

Oltre alle caratteristiche che abbiamo esaminato, la povertà e la predicazione dei laici, i seguaci di Valdo si distinguono per il rifiuto della gerarchia ecclesistica. Interpretano liberamente il Vangelo e da esso deducono norme di morale pratica, positiva per tutti. L'esempio di vita è quello degli apostoli ed il sacerdozio è universale, fondato unicamente sul merito di uomini e donne, senza distinzione. Conoscono a perfezione la Bibbia, predicano la poverà e l'astensione dal lavoro per cui vivono di elemosina. Rifiutano i sacramenti impartiti dagli ecclesiastici e praticano la confessione l'uno con l'altro. Negano la transustanziazione e la validità della Messa. Rifiutano il culto dei santi e dei morti, non ammettono la comunione dei santi, né il Purgatorio. Praticano la continenza, non in odio alla materia creata, ma per desiderio di perfezione. Uniti in comunità a carattere fraterno, non sembra abbiano conosciuto (almeno fino a tutto il secolo XIV) una forma precisa e definita di vera e propria organizzazione ecclesiastica.

Con l'adesione alla Riforma si dànno progressivamente un'organizzazione ecclesiastica sulle grandi linee delle chiese riformate svizzere.

Francesco d'Assisi: le fonti biografiche

Le fonti cui attingere notizie su questo personaggio di spicco del mondo medievale italiano avrebbero potuto essere molto più numerose se non ci fosse stato l'intervento di Bonaventura da Bagnoregio. Siamo nel 1260, Francesco è già morto da tempo, i suoi seguaci sono già migliaia. Il francescanesimo è fatto oggetto di duri attacchi che lo colpiscono proprio nella sua novità, nel complesso, cioè, delle caratteristiche che ha introdotto o cerca di introdurre nella Chiesa, nel concetto rivoluzionario della povertà, nel suo dinamismo e nella sua mobilità, nella sua volontà di predicare, di fondersi con il popolo, di partecipare alla sua vita e alla sua religiosità. Pesa anche sui francescani l'accusa di gioachimismo, cioè di essere seguaci di un monaco del tempo, Gioacchino da Fiore che ha mosso utopie e movimenti storici affascinanti. Tra le sue tesi c'è l'avvento di un era dello spirito in cui tutto il mondo sarà un unico grande monastero dove tutti sono uniti da amore cristiano. I frati minori (così volle chiamarli Francesco) si riconoscono insieme con i predicatori (quelli di Domenico di Guzman) nelle profezie di Gioacchino:

“Nella sua esposizione sul libro di Geremia, l'abate Gioacchino dice dei frati minori e dei predicatori: - Questi due Ordini spunteranno nella Chiesa con semplicità ed umiltà, ma col passare del tempo rimprovereranno con durezza e accuseranno la prostituta di Babilonia. -“ (Dalla “Cronica di Salimbene De Adam” op. cit. n.2603)
È evidente l'allusione alla Chiesa corrotta. Proprio nel 1260, l'anno in cui doveva iniziare la nuova era in senso gioachimita, Bonaventura diventa ministro generale dell'ordine. Nel capitolo generale, tenuto in quell'anno a Narbona, Bonaventura è incaricato (o si fa incaricare) di redigere una biografia del santo che si chiamerà “Leggenda Maggiore”. L'opera nasce in un clima di attesa e di fermento. I cosiddetti disciplinati, mossi dal desiderio di rinnovare in sé le sofferenze di Cristo, compiono grandi processioni e cercano, sia pure esteriormente e rozzamente, di conformarsi a Gesù. Il francescanesimo è immerso in questo clima ed è caratterizzato da un proselitismo sempre più cresente ed entusiasta. La Leggenda Maggiore di Bonaventura cerca di sottolineare la conformità di Francesco con Cristo, in sintonia con questo clima. Ma addirittura lo identifica con l'angelo del settimo sigillo dell'Apocalisse:
“E perciò si afferma, a buon diritto, che egli viene simboleggiato nella figura dell'angelo che sale dall'oriente e porta in sé il siggillo del Dio vivo, come ci descrive l'altro amico dello sposo […] Dice infatti Giovanni nell'Apocalisse, al momento dell'apertura del sesto sigillo: Vidi poi un altro angelo salire dall'Oriente, il quale recava il sigillo del Dio vivente.” (LM Prologo,1 op. cit. n.1022)
Per fare questo, Bonaventura attinge largamente a tutte e tre le esistenti Vite di Tommaso da Celano. L'opera ha un grande successo, al punto che il successivo Capitolo Generale di Parigi del 1266 prende una decisione gravissima: ordina di distruggere tutte le precedenti biografie di Francesco.

L'importanza di questo decreto, che mostra crudamente la carenza di preoccupazioni storico-filologiche del mondo medievale, può essere difficilmente esagerata. La sua esecuzione oculata e radicale, non rappresentò soltanto la scomparsa dei numerosi manoscritti che dovevano esserci, data la numerosità degli insediamenti francescani attorno alla metà del secolo XIII. Segnò un innegabile impoverimento nella conoscenza della personalità di Francesco e del suo operato, che durò lunghi secoli. La Vita Prima di Tommaso da Celano fu recuperata soltanto nel 1768; la Vita Seconda nel 1806; il Trattato dei Miracoli nel 1899. Il tutto in rarissimi o unici esemplari sfuggiti alla distruzione, di fronte alle centinaia che ci hanno conservato la Leggenda Maggiore, prima che questa iniziasse la sua fortuna editoriale con la stampa nel 1477.

Per fortuna, subito dopo la grave decisione del 1266 ci furono diversi tentativi più o meno clandestini di ricostruire, almeno parzialmente, il materiale perso. Abbiamo così diversi scritti come la Leggenda dei Tre Compagni, la Leggenda dell'Anonimo Perugino, la Leggenda Antica di San Francesco, Lo Specchio di Perfezione e tanti altri che, pur presentando numerosi problemi di critica per gli studiosi, ci danno però un'immagine più vivace ed autentica di Francesco d'Assisi.

Francesco d'Assisi: alcune vicende

Nasce ad Assisi verso la fine del 1181 da Pietro di Bernardone, ricco commerciante di stoffe e da una provenzale “madonna Pica” che Pietro avrebbe conosciuta in Francia durante uno dei tanti viaggi d'affari, sposata e portata ad Assisi. Il nome gli sarebbe stato dato, appunto, per essere in parte anche francese. Dopo un periodo di prigionia a Perugia (1203) in seguito ad una delle tante guerre tra quella città ed Assisi e una lunga malattia nel 1204, comincia una graduale conversione che lo porta ad abbandonare una giovinezza spensierata, anche se non cattiva. Si isola pian piano dagli amici e dalla famiglia, fino al segno più eclatante: nel 1206, davanti al vescovo di Assisi rinuncia ai beni paterni e, per sottolineare questa decisione, si libera anche degli abiti che indossa.

Più tardi, inginocchiato nella chiesa di San Damiano, gli accade una

“-Cosa da sempre inaudita!- L'immagine di Cristo crocifisso, dal dipinto gli parla, movendo le labbra. ""Francesco – gli dice chiamandolo per nome – và, ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina"” (Vita Seconda di Tommaso da Celano cap.VI/10 Op. cit. n.593)
Lui, prendendo l'invito alla lettera, si mette a riparare materialmente la chiesa di san Damiano che era un po' cadente. Il Celano commenta:
“Quantunque il comando del Signore si riferisse alla Chiesa acquistata da Cristo col proprio sangue, non volle di colpo giungere alla perfezione dell'opera, ma passare a grado a grado dalla carne allo spirito” (Vita Seconda di Tommaso da Celano cap.VI/11 Op. cit. n.595)
Sarà pure così, ma certamente Francesco attraversa diversi periodi di incertezza, alternando slanci di pietà a desiderio di grandezza e di avventure. Così anche dopo la visione di San Damiano, maturerà gradualmente passando dal restauro materiale a quello spirituale. In una di queste chiese riparate, la Porziuncola che ora è conservata all'interno della grande basilica di Santa Maria degli Angeli ai piedi del colle di Assisi, si rifugia anche per abitare, in assoluta povertà. Sarà il suo luogo preferito.

All'inizio veste l'abito degli eremiti, ma poi, ascoltato il brano di vangelo che parla dei primi discepoli inviati da Gesù “senza né bastone né bisaccia” (Lc 9,3), si veste ancora più poveramente. Tra l'altro sostituisce la cintura eremitica di cuoio con una corda che ancora oggi è la caratteristica di tutti gli abiti dei vari ordini francescani.

Va in giro continuamente a predicare:

“In ogni suo sermone, prima di comunicare la parola di Dio al popolo, augurava la pace, dicendo: ""Il Signore vi dia la pace!"” (Vita Prima di Tommaso da Celano cap.X/23 Op. cit. n.359)
Passa anche lunghi periodi con i lebbrosi curandoli amorevolmente e partecipa alla vita sociale cercando di pacificare i Comuni in lotta fra loro e di convertire, con straordinario senso della misura, anche ladri e briganti.

Presto si uniscono a lui altri giovani, affascinati da questa radicalità. I primi sono Bernardo Quintavalle, Pietro Cattani, Egidio d'Assisi e Filippo Longo.

Aumentando il numero dei seguaci, Francesco scrive una breve regola

“Composta soprattutto di espressioni del vangelo, alla cui osservanza perfetta continuamente aspirava” (Vita Prima di Tommaso da Celano cap.XIII/32 Op. cit. n.372)
e nel 1210 va fino a Roma per farla approvare da Innocenzo III. Si chiamerà Regola non bollata, perché il papa gli dà solo un'approvazione verbale.

Fa diversi viaggi e manda anche i suoi frati a predicare in Europa e nel vicino Oriente. Il più interessante di questi viaggi è quello a Damietta del 1219 in occasione della quinta crociata, in cui tenta di convertire il principe di quella città e gli stessi cavalieri, ma senza successo (vedere la terza lezione, sulle crociate)

Nel 1220 torna in italia ed ottiene dal papa Onorio III la designazione del cardinale Ugolino, vescovo di Ostia, come “protettore” dell'Ordine. Si dimette dalla guida dei suoi frati e Pietro Cattani viene nominato Vicario Generale.

Nel 1221 Pietro Cattani muore e viene sostituito con frate Elia che sarà il regista della morte di Francesco, voluta ad Assisi.

Nel 1223 a Fontecolombo vicino Rieti, dove probabilmente si è recato per curarsi gli occhi, prepara una nuova redazione della Regola, presentata al Capitolo di Pentecoste (11 giugno) e approvata poi con bolla di Onorio III il 29 novembre.

Lo stesso anno a Greccio festeggia il Natale in un modo insolito. Si rivolge ad un certo Giovanni che stima molto:

“Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva tra il bue e l'asinello” (Vita Prima di Tommaso da Celano 84. Op. cit. n.468)
Giovanni esegue prontamente e Francesco celebra il Natale in questo presepe vivente, insieme con tutto il popolo, in sintonia con la volontà di seguire “nudo Cristo nudo”. Le storie ufficiali interpreteranno questo episodio in modo devozionistico, facendogli perdere quella carica, anche rivoluzionaria, che aveva all'inizio.

Nella Quaresima del 1224 Francesco si ritira sul monte della Verna donatogli dal conte Orlando de' Cattani. È un momento di crisi, la regola approvata da Onorio III non è più quella che voleva all'inizio. Vive a lungo in solitudine e alla fine riceve le stimmate (delle misteriose piaghe sulle mani, sui piedi e sul costato, come le aveva Gesù dopo la crocifissione), simbolo dell'identificazione totale di Francesco con Cristo. Così tocca il culmine della povertà: è solo, come Gesù al Getsemani. Ne esce un Francesco totalmente libero che, nei due anni che gli rimangono di vita, va in giro come un pazzo, pieno di malattie. Ormai è purificato, non è più legato ad alcuna cosa:

“Per questo motivo, alla fine della vita, volle uscire nudo dal mondo e ai frati che gli stavano intorno ingiunse per obbedienza e carità che, dopo morto, lo lasciassero là sulla terra per il tratto di tempo necessario a percorrere comodamente un miglio” (LM cap. XIV/4. Op. cit. n. 1240)
Le fonti dànno anche la data e il luogo della morte:
“L'anno 1226, indizione XV, il 4 di ottobre, in giorno di domenica, in Assisi, sua città natale, presso Santa Maria della Porziuncola, dove egli aveva fondato l'Ordine dei frati minori, il beatissimo padre nostro Francesco, a vent'anni dalla sua piena adesione a Cristo, […] se ne va felicemente nel soggiorno dei beati” (Vita Prima di Tommaso da Celano 88. Op. cit. n.473)
A meno di due anni dalla morte (un record!) viene canonizzato da Gregorio IX (il cardinale Ugolino che era stato nominato “protettore” dell'Ordine):
“La cerimonia della canonizzazione si svolse in Assisi, alla presenza di molti dignitari della Chiesa, d'una folta rappresentanza di principi e baroni e d'una moltitudine innumerevole di popolo confluito da diverse località, e che il Papa aveva convocato, l'anno del Signore 1228, secondo del suo pontificato” (Leggenda dei Tre Compagni n. 71. Op. Cit. n. 1485)
Le caratteristiche che soprattutto distinguono Francesco da Valdo (e ovviamente i rispettivi movimenti) riguardano alcuni aspetti particolari:

Fedeltà alla chiesa. Contrariamente a Valdo, Francesco non si distacca mai dalla Chiesa, anche a costo di compromessi, raccomandando, sul suo esempio, un rispetto quasi sacrale per i presbiteri ed i vescovi.
Attenzione ai poveri. Malgrado la scelta della povertà, questo aspetto non è così evidente in Valdo.
Lavoro. A parte certi episodi, Francesco non voleva mendicare, ma preferiva lavorare la terra; in questo era più vicino all'ora et labora dei benedettini che agli ordini dei mendicanti.
Natura. Un altro elemento che caratterizza questo movimento è la scoperta di un rapporto con la natura come tramite per cogliere una solidarietà cosmica. Per la prima volta la natura diventa “oggetto” con cui entrare in rapporto. Testimone di questo elemento è la famosissima “Cantica di Frate Sole” o “Cantico delle creature” composta proprio da Francesco in volgare umbro. “Celebrato come""il più bel pezzo di poesia religiosa dopo i Vangeli"", come la gemma della nascente letteratura italiana, come l'espressione più completa e lirica dell'animo e della spiritualità di Francesco, il Cantico delle Creature è senza dubbio, al tempo stesso, sublime preghiera e altissima lirica. Nella considerazione delle creature nel loro triplice rapporto a Dio, a se stesse e all'uomo, si manifesta una visione concreta della condizione cosmica e antropologica del Santo, in perfetta antitesi non soltanto con ogni movimento ereticale contemporaneo che ripudiava e malediceva il creato visibile e invisibile, ma con ogni forma di precedente ascetismo”.

Dopo Francesco

Morto Francesco inizia la lotta. Nel 1230, due anni dopo la canonizzazione di Francesco, Gregorio IX emette la bolla “Quo elongati” che, per rispondere ai quesiti posti da alcuni delegati mandati dal Capitolo generale e dal ministro generale stesso, mitiga in alcuni punti la regola. Nascono così per reazione gli spiritualisti i quali vogliono rimanere “minori”, come li aveva pensati il fondatore, e vengono perseguitati. Nel XIII secolo gli spiritualisti creano i fraticelli, fedeli all'idea originale di Francesco. Quelli invece più accomodanti, che accettano la bolla di Gregorio IX, sono i cosiddetti lassisti, che nel 1514 verranno chiamati conventuali. Nel 1517 Leone X riconosce i frati Minori della regola come i veri discendenti di Francesco. Nel 1619 gli spiritualisti diventano i famosi cappuccini, un ordine mendicante tuttora esistente e molto noto.

Vivente invece Francesco si fanno in qualche modo suoi seguaci anche i laici:

“Anche gli uomini ammogliati e le donne maritate, non potendo svincolarsi dai legami matrimoniali, dietro suggerimento dei frati, praticavano una più stretta penitenza nelle loro case.” (Leggenda dei Tre Compagni XIV/60. Op. cit. n. 1472)
Si delineano così tre ordini, anche se i numeri non vanno intesi in senso cronologico. In un certo senso i laici sono nati subito, perché all'inizio Francesco e i suoi primi compagni erano dei semplici penitenti e non chierici. La situazione quindi è questa:
“Come abbiamo accennato, infatti, istituì tre Ordini, dei quali il Primo, che egli stesso ritenne eccellente su tutti per professione e abito, chiamò ordine dei Frati minori, come aveva scritto nella regola. Anche il Secondo ordine, che è stato ricordato avanti, delle Povere Dame (di s. Damiano) e delle vergini trasse da lui il felice esordio. Anche il Terzo, di non mediocre perfezione, viene denominato dei Penitenti, e abbraccia chierici e laici, vergini, continenti e coniugati insieme, e utilmente di ambo i sessi. (Giuliano da Spira “Vita di San Francesco” IV,23 in: LINO TEMPERINI “Testi e documenti sul Terzo Ordine Francescano” – Editrice Franciscanum)
Il Terz'ordine troverà l'approvazione papale e la regola ufficiale con la Bolla “Supra montem” del 1289 emessa da Niccolò IV.

Poi le cose si complicheranno un po'. Dentro questo Terz'ordine si trovano laici e regolari (cioè religiosi, di cui molti sono anche preti, che vivono sub regula). Nel 1323, con la bolla “Altissimo in divinis”, il papa Giovanni XXII approva ufficialmente la vita regolare all'interno del Terz'ordine. Da questa data gli storici e i giuristi distinguono nell'area del TOF (Terzo Ordine Francescano) due rami autonomi e intercomunicanti: il TOS (Terzo Ordine Secolare) e il TOR (Terzo Ordine Regolare). Il primo oggi si chiama OFS (Ordine Francescano Secolare) ed il secondo ha mantenuto la sigla TOR.

Riassumendo, attualmente la situazione è questa:

OFM Minori Primo Ordine: OFM (Ordine Francescano dei Minori)…………………. OFM Cappuccini OFM Conventuali Secondo Ordine (al tempo di Francesco, Povere Dame di s. Damiano).... Clarisse TOR (frati) Terzo Ordine……………………………………………………………... OFS (laici) C'è poi un grande arcipelago di suore che si rifanno alla regola del TOR, pur non facendo parte di quell'ordine.

Arnaldo da Brescia

Parlando del Secondo Concilio Lateranense del 1139, nella lezione precedente avevamo ricordato Arnaldo da Brescia, condannato da quel concilio per le sue pretese di povertà ecclesiale, in linea con il fremito di questi due secoli.

Nel periodo in cui operò a Roma (1145) i cittadini cacciarono il papa e Arnaldo aderì agli ideali comunali e predicò la separazione tra potere spirituale e potere temporale. Né i papi né i vescovi per lui dovevano essere considerati autorità, perché non seguivano il vangelo.

Nel 1154 il papa Adriano IV e l'imperatore Federico Barbarossa si trovano uniti contro Arnaldo da Brescia. Le truppe dell'imperatore lo catturano, lo torturano e impiccano. Non contenti neanche di questo, bruciano il cadavere e ne disperdono le ceneri nel Tevere.

Arnaldo ha anche lui dei seguaci, arnalditi e setta dei poveri che con gli anni si disperderanno tra valdesi e francescani.

Apostolici – Dolcino

Sorgono intorno al 1240/1250. Chiedono una Chiesa ispirata ad una povertà primitiva, quindi il ritorno alle origini. Alla guida di questa corrente è Gerardo Segarelli che aveva chiesto di entrare, nel 1260, nell'ordine francescano, ma non vi era stato ammesso perché troppo radicale. Ricordiamo che in quell'anno era ministro generale Bonaventura, l'autore della Leggenda Maggiore.

Sono attivi soprattutto nell'Italia del Nord. Non sono molto dediti all'interpretazione del vangelo, ma conducono vita austera di preghiera e digiuno. Non accettano però l'elemosina: lavorano per procurarsi il cibo.

Nel 1286 Onorio IV li invita ad entrare tra i domenicani o tra i francescani, ma loro non accettano. Anche Nicolò IV ripete loro l'invito.

Nel 1294 iniziano le persecuzioni contro gli apostolici. Nel 1300 Bonifacio VIII manda al rogo il Segarelli. La guida del movimento passa ad un amico di Gerardo, un certo Dolcino, che si difende con le armi. Così Clemente V bandisce la crociata contro i dolciniani (così si chiamano ora gli apostolici). Dopo due anni di resistenza i dolciniani sono sconfitti, Dolcino è arrestato, torturato e poi bruciato. Narra una leggenda che il suo corpo non si scompose sotto le fiamme. Quasi tutti i dolciniani vengono passati a fil di spada.

Altri movimenti

Come accennato all'inizio, questo periodo storico vede un pullulare di movimenti, tutti con questa caratteristica spiccata di desiderio di ritorno alle origini, di povertà, di radicalità. È arduo parlare in queste brevi note di tutti. Accenniamo ad alcuni tra i più importanti, oltre a quelli già ricordati. Accanto a Francesco è indispensabile ricordare la figura di Chiara d'Assisi, una ragazza giovane, bella e benestante che, incantata dall'esempio del suo concittadino, abbandona anche lei tutto, fra le ire dei parenti, e decide di abbracciare la povertà. Di nascosto si reca alla Porziuncola dove si fa tagliare i capelli dai frati e si affida alla guida spirituale di Francesco il quale le consiglia di stabilirsi a San damiano. Il suo esempio verrà seguito da molte ragazze, specie nobili e – sempre dietro consiglio di Francesco – diventerà superiora di un ordine (il Secondo Ordine Francescano, perché il Primo è quello dei frati ed il Terzo dei laici) che tuttora conosciamo come ordine delle Clarisse. Più tardi anche la sorella Agnese la raggiungerà in convento. È importante la figura di Chiara, perché disegna un ruolo della donna nella Chiesa che la vede forte e indipendente da tutto il parentado, pur nell'umiltà e nella santa obbedienza.

Dei patarini abbiamo accennato nella prima parte del corso a proposito del tentativo riuscito di Gregorio VII di sollevare la piazza contro i vescovi indegni. Anche i patarini rientrano nel clima di questi due secoli: predicano contro il clero ricco, simoniaco e immorale e chiedono che si facciano predicare i laici degni.

Pierre de Bruys con Enrico di Losanna dànno l'inizio ad un movimento, i petrobrussiani, che durerà per tutto il XIII secolo. Anche questi, rifiutando l'autorità della Chiesa, sostengono una religiosità più vicina ad un'interpretazione personale dei vangeli.

Ancora prima degli apostolici, in Lombardia, tra il XII ed il XIII secolo appariranno gli umiliati, una confraternita laica che lavora per raccogliere soldi e darli ai poveri. Fabbricano stoffe e vestono con abiti di lana colorata. Nel 1184 Lucio III li scomunica, non perché dànno soldi ai poveri, ma perché predicano pur essendo laici, dissentono sui sacramenti e criticano le ricchezze della Chiesa.

Interessante è ricordare anche una setta eretica, i guglielmiti, ispirata da Gioacchino da Fiore, perché ne sono protagoniste delle donne. Il movimento nacque a Milano sul finire del XIII secolo e prese il nome da Guglielmina (morta nel 1282), monaca boema considerata dai suoi seguaci incarnazione dello Spirito Santo. Capo del movimento fu anche Manfreda da Pirovano, monaca umiliata che Guglielmina, ascendendo al cielo, avrebbe lasciato sulla terra per instaurare un papato femminile.

Tra il 1300 e il 1302 i capi furono mandati al rogo.

&&& I movimenti “ereticali” pauperistici subiranno una notevole trasformazione tra il XIV e il XV secolo. Sotto la pressione soffocante dell'inquisizione e con l'inasprirsi di una teologia colpevolizzante ed una eccessiva sottolineatura della presenza del diavolo e delle sue opere da parte della Chiesa ufficiale, si trasformeranno sempre più in movimenti penitenziali dediti alla mortificazione del corpo per espiare il martirio di Cristo. A ciò contribuirà sia il definitivo affermarsi della dottrina del Purgatorio sia l'evento catastrofico della Peste nera del 1348 che causerà milioni di morti in Europa. Già dal 1260 abbiamo i Flagellanti e molte altre sette (quelli dell'Alleluia…) che segneranno una svolta definitiva anche della devozione popolare che giunge fino ad oggi.