La chiesa del terzo secolo

I Padri del III secolo

Una delle caratteristiche principali della Chiesa del terzo secolo è lo sviluppo della scienza teologica, in altre parole del pensiero sulla fede. Prima la fede era vissuta in maniera più immediata: si partiva dalle parole di Gesù e si andava avanti su quelle. Lo sviluppo della teologia è invece l'approfondimento, la riflessione; in sintesi (e questo è proprio l'etimo del termine) il discorso su Dio.

Come tutti i fenomeni nella storia, anche questo non è avvenuto con un salto. Già nel secondo secolo gli apologisti ed i primi scrittori, di cui abbiamo parlato nel 6° incontro, aprono la strada ad un approccio, per così dire, più scientifico alla fede.

Lo sviluppo che, in questo secolo, porterà ad un cambiamento dei paradigmi del pensiero cristiano è dovuto principalmente ad Origène (185-252), uno dei protagonisti, con Agostino d'Ippona, dei primi cinque secoli della Chiesa. Entrambi raccolgono ciò che Paolo aveva seminato, con la differenza che la divergenza dalle radici giudaiche (perché di questo si tratta) dell'apostolo non avviene ancora in maniera devastante come con questi due autori. Nonostante tutto Origène è considerato uno dei più grandi Padri della Chiesa; ed è, effettivamente, uno dei vertici assoluti del pensiero cristiano. Pochi, però, ricordano che fu condannato come eretico. Combattuto fieramente dalla chiesa del suo tempo, sospeso dalla sua funzione (poiché era presbitero), fu costretto ad errare per il Mediterraneo, fino ad incappare proprio nella persecuzione più feroce, quella di Decio, da cui riuscì a scampare, salvo poi morire poco dopo per le torture subite. Malgrado, però, questo rapporto tumultuoso con la chiesa del suo tempo, la stessa Chiesa farà perno sul pensiero di Origène per cambiare direzione.

Per comprendere la Chiesa del III secolo bisogna spostarsi ad Alessandria d'Egitto, la seconda città del mondo dopo Roma. Ci sono molti studi sulla chiesa di Alessandria. Qui vive Origène e qui avviene l'incontro definitivo tra filosofia greca e cristianesimo. L'altra grande chiesa del Mediterraneo, Antiochia, diventerà sempre più marginale; per non parlare di Gerusalemme che scomparirà del tutto. L'unico punto di confronto per Alessandria sarà Roma che gradualmente, per varie vicende legate a quelle dell'Impero Romano, diventerà più tardi l'unico polo di riferimento<.p> Un altro grande di questo secolo è Clemente Alessandrino, laico, morto nel 215. La sua figura è molto importante; è un autentico dotto, la cui cultura spazia a tutto campo. È talmente convinto che la filosofia greca (di cui è profondo conoscitore) sia un dono fatto da Dio agli uomini, da usare i suoi parametri per penetrare i problemi religiosi. Naturalmente Clemente vive veramente questo grande sforzo di mettere a colloquio cristianesimo e cultura greca, ma lo fa in una maniera talmente ampia, facendo grandi concessioni alla filosofia greca, a Platone e, soprattutto, alla gnosi e alla dottrina stoica, che alla fine gli resta poco spazio per i riferimenti biblici. Clemente Alessandrino in qualche modo prepara la strada ad Origène, perché questi è un suo allievo.

Importante è anche Ippolito, presbitero di Roma, morto nel 235. Anche lui ha un peso enorme sulle mutazioni del terzo secolo.

Altro importante scrittore è Metodio, morto nel 311. Avversando Origène, ha peggiorato le cose.

Ricordiamo Tertulliano, anche se è a cavallo dei due secoli (160-220).Scrittore latino, di Cartagine, temperamento focoso, scivolerà pian piano verso l'eresia montanista. Altro scrittore latino, vescovo di Cartagine, è Cipriano, morto nel 258.

Il più importante degli scrittori latini è Lattanzio, vescovo, morto nel 316. Senza di lui non avremmo le raccolte dei vangeli apocrifi; difatti Lattanzio, per cercare in qualche modo di contrastarli, li cita e, grazie a queste citazioni, noi abbiamo brani di questi scritti che non avremmo mai avuto. Lattanzio si trova fra il III ed il IV secolo, quindi è ormai intriso della visione greca del cristianesimo, perciò gli apocrifi che attacca di più sono proprio i primissimi vangeli giudaici, quelli degli Ebioniti e dei Nazirei, anteriori a Marco, Luca, Matteo e Giovanni. Questi vangeli sono scomparsi, salvo appunto quei pochissimi frammenti giunti fino a noi grazie alle citazioni di Lattanzio e, in parte, anche di Eusebio, suo contemporaneo.

Questi autori citati sono i più importanti, ma il III secolo è tutto un pullulare di scrittori cristiani.

Le persecuzioni nel III secolo

Questo è un secolo nel quale lo scontro fra paganesimo e cristianesimo giunge alla sua acme. È la reazione del mondo pagano che, pur tenendo saldamente il potere, vede minacciata la sua cultura. Il cristianesimo non contrasta soltanto le tradizionali divinità classiche (Zeus, Giunone, ecc.), ma anche una novità nel mondo romano, la divinizzazione dell'imperatore iniziata in questo secolo con Aureliano che si fa denominare sulle monete dominus et deus, signore e dio.

Il primo imperatore che lancerà una vera persecuzione è Decio, al potere dal 249 al 251. Militare, poco colto ma energico, tenta una politica di restaurazione in grande stile contro tutto ciò che giudica un pericolo per l'impero: i barbari che premono ai confini, l'invasione di filosofie e religiosità orientali (causa di diffusa immoralità) e, naturalmente, i cristiani che cominciano ad avere un peso notevole (gli storici fanno una stima di circa sette milioni di aderenti su 50 milioni di abitanti nel Mediterraneo: non è poco). L'imperatore decide di obbligare tutti i sudditi ad un atto di culto pagano dal quale nessuno può essere esonerato e che tutti devono compiere in un giorno fissato, davanti ad un'apposita commissione. Possediamo ancora dei papiri, conservati nelle asciutte sabbie dell'Egitto, che dànno il testo esatto del certificato rilasciato dalla commissione incaricata di ricevere l'atto di culto. L'obiettivo è la distruzione del cristianesimo. Non mancano in effetti dei martiri (i vescovi Fabiano di Roma, Babila di Antiochia e Alessandro di Gerusalemme, il presbitero Pionio di Smirne e, indirettamente, Origène); molti però si salvano con la fuga e fra questi anche alcuni vescovi come Cipriano, persuaso che, in quel momento difficile, alla sua comunità più del suo martirio sia utile la sua vita e il suo governo fermo e sicuro. Molti, come abbiamo visto nell'incontro precedente, si salvano abiurando: i cosiddetti lapsi che poi, finita la persecuzione con la morte di Decio, chiederanno in gran parte di essere riammessi alla comunione ecclesiale. La Chiesa è salva, ma con dei problemi in più.

Dopo Decio ci sarà la persecuzione di Valeriano (253-260) che in un primo tempo promulga i decreti di tolleranza, poi però, verso la fine del suo impero, sotto pressione di autorevoli pagani, li revoca e dà il via ad una violenta persecuzione.

Il figlio che gli succede, il giovane Gallieno, impegnato in una vasta riforma militare e politica, preoccupato di ristabilire l'unità interna dell'Impero, ordina di interrompere l'azione persecutoria che, del resto, non aveva mai personalmente approvata. Vengono restituiti i luoghi di riunione e i cimiteri alle comunità, cui è garantita, inoltre, libertà di culto. Del resto ormai la presenza di convertiti al cristianesimo è diffusa dappertutto, anche nelle alte cariche statali. Per quattro decenni le chiese cristiane possono svilupparsi in un'atmosfera di pace. Così, tollerato anche se non ufficialmente, il cristianesimo può continuare a diffondersi ed anche a crescere nei contenuti col sorgere della ricerca teologica, degli studi, del confronto tra le diverse scuole di pensiero.

Tuttavia alla corte di Nicomedia, in Bitinia, esisteva un vero e proprio ufficio di propaganda anticristiana. L'incendio della sede di quest'ufficio, casuale o provocato che fosse, fu seguito nel febbraio del 303 dal primo editto di persecuzione che ruppe questi 40 anni di pace. Fu ordinata la distruzione delle basiliche e dei libri liturgici. In seguito furono emanati tre nuovi editti che contenevano norme persecutorie contro presbiteri e vescovi ed esigevano infine da tutti i seguaci del cristianesimo l'abiura della loro fede, pena il carcere o la morte. I cristiani perdevano i diritti civili e, se erano dignitari o funzionari, venivano degradati. È questa la persecuzione feroce (l'ultima) avvenuta sotto Diocleziano (284-305). Fu generale, anche se condotta con diversi gradi di asprezza: di breve durata in Gallia ed in Britannia dove le minoranze cristiane erano deboli, fu più crudele in Oriente ed in Africa, anche se il numero dei martiri fu piuttosto esiguo. Difatti molti furono i traditores, quelli cioè che consegnavano alle autorità gli oggetti del culto, e i lapsi, cristiani infedeli che proclamavano la loro abiura con sacrifici pagani.

Diocleziano fu grande imperatore. Ideò una nuova organizzazione dell'Impero che divise in 4 prefetture, 12 diocesi e 96 provincie. Tanto peso ebbero questi termini da giungere fino ai nostri giorni. Il termine diocesi verrà usato da Carlo Magno per ripartire il Sacro Romano Impero e poi dalla Chiesa fino ad oggi. Ritiratosi Diocleziano in Dalmazia, nell'imponente palazzo di Spalato che ancora porta il suo nome, la persecuzione finì da sola. Alla prima tetrarchia, istituita da Diocleziano, ne seguì una seconda con Costanzo e Galerio come Augusti, affiancati dai Cesari Valerio Severo e Massimino Daia. Morto Costanzo il 25 luglio del 306, l'esercito proclamò Augusto il figlio Costantino. Nell'ottobre dello stesso anno, però, Massenzio s'impadronì del potere a Roma prendendo il titolo di Augusto. Con la nota vittoria al ponte Milvio presso Roma il 28 ottobre del 312, Costantino pose fine all'usurpazione di Massenzio. L'anno seguente, il famoso editto di Milano pose anche ufficialmente fine alle persecuzioni. Ma siamo ormai agli inizi del IV secolo.

Caratteristiche salienti del III secolo

I punti più importanti da tener presenti per tracciare un disegno storico del III secolo sono i seguenti:

1. Passaggio ormai definitivo al paradigma greco, al modo, cioè, di pensare il cristianesimo con la visione greca. Con il definitivo allontanamento dal paradigma giudaico, si perdono le ultime radici giudaiche.

2. Scontro definitivo fra paganesimo e cristianesimo. Lo scontro avverrà anche con i culti orientali, finché, cessate le persecuzioni, questi dovranno fare i conti con il cristianesimo che, diventando potente, riuscirà ad abolirli.

3. Nascita della festa del Natale che vuol sostituire il culto al Sol Invictus, divinità illirica in onore della quale l'imperatore Aureliano (nativo, appunto, dell'Illiria) inaugurò solennemente uno splendido tempio in Roma il 25 dicembre 274, giorno di natalis Invicti, cioè dell'invincibile dio del Sole. Si pensa di cristianizzare le feste pagane e si finisce per rimanere ellenizzati.

4. Inizia lo studio della bibbia. Origène è il primo esegeta della storia. I suoi primi libri sono studi e commentari della Genesi, anche se l'approccio è diverso da quello dell'esegesi moderna. Questo interesse alla bibbia, che comincia ad essere teologico mentre nella Chiesa primitiva era rivolto alla vita, porterà ad una novità importante: si definisce il canone del Nuovo Testamento, cioè si stabiliscono i 27 libri del N.T. che devono essere di regola per il cristiano (infatti il latino canon, derivato dal greco kanwn, significa regola, norma). Già nel II secolo, come vedemmo nel 6° incontro, il Canone Muratoriano ci rivela l'esistenza di un elenco di testi del N.T. stabiliti come ispirati; però nel III secolo questa definizione è più evidente. Parallelamente scompaiono gli apocrifi. Gli studiosi ritengono che nel II secolo ce ne fossero dai 500 ai 600! Ora ne abbiamo solo 24, gli altri sono scomparsi. Quelli che hanno resistito bene, sono entrati nella religiosità popolare (si pensi ad esempio alle storie di Giuseppe, al panno della Veronica che conserva l'impronta del volto del Signore, e così via). Questo fatto si comprende pensando che, con lo sviluppo della teologia, il discorso cristiano diventa sempre più difficile ed il popolo si rifugia nel cristianesimo semplice degli apocrifi. Circa quaranta anni fa, in uno scavo nell'Alto Egitto sono stati scoperti i vangeli gnostici. Una scoperta importante se si pensa che in uno di essi – il vangelo di S. Tommaso – gli esegeti hanno individuato quasi 27 frasi sicuramente attribuibili a Gesù e non contenute nei vangeli canonici. Il resto però appartiene all'eresia gnostica.

5. Lenta ascesa del vescovo di Roma, che porterà nel secolo successivo alla nascita del papato. Anche i vescovi locali diventano importanti. Nasce l'episcopato monarchico. Nasce anche definitivamente la chiesa patriarcale e maschile. 6. Definitiva sconfitta della donna nella Chiesa. Prima la donna aveva un ruolo nelle comunità; si pensi ad esempio alle diaconesse. Con il III secolo non trova più un ruolo nella Chiesa; e comincerà anche ad affacciarsi l'idea, ancora non consolidata, che presbiteri e vescovi non si debbano sposare. Si va così verso una chiesa di maschi dal punto di vista gerarchico. Le donne sono certamente presenti e numerose nella Chiesa, ma relegate a quel ruolo secondario, per così dire di “pie donne”, che hanno conservato fino ai nostri giorni. Tutto ciò in palese contrasto con lo sconvolgente coinvolgimento della figura femminile, estraneo al mondo rabbinico, operato da Gesù di Nazareth .

7. Esplosione definitiva di eresie di ogni tipo, teologiche e disciplinari. Forse la più importante è l'arianesimo, che prende il nome da Ario, prete di Alessandria, vissuto tra il 256 ed il 336. 8. Nascono forme di difesa dalle eresie, di conseguenza si consolida l'organizzazione della Chiesa. Nascono i sinodi dei vescovi. Il termine sinodo viene dal greco sunodoV, parola composta di sun, che vuol dire insieme, e odoV via, quindi si tratta, sì, di riunioni ufficiali, ma da condurre con uno spirito che è quello di cercare un cammino comune. Presto, invece, i sinodi diventano occasioni per controllare i vescovi. Una prima forma di riunione sinodale, che è quasi una forma di concilio, è data dal sinodo di Antiochia nel 264, che raduna molti vescovi della zona. È ancora un evento spontaneo, non c'è un papa (o, peggio, un imperatore) che lo convoca; interviene anche il vescovo di Roma, ma al pari degli altri. C'è chi sostiene che forse è stata una possibilità persa. Per cercare di opporsi alle eresie che circolano, il sinodo stabilisce che Gesù Cristo è veramente generato da Dio, che la sua è una generazione eterna; quindi non è né un'emanazione, né una creazione, né una forma. Gesù Cristo è eterno come Dio. Ha prevalso il paradigma ellenista, perché quello giudaico vedeva Gesù come Messia.

Ellenizzazione della Chiesa

Con la scuola di Alessandria d'Egitto, con Origène, con Clemente Alessandrino, con la riflessione teologica, il cristianesimo fa una definitiva svolta culturale (grecizzazione della Chiesa) che prepara la svolta politica del IV secolo, vale a dire l'unione fra Chiesa e Stato. Pur considerando le valutazioni negative della prima svolta, soprattutto da parte della teologia della liberazione, la seconda è veramente nefasta. Tutto sommato, la Chiesa del III secolo è ancora povera; anche se tra i suoi ormai numerosissimi membri annovera persone importanti come senatori, funzionari e perfino qualche proconsole, è pur sempre una società che non conta come tale, soggetta perfino a persecuzioni. Chi vi aderisce lo fa a titolo e responsabilità personale. Quella del IV secolo, invece, è politica, tende al potere; di conseguenza perde povertà e fragilità. Le radici di questa svolta affondano in quella culturale del secolo precedente. Quando Agostino scriverà la Città di Dio, non farà che teorizzare definitivamente la svolta attuata da Origène nel III secolo.

Lo spostamento dalla comunità giudeo-cristiana a quella pagano-cristiana si accompagna con lo spostamento del centro di riferimento da Gerusalemme a Roma che diventa, di fatto, la città principale del cristianesimo. Non solo Gerusalemme perderà questa prerogativa, ma dopo la distruzione del 70 vi si installerà una comunità pagano-cristiana. Del resto ben poco resterà di ebraico in questa città cui i Romani nel 132 cambieranno anche il nome in Aelia Capitolina. La caratteristica saliente del processo di ellenizzazione sta nel vedere sempre più il Cristo come Figlio di Dio che, al di là dell'analogia con il titolo che nell'A.T. spettava ai re ed al popolo eletto nel suo insieme, è un concetto pagano. Spesso il paganesimo annovera tra i suoi eroi dei figli degli dei. Se il Cristo è Figlio di Dio, allora è preesistente alla creazione; i prodromi di questa teologia sono nel prologo del vangelo di Giovanni. Cominciano così le discussioni sulla natura del Figlio e sul suo rapporto col Padre. Si prepara il problema di fondo del IV/V secolo: la Trinità. Una volta collocato Gesù all'interno del mistero di Dio, ci si domanda che rapporto abbia con lo Spirito.

Quindi il III secolo affronta il problema cristologico, il IV ne stabilisce i termini ed apre il problema trinitario, quello cioè del rapporto fra le tre persone. Il numero tre è presente in molti sistemi filosofici e religiosi; l'idea di una trinità intradivina non è una novità, è presente nella religione assiro-babilonese ed in quella egiziana, dove si parla insieme di Osiride, Iside ed Api. È importante tener presente anche questa attrazione per il numero tre, che ha un significato magico, esoterico, nelle culture del tempo.

Un'altra conseguenza di questa svolta culturale è la definitiva separazione dall'ebraismo: nella figura assolutamente unica di Dio gli Ebrei non possono in alcun modo inserire un Figlio. Per loro, come più tardi per i Musulmani, questo è un tradimento del monoteismo. Nel II secolo lo scandalo era nell'accettare un Messia povero e sofferente, ma su questo era ancora possibile un incontro. Sul Figlio di Dio no.

La visione giudaico-cristiana sembra attentare di meno al monoteismo ebraico: in essa Gesù è della terra, viene elevato alla destra di Dio (cristologia dell'elevazione) per ritornare poi nella terra e darle completezza. Ciò che conta è la terra.

Nella visione ellenizzante, invece, Cristo viene dall'alto e s'incarna per divinizzare l'uomo (cristologia dell'incarnazione). La prospettiva è la divinizzazione dell'uomo. Si perde la laicità del creato e si apre la strada ai retaggi della gnosi, alla necessità di diventare angeli, all'idea platonica dell'anima prigioniera del corpo.

Il terzo secolo porta a compimento, radicalizza quello che Paolo ha iniziato con termini ancora accettabili. La sua apertura alla visione greca ha il significato di un'apertura ecumenica, è grande, è un'intuizione geniale. Ma è costata i successivi sviluppi di Origène e di Agostino. Un esempio di questa visione è nell'inno cristologico che Paolo inserisce nella lettera ai Filippesi:

“…Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l'ha esaltato E gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre.” (Filippesi 2,6-11)

Un altro effetto della svolta culturale è il sorgere di regole sempre più rigide:

1. Le reazioni convulse con cui si tenta di resistere a questa iperdivinizzazione di Gesù sfoceranno nelle eresie, per fronteggiare le quali saranno stabiliti i canoni, cioè le norme, come abbiamo visto, per delimitare la Chiesa Cattolica (la Grande Chiesa come la chiamavano allora) dalle eresie. Grandi canonisti saranno Tertulliano ed Ireneo di Lione (vescovo di Lione). Non solo sarà stabilito il canone del N.T., ma l'opposizione all'eresia marcionita (contrapposizione del Dio buono del N.T. a quello cattivo dell'A.T.) porterà a stabilire anche un canone dell'A.T., consultandosi con gli Ebrei, segno della presenza ancora di un certo dialogo.

2. Osservando l'evoluzione della professione di fede che si fa per il battesimo, si nota che all'inizio era molto legata alla storia, ai gesti di Gesù; nel III secolo diventerà, invece, la regula fidei o addirittura canon aleteias, regula veritatis, elenco di verità in cui si dichiara di credere. Si sintetizzeranno norme e criteri della fede. È l'inizio di un processo che porterà alle definizioni dogmatiche.

3. Una terza regola sarà quella del magistero. Per la prima volta si comincia a parlare dei vescovi come interpreti del magistero della Chiesa. Sempre più lontani dai presbiteri, saranno sempre più competenti nel definire ciò che è canonico (l'idea di magistero richiama quella dei magistrati che controllano). Ci sono aspetti positivi in quest'evoluzione, ma anche aspetti problematici: si prepara da lontano la strada al papato.