IL PRIMO SECOLO: crisi, domande e crescita della chiesa primitiva

L'attesa del Regno

Nell'ultima lezione, parlando della convinzione di Gesù sull'imminenza della venuta del Regno, è stato fatto un riferimento implicito alla “coscienza di Gesù”. Il problema si può sintetizzare così: Questo Gesù storico era cosciente della sua identità e della sua missione? O, meglio, lo era fin dall'inizio o ha preso coscienza progressivamente, al pari della sua crescita umana? Un problema d i difficile soluzione, ma sul quale si può fare un po' di luce attraverso il lavoro esegetico e storico.

Tralasciando le questioni propriamente tecniche, riteniamo utile osservare che molte persone, pur accettando formalmente la definizione (che risale al concilio di Calcedonia del 451) vero Dio e vero uomo, provano fastidio o difficoltà ad accettare l'umanità di Gesù. Questa invece c'è; ed è piena e totale (se accettiamo la definizione ricordata). Una delle conseguenze dell'umanità di Gesù è la sua imprecisione che si arguisce dalla ricchezza del dibattito nel primo secolo, quando sono ancora vivi i testimoni. Gli esegeti hanno cercato, nei documenti lasciati dalle varie chiese del 1° secolo, i punti simili: su tali punti, evidentemente, essendoci accordo fra i testimoni, Gesù deve essere stato preciso. Uno di questi elementi certi è l'attesa del Regno, come pure il fatto che nessuno sa quando verrà. Però in questa attesa Gesù lancia anche l'idea che il Regno è già lì, accanto a noi. Bisogna riconoscerlo. “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo” (Marco 1,15).

Ebrei ed ellenisti

Un altro tema del primo secolo è l'allargamento del cristianesimo ai non circoncisi. Si è accennato, nella seconda lezione, al concilio di Gerusalemme del 47. Come mai si è dovuto radunare questo concilio? Nelle comunità paoline di Antiochia arrivano alcuni dalla Giudea a dire “Se non vi fate circoncidere secondo l'uso di Mosè, non potete esser salvi” (Atti 15,1). Paolo e Barnaba si oppongono, discutono con costoro, ma evidentemente non si mettono d'accordo, perché decidono di andare con un gruppo a Gerusalemme dagli apostoli. La Chiesa li riceve, i due raccontano entusiasti tutta l'opera pastorale compiuta, però poi viene fuori il problema: “Ma si alzarono alcuni della setta dei farisei, che erano diventati credenti, affermando: è necessario circonciderli e ordinar loro di osservare la legge di Mosè” (Atti 15,5). Apostoli ed anziani si riuniscono per esaminare il problema e partoriscono la prima decisione conciliare della storia della Chiesa ed anche, se vogliamo, la prima enciclica: “Gli apostoli e gli anziani ai fratelli di Antiochia, di Siria e di Cilicia che provengono dai pagani, salute! Abbiamo saputo che alcuni da parte nostra, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con i loro discorsi sconvolgendo i vostri animi […] Abbiamo mandato dunque Giuda e Sila, che vi riferiranno anch'essi queste stesse cose a voce. Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi, di non imporvi nessun altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: […] State bene” (Atti 15,23-29) Le cose necessarie sono alcune prescrizioni tipiche della legge mosaica, ma fra queste non c'è la circoncisione. Un compromesso dunque. Paolo torna ad Antiochia, continua nel suo apostolato, fonda anche altre comunità, ma dalle sue lettere si capisce che non si preoccupa molto delle prescrizioni del concilio. Addirittura, qualche anno dopo, avrà uno scontro ad Antiochia (come racconta lui stesso nella lettera ai Galati) proprio con Pietro che accuserà pubblicamente di ipocrisia a causa del suo atteggiamento ambiguo nei confronti dei cristiani provenienti dal paganesimo.

Quindi i cosiddetti sommari degli Atti degli Apostoli, che sono brevi pericopi in cui di tanto in tanto si fa una panoramica sulla vita delle primissime comunità, (ce ne sono tre: Atti 2,42-47; 4,32-35 e 5,12-16) non sono del tutto realistici nel descriverci una Chiesa in pace e in armonia. C'era tensione, ma era una tensione accettabile (ci sarà anche nei secoli successivi, ma non sarà più una cosa bella come agli inizi); era normale: nell'umanità non esiste l'idillio, esiste la faticosa ricerca della verità; e la Chiesa primitiva non si sottrae a questa realtà.

Così il primo secolo vede da una parte le comunità palestinesi più vicine alle idee di Gesù di Nazareth e quindi all'ebraismo. È interessante notare come anche le comunità di Roma siano su questa linea. La ragione è da ricercare nel fatto che fin dagli anni 40 erano arrivati emigrati ebrei in Trastevere che era la regio dell'Urbe riservata agli stranieri, senza contare che ad Ostia Antica gli scavi mostrano la più antica sinagoga d'Europa che risale al II secolo A.C.

Dall'altra parte troviamo le comunità di Antiochia e di Alessandria vicine alle idee di Paolo. Perché queste differenze?

Paolo, pur avendo una forte cultura ebraica (si dichiara più volte fariseo), vive in ambiente ellenistico. Tenta perciò di far capire Gesù (di renderlo accettabile) agli ellenisti. Il problema, però, è questo: con quali compromessi c'è riuscito?

Come accennato nella seconda lezione, il primo secolo è un'era di caduta delle grandi ideologie, di crisi della religione pagana, di ritorno alla ricerca religiosa. Si diffondono culti egiziani, (si accennava al culto del dio Mitra) e in genere correnti filosofiche e religiose che diano sicurezza (è interessante il parallelo col ventesimo secolo!). Il messaggio ebraico-cristiano si pone contro corrente: non dà sicurezze. Nasce sull'attesa operante in funzione del Regno; se non ci sono spazi vitali su cui si possa istallare questo Regno, in altre parole (e qui è il punto…) se l'uomo non collabora nell'alleanza con Dio, la creazione, che è ferma al sesto giorno, non arriva al settimo, cioè allo Shabbat, al compimento. Ripensiamo alla domanda inquietante di Gesù riportata in questo testo antico che sicuramente riflette la visione ebraico-cristiana: “Ma il Figlio dell'Uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Luca 18,8b). Se da una parte è un annuncio di speranza, dall'altra fa convivere con l'insicurezza.

Ora, se questa è la linea delle comunità giudaizzanti, nelle comunità elleniste si insiste, invece, sul credere in Gesù. Paolo sostiene di continuo che è lafede che salva, non le opere. “Se credi in lui partecipi già da ora alla risurrezione” traspare in sostanza da tutte le sue lettere. Un messaggio che dà più sicurezza e che quindi si inserisce meglio nella situazione del primo secolo.

Questo potrebbe essere il compromesso che Paolo ha fatto non solo per essere compreso nell'ambiente in cui operava, ma anche per rispondere alle attese del suo tempo. Prospettato questo quadro, c'è da osservare che, oltre al fatto che tutti i libri del N.T. ci sono pervenuti nella redazione greca (si sa che deve essere esistito unMatteo in aramaico, ma non c'è traccia), anche gli scritti apocrifi sono quasi tutti collocati in ambiente ellenistico-cristiano, salvo pochissimi frammenti. Che è successo? C'è stata un'opera di cancellazione?

Verso una sintesi

Riassumendo quanto detto sulle due correnti, abbiamo:

uomini vigilanti;

creazione di situazioni di giustizia;

cuori accoglienti, attenti alla prassi di Gesù; come dire: se credi in Gesù, risuscitato in mezzo a noi, allora devi fare quello che fa lui;

credere in Gesù;

è la fede che salva, non le opere.

La ricerca storica ci dà un quadro della situazione dopo il 70:

le comunità paoline preoccupate di diffondere il Kahal YHWH in ambiente ellenistico

le comunità di provenienza ebraica che, dopo la distruzione di Gerusalemme del 70, si preoccupano di come fare per rendersi accettabili, in parole povere per non fare la stessa fine dei fratelli di Gerusalemme. Gli storici ritengono che queste comunità continuino ad esistere fin verso il 150, dopo di che si perdono le loro tracce.

La visione ellenista porta alla disattenzione a ciò che Gesù ha fatto (tanto basta un atto di fede…). Negli anni 80 nasce una reazione: per non perdere il Gesù storico, come sta succedendo con l'abbandono della prassi e quindi anche dell'interesse per quello che ha detto e fatto lui, si comincerà ad aggiungere ai racconti della passione del Signore, che sono i più antichi, anche quello che è successo prima. Si formano, cioè, i vangeli come li abbiamo noi ora. Questo anche per memorizzare atti e detti di Gesù, in anni in cui cominciano a morire i testimoni oculari.

Ma con questo si sta tentando anche una sintesi tra le due visioni, la giudaica e l'ellenista. In questa opera si aggiungono tanti elementi che rendono il quadro molto complesso. Per esempio Alessandria risente dei culti egiziani, misterici. Lo gnosticismo si diffonde fino ad Antiochia ed oltre; questa corrente, trasversale un po' a tutte le religioni, vi si inserisce come un virus e le stravolge; per esempio porta un dualismo bene-male che è estraneo all'ebreo-cristianesimo. I riti di Iside sono caldi, accoglienti. I culti mitreici promettono salvezza subito. Allora per soddisfare questa esigenza, forse è meglio pensare a Gesù più come redentore che non come predicatore e realizzatore del Regno. Ma crederlo come redentore significa mettere da parte l'attesa vigilante del Regno. Mentre la visione giudeo-cristiana è molto tesa al futuro, quella ellenista si sposta al presente: la salvezza è qui e ora. A questo si aggiungono i sacramenti che fanno diventare tutti creature nuove. E l'impegno, soprattutto per la giustizia, diventa sempre più secondario.

È importante studiare questi sviluppi come chiave per interpretare la storia di un'Europa in cui il peso della religiosità sarà forte fino ai nostri giorni.

Spostandoci sul nostro tempo troviamo ancora un'eco della diversità di visioni delle origini: la teologia della liberazione, che cerca di affermarsi, ostacolata dal potere e dalla chiesa ufficiale, si rifà alla visione giudaica, quando chiede l'impegno dell'uomo per realizzare la giustizia.

Nel tentare una sintesi bisogna tener presente che ilkerigma , cioè il contenuto della predicazione apostolica primitiva, riportato più volte negli Atti degli Apostoli (Atti 2,14-39; 3,12-26; 4,9-12; 5,29-32;10,34-43 e 13,16-41) si basa essenzialmente su poche cose: “Gesù morto ucciso sotto Ponzio Pilato e sepolto; Dio gli ha reso giustizia e lo ha resuscitato”. Poco dopo si aggiungerà “Siede alla destra di Dio” e si aprirà la strada alla riflessione su Gesù Figlio di Dio. Ma il cuore della religione cristiana è nel risuscitamento. Un altro problema del primo secolo, che si affaccia negli anni 50 – 55 è quello dell'organizzazione. Tra la seconda e la terza generazione nascono dei ministeri, dei servizi, anche perché aumentano sempre più le comunità. Si stima che verso la fine del primo secolo gli adepti siano circa 150.000.