Spagna, se questo è un martire
Tra i 498 beatificati recentemente anche l’agostiniano Gabino Olaso Zabala che
avrebbe assistito a torture di preti
Gabino Olaso avrebbe
incoraggiato le violenze su preti contro la dominazione spagnola nelle Filippine
Un sacerdote accusa:
«Mi picchiavano il priore e gli altri sette contemplavano il mio martirio»
Sono cose che succedono quando persino il martirio finisce in propaganda: nel
numero delle vittime capita anche qualcuno non proprio degno della
beatificazione, e la sua macchia rischia di offuscare tutte le aureole. È quanto
è successo alla schiera di 498 martiri della guerra civile spagnola che il mese
scorso la Chiesa ha elevato al primo gradino dell’altare: tra essi è finito
l’agostiniano Gabino Olaso Zabala, che in gioventù – l’accusa è di un altro
sacerdote, il filippino Mariano Dacanay – avrebbe assistito, addirittura
incoraggiandole, alle torture inflitte ad alcuni preti contrari alla dominazione
spagnola nelle Filippine. Un dettaglio ufficiale ma di cui le fonti della chiesa
cattolica preferiscono non far cenno, così come è stato lasciato fuori dalla
lista dei beatificandi Jeroni Alomar, un sacerdote di Majorca che un consiglio
di guerra franchista condannò alla fucilazione, nel 1937, per «aiuto alla
ribellione». Ecco, in breve, le due storie.
Olaso Zabala, nato nel 1869 ad Abadiano, nella provincia basca di Vizcaya, fu
ordinato sacerdote nel 1893 e l’anno seguente inviato nelle Filippine. Erano gli
anni del tramonto dell’impero spagnolo, e una decina di sacerdoti locali furono
arrestati perché sospetti di simpatie rivoluzionarie. Uno di essi, Dacanay,
descrisse poi così ciò che gli era capitato: «La vittima è obbligata a piegarsi
sulle ginocchia. Si colloca una sottile canna di bambù sotto le sue ginocchia e
con una corda si legano ad essa i suoi polsi, uno a ogni lato del corpo. In
questa posizione la vittima è solo una palla che, se cerca di muoversi, rotolerà
al suolo. In questa umiliante e dolorosa posizione le guardie mi colpirono
mentre mi insultavano... Il priore e i sette superiori del seminario, in vece di
compatire la mia sofferenza per la crudele tortura, contemplavano il mio
martirio con visibili segni di piacere. Addirittura chiedevano alle guardie che
mi trattassero con più crudeltà, il padre Gabino Olaso, per esempio... Un’altra
volta rotolai vicino a padre Gabino, che stava tranquillamente contemplando la
scena, e mi diede nella testa un tremendo calcio che mi lasciò del tutto
incosciente».
Olaso tornò in Spagna nel 1900, fu professore in vari collegi e nel ‘36 era
superiore a Caudete quando scoppiò il levantamiento franchista. Arrestato con i
suoi confratelli, fu fucilato pochi giorni dopo.
Ed ecco la storia di Jeroni Alomar, sacerdote di Llubi nel centro di Majorca,
isola dove gli esponenti della Chiesa e della destra non erano mai stati oggetto
di alcuna violenza e dove il golpe franchista trionfò senza una reale
opposizione. Ma la repressione si scatenò ugualmente contro quanti erano
conosciuti come simpatizzanti della sinistra o anche solo del centro, peggio
ancora se avevano fatto parte delle liste del Fronte Popolare, e furono migliaia
i morti assassinati. Jeroni Alomar si impegnò per salvare la vita di alcuni dei
perseguitai, non per motivi politici ma per spirito di giustizia e carità
cristiana. Arrestato, nel giugno 1937 fu condannato e fucilato senza protesta
alcuna da parte del vescovo Josè Miralles (un sostenitore incondizionato dei
golpisti che era solito dire gioiosamente: «Solo un 10 per cento di questi
nostri amati figli ha rifiutato i santi sacramenti prima di essere fucilati dai
nostri buoni ufficiali»).
Non stupisce, di fronte a una Conferenza episcopale spagnola sempre più in umor
di crociata, che si vadano formando comunità cattoliche di base critiche con
l’atteggiamento dei vescovi. Pochi giorni fa si è tenuta a Madrid la Prima
Assemblea di Reti Cristiane, per proclamare «davanti alla società un’altra voce
della Chiesa, dall’interno della Chiesa». Ma hanno dovuto riunirsi in un locale
dell’università Complutense, perché il collegio agostiniano nel quale avevano
prenotato una sala é stato loro vietato, all’ultimo momento, su pressione del
cardinale Rouco Varela, arcivescovo di Madrid.
Franco Mimmi l'Unità 19.11.07