Spagna, il martirio dei santi peccatori
Beatificazione di massa, decisa dal Papa, per 498 sacerdoti e laici uccisi nella Guerra civile. Ma davvero tutto può spiegarsi con i “crimini del comunismo”?
Nei tre anni (1936-1939) in
cui infuriò la guerra civile spagnola la violenza non risparmiò nessuno e le
efferatezze furono distribuite a piene mani da entrambi i contendenti. Perché ci
si uccida tra spagnoli e spagnoli (ma anche tra italiani e italiani, tra
francesi e francesi) occorre un surplus di ferocia rispetto alle guerre
«normali» tra Stati. Fu così anche in Spagna. In generale, però, il «terrore
rosso» fu - almeno in linea di principio - condannato e represso dalle autorità
civili e militari, dalla direzione e dai quadri del Partito comunista spagnolo,
così come dalle istituzioni dirigenti degli anarchici della Federazione
anarchica iberica (Fai) e della Confederazione nazionale del lavoro (Cnt). Da
parte dei franchisti, invece, il massacro dei «rossi» rientrava in una sorta di
missione civilizzatrice come quella che aveva ispirato le crudeltà delle
spedizioni coloniali in Marocco. Le truppe spagnole schierate con Franco avevano
stroncato la resistenza marocchina mediante stragi e esibizioni dei cadaveri.
Nella Spagna della guerra civile questa tecnica di combattimento divenne un
progetto politico: «Dobbiamo uccidere, uccidere e uccidere...», diceva Gonzalo
de Aguilera, l'addetto stampa di Franco, «il nostro programma consiste nello
sterminio di un terzo della popolazione maschile spagnola. Così il paese sarà
ripulito e ci difenderemo dal proletariato». La Chiesa spagnola appoggiò senza
riserve questo tipo di guerra, interpretata come una nuova Cruzada contro gli
infedeli. I franchisti presero l'abitudine di gettare i nemici nelle
«discariche» delle fosse comuni; in Galizia, nelle Asturie, in Andalusia
decisero anche di non registrare all'anagrafe i morti repubblicani, mettendoli
così simbolicamente al bando dalla nazione. Non a caso usavano il termine
limpieza, in cui c'è proprio la metafora del cadavere=rifiuto da smaltire.
Contemplando questi scempi (ai quali si adeguarono anche i repubblicani), George
Bernanos amareggiato osservava: «La guerra di Spagna è una fossa comune. La
fossa comune dove imputridiscono i principi veri e quelli falsi, le intenzioni
buone e quelle cattive». Oggi, quelle fosse comuni vengono riaperte insieme a
ferite che il tempo non riesce a sanare. È una memoria inquieta quella della
Spagna, una memoria che sta trovando un suo approdo legislativo con la «Legge
sulla Memoria Storica» che condanna il franchismo e intende ridare dignità alle
vittime attraverso la dichiarazione di nullità dei processi franchisti e
l'esumazione dei cadaveri dei repubblicani sotterrati anonimamente in fosse
comuni. Il provvedimento suscita tutte le perplessità che accompagnano da sempre
la pretesa di uno Stato di sancire per legge una verità storica. In Spagna,
però, si tratta ora di recintare una memoria pubblica fondata sulla libertà e
sulla democrazia che non può non fare i conti con la dittatura e la tirannia del
regime franchista.
In questo senso, tutto politico e molto poco ecclesiastico, bisogna leggere la
scelta della Chiesa di beatificare 498 sacerdoti e laici uccisi dai repubblicani
negli anni 30: una cerimonia di massa con più di un milione di fedeli che
saranno trasportati a Roma. Perché questa imponenza, questo gigantesco rito
collettivo? Certamente la violenza anticlericale fu parte integrante della
ferocia di quella guerra: circa 6800 tra preti, frati, monaci e suore furono
uccisi. Da dove scaturì quella rabbia?
Veramente tutto può spiegarsi con i «crimini del comunismo»? Puntualmente, in
molti episodi di crudeltà, sembra piuttosto emergere l'utopia millenaristica e
contadina del «mondo alla rovescia»: Cristi, Vergini, santi venivano decapitati,
accecati, trascinati per i piedi lungo le strade, prima di ardere nei falò, o
essere condotti nella stalla o nel porcile, camuffati con abiti burleschi, messi
di sentinella con scope o bastoni. Altre volte il popolo si abbandonava a
carnevalesche parodie di riti liturgici, processioni farsesche, pantomime di
episodi evangelici. Ci fu molta spontaneità popolare accanto a una forte
impronta di lotta di classe.
In questo senso c'è un episodio significativo da raccontare: il 12 agosto 1936,
dal villaggio di Vallecas furono prelevati 300 detenuti franchisti per essere
fucilati; arrivati in aperta campagna, furono divisi in gruppi di 12 e così
fecero anche i miliziani: 12 fucilatori per 12 fucilati. A un certo punto la
macabra sequenza si interruppe; uno dei prigionieri mostrò le sue mani callose
da lavoratore; i fucilatori guardarono le mani dei fucilati, li riconobbero come
fratelli di classe e li risparmiarono; in compenso, nel primo gruppo di 12 era
stato riconosciuto il vescovo di Jaèn: quando fu dato l'ordine di fare fuoco,
tutti e 12 i miliziani spararono sul sacerdote che cadde crivellato di colpi
mentre gli altri 11 restarono illesi.
Si avvertì insomma il peso di una cultura popolare anticlericale profondamente
radicata, dovuta alla particolare posizione temporale costantemente mantenuta
dalla Chiesa cattolica spagnola, sempre identificatasi con il potere e con
l'oppressione, sempre legata agli interessi dei proprietari terrieri e degli
strati più ferocemente reazionari. Su queste complicità la «beatificazione di
massa» può stendere il velo della santificazione ma non quello dell'oblio.
GIOVANNI DE LUNA la Stampa 24/10/07
Il Vaticano marcia su Roma
Anniversari Domenica 28 ottobre 2007, anniversario della marcia su Roma, saranno
beatificati in San Pietro 498 franchisti perché, secondo i prelati spagnoli,
sono "martiri della Repubblica". La gerarchia vaticana con questa azione entra
violentemente nel dibattito politico spagnolo
Domenica 28 ottobre 2007, anniversario della marcia su Roma, saranno beatificati
in San Pietro 498 franchisti, tra appartenenti al clero e laici, saranno
beatificati perché, secondo i prelati spagnoli, sono "martiri della Repubblica".
Sarà la più numerosa delle beatificazioni mai realizzate, è prevista una folla
di fedeli (filofranchisti) dalla Spagna e il battage pubblicitario delle grandi
occasioni sui media italiani.
La gerarchia vaticana con questa azione di massa entra violentemente nel
dibattito politico spagnolo: il governo Zapatero sta per varare una legge sulla
memoria che condanni il franchismo e la chiesa cattolica spagnola, supportata da
Ratzinger, prende posizione in questo modo.
Ma d'altro canto, attraverso questa iniziativa, le gerarchie vaticane continuano
a fare politica in supporto al fronte clerico fascista: la scelta della data
della marcia su Roma allarga il significato dell'operazione e la colloca nel
tentativo sempre più visibile di sdoganamento e legittimazione del fascismo,
tentativo operato dall'integralista Ratzinger per affermare un modello di
società chiuso e reazionario, patriarcale, omofobico e razzista.
La beatificazione di 498 franchisti presentati come martiri è un esempio
vergognoso di revisionismo storico, la strategia vaticana è ancora il
vittimismo: si costruisce un'iniziativa per mostrare il clero come vittima di
sanguinari comunisti quando la realtà storica racconta che la chiesa fu parte di
una reazione fascista che portò in Spagna alla guerra civile e all'instaurazione
della dittatura. D'altra parte in Italia conosciamo bene questa tattica
vaticana: negli ultimi mesi si cerca di far passare la chiesa cattolica, gli
esponenti del clero e persino i politici che dichiaratamente ne supportano le
istanze come vittime di una campagna anticlericale, quando, al contrario, la
chiesa cattolica condiziona in modo sempre più palese la vita culturale,
politica e sociale del nostro paese e conduce una campagna di istigazione
all'odio e alla violenza contro donne, lesbiche, gay e trans che produce
aggressioni, stupri, omicidi e diffusa intolleranza.
Dall'operazione revisionista che verrà celebrata domenica 28 ottobre esce
rafforzata la marcia del dissolvimento della laicità (voluto dal Vaticano e
operato dalla politica istituzionale) e la fascistizzazione della società,
basata sulla creazione della paura e sulla caccia alle streghe dello scontro di
civiltà; ne fanno le spese, ancora una volta, tutte le soggettività non conformi
al modello unico dominante, la verità storica, l'antifascismo fondamento del
nostro vivere civile.