Sicurezza e xenofobia

intervista a Miguel Benasayag, a cura di Anais Ginori


«Son tornati gli invasori. Almeno così ci vogliono far credere». La caccia ai rom come una storia
che si ripete, nei secoli dei secoli. «Ma la Francia di oggi non è la Roma dell'antichità, e Nicolas
Sarkozy non è un imperatore», osserva Miguel Benasayag. Anzi, aggiunge il filosofo, la violenza
delle immagini di rom costretti a fare fagotto e scortati fino agli aerei sono il sintomo di una
debolezza politica.
«Non parliamo però di scandalo» avverte subito Benasayag che ha dedicato numerosi saggi al
conflitto sociale e alla cultura della paura.

Cos'è allora?
«Gridare allo scandalo davanti ai rastrellamenti di rom significa dire che si tratta di un semplice
incidente nella normale vita di una paese. Penso invece che si stia compiendo un passo irreversibile nella distruzione del corpo sociale. È in atto un progetto liberticida che Sarkozy ha cominciato da tempo. Non dimentichiamoci che ci sono stati molti altri episodi di violenza xenofoba nella Francia
degli ultimi anni. Sarkozy ha fatto dei test, e ha concluso che si poteva andare avanti su questa
strada».

Non crede che questa volta sia diverso?
«L'opinione pubblica non reagisce, o comunque non abbastanza per fermarlo. Ho studiato la caccia
ai bambini sans papiers nelle scuole, una delle tante campagne xenofobe che Sarkozy ha
mascherato con la parola "sicurezza". Il mio libro La chasse aux enfants mostra che in questi casi si
provoca come una micro-vaccinazione nelle coscienze. Poco alla volta si educano i francesi a
tollerare episodi sempre più gravi, e lentamente si accetta un nuovo
apartheid, anche se nessuno lo
chiama così».


La Chiesa ha espresso dure critiche.
«È un merito che va riconosciuto alla Chiesa. Ma il messaggio implicito è che i rom sono una questione di carità e pietà nei confronti dei dannati della Terra. È invece un attacco a noi, al nostro corpo sociale. Si parte da loro per poi attaccare le pensioni, il sistema sanitario, le garanzie
sindacali.
Jean-Paul Sartre spiegava bene nei Cahiers pour une morale che ci sono momenti nella
storia in cui tutti parlano di un evento eppure nessuno davvero si rende conto della gravità di ciò che
accade. Temo che ci troviamo in questa situazione».

Il governo continuerà su questa linea?
«Sarkozy cerca di creare un'unità nazionale per coprire gli effetti della crisi economica e degli scandali che lo colpiscono. È il vecchio modo che consiste nel trovare un capro espiatorio nell'inconscio collettivo, com'erano i barbari nell'antichità. Oggi i rom sono gli ultimi fra gli ultimi.
Se i francesi, per vigliaccheria o per pigrizia, accetteranno questa nuova violenza politica, la Francia
diventerà una società sempre più segregata».

Finora i sondaggi però non hanno premiato la strategia del presidente.
«Sarkozy vuole dividere in due la società. I francesi sono costretti a essere assolutamente a favore o assolutamente contrari. È un tipo di politica che non lascia spazio al dubbio. Lui deve compattare e difendere il suo elettorato. Il messaggio che manda attraverso la cacciata dei rom è chiaro. I
privilegiati saranno protetti, quelli deboli diventeranno sempre più deboli».


Non le sembra di esagerare?
«Sono scappato dalla dittatura argentina trent'anni fa. Vivo in Francia, è il mio paese. Mai avrei
pensato di sentire un presidente della République parlare di togliere la nazionalità agli stranieri
naturalizzati da pochi anni e che commettono un crimine. L'unica speranza è che si creino nella
società delle linee di resistenza. Ma per ora ne vedo davvero poche
».

 

la Repubblica  26 agosto 2010


 

 

Immigrati e farisei


Saper accogliere ogni uomo in difficoltà senza distinzioni di razza, religione e nazionalità – dice il
Papa – è l’insegnamento di Cristo. Monito religioso ma anche politico, rivolto a Parigi e al
Viminale. E subito si mobilitano i “realisti dalla mano dura” (ultimo Panebianco sul “Corriere della
sera”) per dire che la Chiesa è buonista, utopica, pronta a farsi manipolare da minoranze militanti
pro-immigrati, ma lontana dalla realtà e particolarmente da quella dei sondaggi.

Sui sondaggi ci sarebbe da dire, perché stranamente il tema sicurezza appare e scompare sull’agenda governativa e
sui suoi ripetitori mediatici a seconda del momento, anche elettorale. Ma non è questo il punto. La
Chiesa è scomoda per questo governo in tema di immigrazione e di respingimenti, perché richiama
principi chiari.
Ma né la Cei né Ratzinger sono mai stati buonisti. I vescovi chiedono
un’integrazione e un cammino verso la cittadinanza basati sulla legalità. Benedetto XVI nella sua
ultima enciclica sottolinea che la “condivisione dei doveri” è il collante più solido di una società. La
verità scomoda è che la Chiesa (come il mondo laico democratico) è contro il razzismo, contro
l’immagine dell’ ”untore” straniero. Contro il rigore a senso unico dei farisei.

Giusto applicare la legge contro ladri e delinquenti, ma attendiamo ancora una grande azione del Viminale contro il
caporalato delle tante Rosarno d’Italia, dove il “negro” è sfruttato nell’indifferenza dello Stato e dei
benpensanti. Non funziona applaudire le manette al ladruncolo e girare la testa davanti ai furti
milionari della Cricca. In un Paese in cui il premier scardina le leggi per sfuggire al loro rigore, il
crimine non abita solo le
roulottes. Cristo ha sempre avuto in odio gli ipocriti.

Marco Politi    il Fatto Quotidiano  24 agosto 2010