Servizi, squadristi e X Mas: la strategia della provocazione
Destra estrema e forze dell’ordine: contiguità degli anni 70
1977 Negli scontri tra autonomi e polizia muore la studentessa Giorgiana Masi
Roma 9 novembre 1963, il corteo sindacale è arrivato a Piazza Santi Apostoli, la
manifestazione inizia a sciogliersi, i militanti arrotolano bandiere e
striscioni mentre il palco viene smontato. All'improvviso, incomprensibilmente,
scoppia un parapiglia. Sembra una rissa fra pochi manifestanti, poi man mano ne
giungono altri e, dopo poco, gli scontri dilagano. Polizia e carabinieri
intervengono con brutalità e la manifestazione finisce fra le manganellate ed il
fumo acre dei lacrimogeni. I dirigenti della Cgil non capiscono come sia potuto
succedere, sono disorientati come anche i dirigenti del Partito comunista e del
Partito socialista. Maggior fiuto mostra Ferruccio Parri - futuro presidente
della Sinistra indipendente - che sente odore di provocazione. I fatti gli
daranno presto ragione: durante l'inchiesta sul Sifar (il servizio segreto
militare dell'epoca), si scoprirà che gli incidenti erano stati provocati ad
arte dalle «squadrette» reclutate da un alto dirigente del Servizio, il
colonnello Renzo Rocca, fra giovani fascisti e veterani della X Mas. La polizia
aspettava solo un pretesto per intervenire.
Stava per formarsi il primo governo di centrosinistra. Una svolta che suscitava
aspettative «pericolose» fra lavoratori i quali, dopo anni di stretta salariale,
pensavano fosse giunto il momento di una spallata rivendicativa. Dunque, meglio
stroncare le cose sul nascere: quegli incidenti erano giunti opportuni.
Non fu l'unico episodio periodo: era venuto in visita a Roma il presidente del
Congo Moise Ciombe - su cui gravava la responsabilità morale dell'assassinio del
leader progressista Patrice Lumumba - e la Federazione giovanile comunista
italiana aveva organizzato una manifestazione di protesta, che i teppisti di
Avanguardia Nazionale avevano attaccato a freddo. Quando i giovani comunisti,
riavutisi dalla sorpresa, reagirono, i cordoni della polizia si aprirono per far
passare i fascisti e poi si richiusero per caricare i manifestanti.
Scene che si vedranno a Valle Giulia, il 1° marzo 1968, dopo che la spedizione
squadristica guidata da Giorgio Almirante e Giulio Caradonna era stata respinta
dagli studenti. Poi a Bologna il 18 giugno 1969 (dove gli incidenti furono
scatenati dal Fuan, il Fronte universitario anticomunista nazionale,
organizzazione fiancheggiatrice del Movimento sociale italiano). Dopo, ancora a
Milano, durante i funerali dell'agente Antonio Annarumma, il 21 novembre 1969,
quando il leader del Movimento studentesco Mario Capanna corse il rischio
d'esser linciato. E poi cento altre volte ancora, per tutti gli anni Settanta.
Magari con qualche variante, come il 12 maggio 1977 quando, in uno scontro a
fuoco fra «autonomi» e polizia, fu uccisa Giorgiana Masi, una studentessa di 19
anni. Tra gli «autonomi» armati, ne venne fotografato uno che poi fu individuato
come agente di polizia.
Era una fase storica particolare, nella quale le forze dell'ordine, come per una
macabra par condicio, colpivano anche l’estrema destra. Accadde a Roma, in via
Acca Larentia, dove i carabinieri intervenuti dopo l’assassinio di due militanti
del Movimento sociale da parte delle Brigate rosse, aprirono il fuoco contro gli
stessi missini che protestavano, uccidendone uno.
Un fatto, come si diceva, accaduto in un momento storico particolare. Perchè di
rado l’estrema destra e le forze dell’ordine si sono scontrate. Il tema
ricorrente è stato, al contrario, quello dell’incontro. Una vicinanza che trova
le sue radici nella comune lotta contro comunisti le sinistre. Non
dimentichiamo il problema storico della continuità della polizia dei primi anni
della Repubblica con la polizia fascista.
Certo da una ventina d'anni la polizia è cambiata, sia per il livello culturale
degli agenti e dei funzionari, sia per la composizione sociale ed anche per le
simpatie politiche dei suoi componenti, oggi ben più distribuite fra i diversi
partiti. Sarebbe sbagliato non capirlo. Ma si non si può tacere il fatto che
determinati ordini, o più semplicemente, certi segnali del potere politico
trovino ancora terreno accogliente e possano andare a risvegliare antichi umori
che, anche se assopiti, non sono del tutto scomparsi. A volte basta
un’intervista, una dichiarazione appena accennata.
Aldo Giannuli l’Unità 1.11.08