Senza voce
l'agnostico tra Bertone e D'Alema
Vi era un attore muto e invisibile nel dibattito tra il cardinale
Segretario di Stato, Tarcisio Bertone,
l'onorevole Massimo D'Alema e il ministro Giulio Tremoni per la presentazione
del numero della
rivista "Aspenia", dedicato a "Religione e Politica". Lo spazio breve mi obbliga
a tratteggiare
schematicamente le posizioni emerse, concordanti, però, su una piattaforma
condivisa pur con
qualche apprezzabile distinguo: la crisi delle ideologie secolari, comunismo,
nazismo, fascismo, ed
anche, aggiunge Tremonti, illuminismo, socialismo democratico e mercatismo hanno
lasciato
l'uomo deprivato di senso e anelante a ritrovare la strada del credere e dello
sperare. Se per la
destra, come ha detto sempre Tremonti, «bastano tre parole: Dio, patria e
famiglia», non altrettanto
può dirsi per la sinistra laica.
Anzitutto, però, reputo un fraintendimento confondere sotto un'unica
denominazione le cosiddette
ideologie. Se per ideologia s'intende una costruzione filosofico-politica
tendente ad unificare, in
nome di una finalità globale, l'uomo, senza differenziare tra i suoi diritti
individuali e il suo agire
collettivo, così da assicurare, - ove occorra, con la violenza - comportamenti
assolutamente coerenti
tra loro, allora il comunismo, con la sua ambizione luciferina di erigere la
Gerusalemme terrestre, è
stata la sola ideologia realmente totalitaria e sostitutiva della religione. Né
le dittature di destra che
inveravano se stesse nel razzismo e nel nazionalismo espansionista, e neanche il
socialismo
democratico o il mercatismo della globalizzazione, hanno mai mirato a plasmare
in un tutto unico
l'individuo e il cittadino. Né tanto meno a costruire un universo perfetto,
senza contraddizioni. Se,
dunque, si parla di ritorno della religione per effetto della fine delle
ideologie, solo al comunismo ci
si può riferire.
Detto questo non ne consegue affatto che sia oggi un bene, per la società nel
suo complesso, (non
parlo del popolo dei credenti) abbandonarsi ad un altro finalismo. In
chiave celeste ma altrettanto
assoluto, tanto che quando ha potuto, la Chiesa, depositaria di quella missione,
è ricorsa, in nome
della Gerusalemme celeste, a roghi, inquisizioni, persecuzioni, divieti, guerre
di religione con
milioni di morti. Se ne uscì dopo Westfalia affermando il principio
della separazione fra Trono e
Altare, culminato nel secolo dei Lumi con la proclamazione dei diritti
dell'uomo, compresa la
libertà ed eguaglianza delle religioni. Come anche nella assunzione della
problematicità e del
dubbio, inscindibili da ogni umana ricerca, contrapposti alle certezze
aprioristiche dell'Assoluto,
ispirato dalla trascendenza delle religioni. Oggi in Occidente la Chiesa
non ricorre ai roghi ma la
sostanza del pensiero che esprime è sempre la stessa. Il cardinal
Bertone ha, appunto, affermato:
«Esiste un'etica laica non ispirata alla trascendenza... che rischia di
assomigliare a quel tale che
voleva uscire dalle sabbie mobili tirandosi per i capelli... non ispirandosi
alla trascendenza finisce per essere esposta alle fragilità
umane e al dubbio».
D'Alema, rispondendo, ha ricordato che «lo Stato laico moderno nasce dalla
considerazione che le
libertà e la cittadinanza non possono fondarsi sulla Verità... mentre esiste una
tentazione della
religione di esercitare un ruolo politico e di occupare la sfera dello Stato,
nella pretesa d'imporre la
Verità religiosa come fondamento della convivenza di tutti». Non posso che
essere d'accordo. Meno
d'accordo quando D'Alema considera «il ritorno alla fede un fatto
straordinariamente positivo...
Senza un forte ethos pubblico non ci salveremo ed è difficile pensare che un
tale ethos non si fondi
largamente sulla religione». Se si è convinti di ciò è difficile sfuggire
all'egemonia religiosa.
L'interlocutore muto, agnostico e ateo ma non anticlericale, avrebbe
detto: «Difendo ad oltranza la
libertà religiosa ed anche la presenza della Chiesa nella sfera pubblica per
determinare il
comportamento dei credenti. Non oltre. Gli eredi della tradizione illuministica
seguitano a pensare
che le religioni siano la più grande invenzione della fantasia umana di fronte
al mistero della vita.
Per scongiurare la paura della morte essa ha immaginato sotto tutte le
latitudini uno spazio che
trascende la realtà visibile da dove la divinità, tramite un messaggero, sia
Mosé o Maometto,
trasmette la sua Legge, affidandone l'applicazione al clero. Chi crede ha il
diritto di attenervisi ma la
società non può esservi sottoposta». Altri crinali sono scivolosi.
Mario Pirani
la Repubblica 6 ottobre 2008