Il segno di Craxi sugli anni ottanta
La discussione in corso sulla figura di Bettino Craxi sembra avere sullo sfondo
una rilettura non solo o non tanto di un leader quanto degli anni Ottanta: a
questo sembrano rinviare i ripetuti richiami alla "modernizzazione della
politica" di cui sarebbe stato fautore, o alla "modernizzazione della società",
che avrebbe trovato appunto in lui un interlocutore sensibile. Di questo
occorrerebbe allora discutere, se è vero – come a me sembra – che vi è un
solidissimo rapporto fra i processi avviati allora e l´Italia di oggi.
Già a un primo sguardo appare un po´ incongruo parlare di modernizzazione della
politica in relazione a un decennio che vide scendere per la prima volta in modo
significativo la partecipazione elettorale e l´adesione alla vita dei partiti. E
vide crescere invece in forme inedite il voto di protesta, fino a quell´avanzare
tumultuoso della Lega che segnerà il passaggio al decennio successivo e porrà
bene in evidenza – ben prima delle indagini di Mani Pulite – la profondissima
crisi del nostro sistema politico. È un aspetto connesso anche a quel
salto di qualità nella corruzione pubblica, a quell´affermarsi sistematico di
essa che le tangenti petrolifere avevano iniziato a portare in luce nel 1974 e
che puntuali denunce giornalistiche documentarono poi anno dopo anno.
Inascoltate, allora, ma confermate ad abundantiam nei primi anni Novanta
dalle testimonianze di dirigenti e amministratori dei principali partiti.
Anche
soffermandosi su altri aspetti di quel decennio è difficile trovare segni di
modernizzazione delle istituzioni, a partire da quella "grande riforma" che
rimase involucro vuoto, oggetto di proclami ma non di tentativi concreti di
attuazione: il modo più sicuro per screditare un´idea e un progetto.
Si consideri inoltre la politica economica. Nonostante il positivo trend
internazionale il debito pubblico crebbe a dismisura, con pesantissime ipoteche
sul futuro: fra il 1979 e il 1988 il debito passò infatti dal 57% del prodotto
interno lordo al 93%, aumentando ulteriormente negli anni immediatamente
successivi. La degenerazione del rapporto fra politica ed economia, nello
sfacelo già largamente avviato dell´industria di stato, ebbe poi il suo simbolo
nella vicenda che vide protagonisti Eni e Montedison, con il tragico epilogo dei
suicidi di Gabriele Cagliari e di Raul Gardini.
Si consideri anche l´iniziativa specifica di Craxi come segretario di partito,
chiamato a dirigerlo nel momento più difficile: all´indomani delle elezioni del
1976, che avevano visto il Pci celebrare il suo trionfo e il Psi scendere ai
suoi minimi storici. Parve davvero promettente il primo delinearsi
dell´ispirazione riformista e antitotalitaria del nuovo leader, con il forte
rilancio socialista sul terreno delle idee: dalla riscoperta di Proudhon alla
felice stagione della rivista di partito, Mondo Operaio. Quella stagione terminò
presto, e Craxi ripropose invece la tradizionale conventio ad excludendum
nei confronti del Pci, ratificata subito dalla Dc con un secco "preambolo".
Ebbero inizio così gli anni del "pentapartito", asse e prigione istituzionale
degli anni Ottanta: una coalizione che si segnalò per la forte rissosità interna
(con buona pace della "governabilità" e del "decisionismo"), non certo per il
suo alto profilo. "Partiti sempre più uguali" – scriveva con amarezza
Pietro Scoppola – si contendono il consenso degli elettori con una forte
crescita del "voto di scambio, con un ulteriore incentivo alla corruzione
politica e all´uso del potere ai fini della conquista del consenso". In
buona sostanza, alla competizione ideale e strategica con il Pci si sostituì la
spinta ad affiancare la Dc nell’occupazione dei gangli di potere, e su questo
terreno i vistosi risultati ottenuti dal Psi segnarono il suo apparente successo
ma al tempo stesso l´inizio di quella "mutazione genetica" che ne
determinerà il tracollo.
Nell´azione politica di quegli anni, e di quei governi, non mancarono risultati
positivi. Il trend economico favorevole permise almeno la riduzione
dell´inflazione (che rimase comunque più alta che in altri paesi), ed era
sicuramente necessario il taglio della scala mobile dei lavoratori dipendenti,
resa abnorme dalla "riforma" del 1975. L´intervento sulla scala mobile non fu
però accompagnato dal rigore fiscale nei confronti del lavoro autonomo e dei
"ceti emergenti", con conseguenze di lungo periodo. Le responsabilità non furono
certo del solo Craxi, e non mancarono neppure quelle di un declinante Pci.
Un Pci sempre meno "diverso" ma ancora rinchiuso nei propri schemi, incapace
di comprendere sia le trasformazioni in corso sia la natura della crisi che
stava per travolgere la "repubblica dei partiti".
È questa crisi che viene rimossa in molte riletture recenti, assieme ad alcuni
processi non secondari che attraversarono la società italiana di quegli anni.
Sono illuminanti le analisi di allora del Censis, cioè dell´Istituto che parve a
lungo l´apologeta dei nuovi ceti e delle nuove vitalità sociali. Ben presto nei
suoi rapporti annuali l´entusiasmo inizia a scemare e si avverte invece la
preoccupazione per «crescenti fenomeni di "società incivile»", per
l´"annerimento nel profondo della nostra dimensione collettiva". È colta con
lucidità, anche, la relazione fra l´affermarsi di culture intrise di egoismi
sociali, da un lato, e dall´altro la "ossidazione e corrosione delle
istituzioni" e le sempre più diffuse tendenze della politica ad "usare il
pubblico come strumento di interessi privati". Le conclusioni del Censis hanno
il sapore dell´epitaffio: "Una società che si sente non governata (…)
finisce per esprimere al proprio interno una specie di dislocazione selvaggia,
particolaristica e furbastra dei poteri e delle decisioni (…) in cui tutto c´è
tranne moralità collettiva, coscienza civile, senso delle istituzioni, rispetto
delle regole del gioco statuale".
Molta parte della successiva storia d´Italia è inscritta in queste brevi righe,
e su di esse sarebbe bene riflettere ancora oggi. Sempre pensando all´oggi, non
stupisce che si pensi di indicare ai cittadini come esempio, dedicandogli una
via o un parco, un leader politico che si è sottratto alla magistratura e alle
istituzioni di un Paese che aveva governato. Una via o un parco nella
città che più di altre vide quell´affermarsi della corruzione pubblica come
sistema di cui Bettino Craxi non fu solo un marginale e quasi incolpevole
comprimario.
Guido Crainz Repubblica 3.1.10