Se sono i politici a decidere le nozze che s’hanno da fare

 

 

«Una legge che porterà dolore». Si sta avverando la facile profezia di monsignor Agostino

Marchetto, segretario del Pontificio consiglio per i migranti. L’onda della legge Maroni sulla

sicurezza (che prevede il reato d’immigrazione clandestina) è arrivata a travolgere anche i

matrimoni tra stranieri e i matrimoni misti (le nozze celebrate tra italiani e stranieri), quando lo

straniero sia irregolarmente soggiornante. Ironia della sorte, entrata in vigore la legge, è toccato a

Verona, la città di Giulietta e Romeo e dell’amore eterno, aprire le danze.

Molte agenzie e giornali hanno sposato la tesi diffusa dal ministero degli Interni, e cioè che

finalmente si metteva fine alla piaga dei matrimoni combinati al solo scopo di ottenere un permesso

di soggiorno e la cittadinanza, dietro cui spesso si cela un vero e proprio racket. In soccorso di

questa tesi, ecco le stime offerte dall’Associazione matrimonialisti italiani, che hanno quantificato i

matrimoni di convenienza in 30 mila in 10 anni e parlato di tribunali intasati da pratiche di

separazione e divorzio.

È molto difficile individuare i matrimoni combinati, come dimostra una recente comunicazione

della Commissione europea al Consiglio d’Europa e al Parlamento di Strasburgo, contenente una

lista lunghissima di condizioni che devono essere soddisfatte per parlare di nozze di convenienza.

Ma diamola pure per buona, la cifra, anzi aumentiamola e diciamo che il 50 per cento dei matrimoni

misti sono truffaldini. Ma per quale ragione dobbiamo proibire l’altro 50 per cento e gettare il

bambino con l’acqua sporca? Eppure è quanto ha fatto questa legge, che modificando il Codice

civile stabilisce che chi è presente sul suolo italiano in condizioni d’irregolarità non si sposa. Anche

lo straniero che vuole sposarsi con una cittadina italiana deve dimostrare la regolarità del proprio

soggiorno.

Una proposta di legge simile, in Francia, è stata bocciata dal Tribunale costituzionale. Invece a

Verona e in Italia le nozze non s’hanno da fare. Con buona pace di quelle centinaia di migliaia di

stranieri clandestini, badanti comprese, che non hanno il diritto d’innamorarsi, amarsi e creare una

famiglia fondata sul matrimonio e protetta giuridicamente. In spregio a un diritto fondamentale

della persona, sancito dalla Costituzione (agli articoli 29 e 30), dalle leggi dell’Unione, dalla

Convenzione europea dei diritti dell’uomo, dal quel diritto naturale e universale che muove il

mondo e che è alla base del Vangelo: l’amore.

Entrata in vigore la legge che sancisce il reato di clandestinità, l’escalation sembra non avere

fine. Sfruttando la leadership appannata del premier, con una classe politica acquiescente, i leghisti

sembrano insaziabili. Dimenticando i veri problemi del Paese, le proposte bislacche si susseguono

al ritmo di una al giorno, dai presidi e professori autoctoni al dialetto a scuola (ideale per formare

cittadini europei), alle gabbie salariali, ai giudici eletti dal popolo fino ai sottotitoli in dialetto delle

fiction e al cambio dell’inno nazionale.

Quanto alla legge sulla sicurezza, che per le nozze miste sembra scritta da don Rodrigo (ma

chiedere a un politico leghista di leggere I promessi sposi del "gran lombardo" Alessandro Manzoni

è chiedere troppo), essa sarà probabilmente spazzata via da una sentenza della Consulta non appena

qualcuno la impugnerà. Nel frattempo, la Lega avrà già conquistato le poltrone di governatore nelle

Regioni del Nord alle amministrative.

Che importa se si sarà rivelata un’inutile grida? Al massimo qualche centinaio di migliaia di extracomunitari

avranno dovuto rinunciare al loro sogno di sposarsi e metter su famiglia.

        Famiglia cristiana  n. 34 del 23 agosto 2009