Se Sciascia diventa un «laico pentito»

Salta fuori un memoriale inedito su Leonardo Sciascia. È del 2004, lo ha scritto Alfonso Puma,
parroco di Racalmuto morto l’anno scorso, «amico d’infanzia» dello scrittore. È composto da una
ventina di cartelle e narra piccoli aneddoti raccolti da questo semplice prete di campagna che
«Nanà» (così era chiamato dagli amici Sciascia) frequentava volentieri, ma l’Avvenire del 7 aprile
lo lancia a tutta pagina per raccontare il «lato cristiano » dell’autore di Todo modo.
Dunque i Vangeli che leggeva «nelle edizioni Paoline» lo «caricavano come un orologio» (!),
conosceva bene scrittori cattolici come Manzoni, Pascal, Claudel e Guitton. «Ebbe a dire che non
era un anticlericale, ma che desiderava vedere i preti- preti nel senso genuino», cioè anime semplici
che seguissero l’insegnamento originario di Cristo espresso nel «Discorso della Montagna». «Un
mese prima della sua morte al palazzo vescovile di Agrigento» fece visita al vescovo Carmelo
Ferraro e «in quella circostanza riferiva», in presenza del parroco, a Sua Eminenza «la propria
amarezza perché i suoi scritti non avevano raggiunto lo scopo prefissato: la lotta contro il
malcostume e la mafia».
Dov’è la notizia? Che Sciascia fosse lettore attento di Pascal e soprattutto di Manzoni è noto, che
dicesse di prediligere preti dall’anima semplice è ovvio. Che si rammaricasse di non aver sconfitto
la mafia e il malcostume con i libri è inverosimile: è probabile che il parroco di Racalmuto non sia
stato attento. Sciascia era uno scrittore troppo umile per credere di poter trasformare un libro in arma.
Dunque la notizia non c’è. C’è solo il solito tentativo goffo dei cattolici di assoldare anche
Sciascia tra i laici pentiti: un brutto vizio.

Giorgio De Rienzo     Corriere della Sera 11 aprile 2009