Se la storia mette
a disagio
Marco Politi ha scritto mercoledì sulle difficoltà della Chiesa a confrontarsi
con l'analisi storico-
critica delle Scritture. Ieri il quotidiano dei vescovi Avvenire lo ha attaccato
ricordando perfino la
sua permanenza a Mosca. Politi è così attento al fenomeno religioso da aver
scritto un libro sul
Ritorno di Dio in Italia; quanto ai "massacri di cristiani" in Russia non ne
poteva scrivere perché
Gorbaciov non ne ha mai commessi.
Il pezzo dell'Avvenire titola: «Cacciare il divino dalla Bibbia assolutizzando
la storia è la nuova
tentazione dell'ideologia anticristiana». Nell'articolo vengono trattati da
"storici" tra virgolette
nonché da miei complici, sia Mauro Pesce coautore con il sottoscritto di
Inchiesta su Gesù, sia
Remo Cacitti che ha avuto uguale ruolo nel recentissimo Inchiesta sul
Cristianesimo. Pesce e
Cacitti insegnano storia del cristianesimo in due delle più prestigiose
università (Bologna e Milano),
la loro attività è talmente inappuntabile che nessuna "stroncatura" ha potuto
rimproverare alcunché
nel merito. Le obiezioni hanno riguardato il metodo, cioè aver considerato la
vicenda umana di
Gesù o il cammino del primo cristianesimo solo alla luce della storia,
prescindendo dalla teologia.
Questa la colpa (il peccato?): aver fatto i due storici il loro lavoro di
storici. Quei rimproveri, quelle
virgolette derisorie, sono o no segno di paura? Vogliamo dire disagio? Diciamo
disagio. Di fronte a
che? Al fatto incontestabile (infatti non contestato) che esaminate con il
criterio della scienza le
Scritture rivelano contraddizioni e manipolazioni. Il che nulla toglie alla
fede, sia chiaro, la colloca
solo dove deve stare, nel cuore di chi la condivide. La verità è che in
un'epoca di secolarizzazione la
Chiesa s'affanna a confermare l'esclusiva, il monopolio, sull'interpretazione
dei testi, nonostante
dalla fine del Settecento non sia più così.
Corrado Augias la Repubblica
24 ottobre 2008