Se la Chiesa ha paura di Alemanno
Il Cardinale Josè Saraiva Martins ha rilasciato una dichiarazione alla stampa nella quale avverte «i
nuovi amministratori di Roma che cacciare i poveri non è la via giusta da seguire, che i Rom e gli
immigrati vanno protetti e non perseguitati, che la Chiesa è sempre vicina a chi ha bisogno, agli
ultimi ed ai più deboli». E poi nega che a Roma ci sia un'emergenza sicurezza: «A Roma - dice -
succede né più né meno quello che succede nelle grandi metropoli, per cui è giusto dare serenità ai
cittadini, ma non vedo emergenze».
Josè Saraiva Martins è un anziano signore portoghese, che ha vissuto la sua infanzia nel Portogallo
fascista del dittatore Salazar, che da giovane si è trasferito a Roma, che ha dedicato molta parte
della sua intelligenza e del suo lavoro agli studi di teologia e ora è il responsabile della
«Congregazione Vaticana per le Cause dei santi». Come capite non è un comunista, e neppure un
pretaccio di strada. Martins è una espressione dell'establishment del Vaticano.
In quest'ultimo anno a noi di sinistra è sembrato di precipitare in un mondo impazzito, dove il
buonsenso è perduto e dove chiunque - in ogni angolo degli schieramenti politici e intellettuali, dei
giornali e delle Tv - proclama che il "Giusto" coincide con gli interessi dei «garantiti», degli italiani,
dei ceti medi o dei ceti abbienti, e dove la dichiarazione dei diritti universali della persona è
considerata cascame di vecchie culture estremiste, anarchiche e dogmatiche. Da destra a sinistra, da
An al Pd, da Repubblica al Corriere, tutti hanno montato la campagna sulla tolleranza zero. Sulla
necessità di ripulire la città dai Rom scampati all'eccidio nazista.
La cosa che più ci preoccupa della vittoria di Alemanno, è che quella campagna dilaghi, diventi
persecuzione.
Per questo, leggendo le dichiarazioni di Martins (sostenute anche da un editoriale dell'Osservatore
Romano e da altre dichiarazioni di mons. Nozza, direttore della Caritas italiana ) abbiamo
finalmente sorriso. Forse non saremo solissimi nella battaglia per la civiltà.
E tuttavia, le inaspettate affermazioni di Martins ci hanno anche fatto venire in mente tre domande.
Prima: quanto è cambiata, sul piano dell'impegno sociale, la Chiesa di Ratzinger rispetto a quella di
Wojtyla? Seconda: se fosse ancora vivo Wojtyla, sarebbe stata possibile questa martellante
campagna anti-rom e anti immigrati, aperta sei mesi fa dalla giunta Veltroni e che ha portato al
trionfo di Alemanno e al feroce incattivirsi di questa città? Terza domanda: il disimpegno della
Chiesa sui temi sociali, l'ortodossismo dottrinale di Ratzinger, la picconate scagliate contro la
costruzione del Concilio di Giovanni XXIII e di Paolo VI, non sono tra le cause principali di questo
gelido vento di destra che sta spazzando il paese?
Piero Sansonetti Liberazione 1 maggio 2008