Se i rom sono il
nuovo nemico
La comunità europea aveva già sanzionato l'Italia come il paese meno accogliente
per i Rom: il
nuovo governo ha ora deciso una soluzione radicale. Razzista. E noi? Noi
cittadini abbiamo niente
da dire su questa democrazia che diventa, nei confronti dei più poveri, stato di
polizia? Dov'è il
popolo che due anni fa accorse a votare un referendum per difendere la nostra
Costituzione così
fortemente impostata sui diritti umani? Dov'è il presidente della Repubblica,
galantuomo come
pochi altri? Dov'è l'opposizione? Dov'è il governo-ombra? Non vedo una marea
di indignazione
levarsi contro la criminalizzazione di un popolo che è marcato dai segni più
evidenti di un'estrema
povertà ma la cui pericolosità sociale è enormemente minore di quella dipinta
dai politici della
destra. La Caritas, l'unica vera «esperta di umanità» nel settore, definisce
«pesantemente
fuorviante» il ritratto dei Rom disegnato dai mass-media.
La politica «della paura», che ha avuto un peso tanto grande sui risultati
elettorali, sventola
statistiche false. L'Italia è il paese più sicuro della Francia, della Gran
Bretagna, degli Stati Uniti.
Quanto ai Rom, se la ragazzina che ha tentato di rapire una neonata, a
Ponticelli, voleva davvero
compiere un reato così nefando, si tratta di un caso isolato. Vi sono stati
altri episodi del genere ma
si sono sempre rivelati equivoci, dilatati dalla paura della gente e dai pesanti
pregiudizi di cui siamo
portatori. Può darsi che la storia abbia decretato la fine dei popoli nomadi.
Dai pastori somali a
quelli mongoli, dai tuareg agli aborigeni australiani, l'evoluzione culturale e
il rimodellamento della
Terra (quello fisico e quello politico) sembrano imporre una definitiva
stanzialità. Del resto, siamo
tutti discendenti da antenati nomadi perché il nomadismo è stato una tappa
fondamentale della
vicenda umana. Ma se davvero è finito il tempo di genti sospinte a un cammino
ininterrotto dalla
necessità e da un'inesauribile voglia di libertà, allora, almeno, esse hanno il
diritto di attendersi
l'aiuto di una società dominante che ha già compiuto da secoli un trapasso di
civiltà. E invece è
proprio quello che non vogliamo consentire ai Rom: la stanzialità,
l'integrazione. Delle immagini
(troppo rare e prudenti) che la televisione ci ammannisce, quelle che colpiscono
maggiormente,
oltre alle facce piangenti dei bambini, sono quelle del lavandino montato nella
baracca demolita, del
libro o del quaderno rimasto nel fango; e, dei discorsi della gente, accanto
alle parole di odio, la
tristezza di qualche insegnante che cerca dove sono finiti i «suoi» alunni. Mi è
capitato di entrare
qualche volta nel carcere minorile di Casal del Marmo, a Roma, e di vedere (non
dico conoscere!)
giovani Rom attentissimi a imparare un mestiere. Il carcere come unico
apprendistato? Falsità è la
leggerezza con cui si confondono Rom e romeni (anche questi ultimi, del resto,
oggetti di una
pesante disinformazione); falsità è la diversa gravità attribuita a fatti di
cronaca. Per esempio: tutti
ricordano, giustamente, la povera ragazza romana che, durante un litigio con una
prostituta romena,
è morta perché il puntale dell'ombrello della contendente è penetrato in un suo
occhio, ma chi
ricorda che pochi mesi più tardi una ragazza romena è stata spinta da una
squilibrata sotto il
convoglio della metropolitana, a Roma, e da otto mesi è in coma profondo? La
storia non sarà più
«maestra di vita» come sentenziano in molti, ma certi ricordi sono davvero
inquietanti. Leggo che
alcuni commercianti del rione Ponte Milvio, a Roma, hanno fondato
un'associazione che finanzierà
un gruppo di ex poliziotti addetti alla sorveglianza del rione. Lo fecero (e lo
fanno) anche molti
commercianti di Rio de Janeiro e di Sâo Paulo. Da queste polizie mercenarie,
incaricate di «ripulire
le strade» e «dare una lezione» ai piccoli criminali, sono nati un po' alla
volta , gli «squadroni della
morte». Garantivano rapidità operativa e certezza della pena. Il fatto è che
vogliamo vivere
tranquillamente, a qualunque costo. La vignetta di Altan su «Repubblica», mostra
un bravo
borghese, ben vestito e ben nutrito, che dice: «Basta con le mezze misure.
Occorre il boia di
quartiere». Anche i poeti vedono lontano. Scriveva Davide Turoldo quindici
anni fa: «Ho paura del
nazismo dietro le porte. Ho paura di questi nazionalismi, di questi rigurgiti di
politiche negative. Ho
sempre combattuto contro tutto questo. L'ho scontato con guerre che sembravano
non terminare
mai. Ho paura della volgarità di questa classe dirigente». Il direttore di
Radio Padania, uno degli
organi del nuovo governo, ha detto che è più facile derattizzare una zona che
liberarsi dai Rom.
Ettore Masina L'Adige
22 maggio 2008
Giornalista, già deputato dal 1983 al 1992, è il fondatore, con Paul
Gauthier, della
«Rete Radié Resch» di solidarietà internazionale