Se a scuola ci fosse l'ora pagana

A leggerne sulle cronache, non pare che l’ora di islamismo depurato sia prossima sul quadrante
della scuola italiana.
La lentezza dell’Italia ufficiale è Oriente, il suo tempo non conosce orario, tra la frenesia
informatico-telematica s’intravvede il beduino che guarda le capre, la mula di mastro Don
Gesualdo, la guerra di Troia... Basta pensare ai processi civili: passano generazioni... Però neppure
l’Islam ha fretta. L’idea di convertire l’Europa cristiana in dissolvimento religioso, dopo le mura di
Vienna e le lance di Poitiers, e il lungo sonno prima di Lawrence e l’apparizione come dal nulla di
Israele, è sogno islamico, certamente.
Ma forse nella diaspora delle moschee vecchie e nuove si pensa di arrivarci (Ramadan
puntualmente osservato da almeno metà delle famiglie italiane oggi tiepidamente cattoliche) non
prima del 2101.
Quel che sarà - sarà.

La prospettiva più vicina impone due verità: a) l’Islam non è assimilabile né modificabile. Quel che
è avvenuto nel tremendo dogmatismo cristiano medievale rotto dalla Riforma e inoltre dopo tre
secoli di miracolosa filologia critica biblica incessante non ha neppure sfiorato la grande Muraglia
coranica, e adesso abbiamo anche il confronto radicale con una guerra santa senza frontiere. b) il
moltiplicarsi delle moschee non è segno di integrazione né di estensione della libertà di coscienza
(che subordina tutti i dogmi alla legge di ogni vera Repubblica) ma di occupazione, che per noi è
politica e data per concessione, per loro si tratta invece di spazi e spazietti urbani assunti dalla fede
coranica e sottratti legalmente, in senso religioso illimitato, alla sovranità della maggioranza non
mussulmana.
Islam non è buddismo né chiesa evangelica o altro. Islam è Islam. E’ sciocchino chiedergli di essere
diverso. All’Opus Dei puoi chiedergli di essere liberale? Bene. A ciascuno il suo.
L’ora scolastica cattolica brucia un tempo dello Stato uguale per tutte le religioni (che in Italia sono,
grandi e piccole, circa settecento); l’ora scolastica islamica azzererebbe (o renderebbe relativa) la
sovranità statale assoluta su tanti frammentini di territorio pubblico quante sono le aule destinate a
ospitarla. Nell’idea coranica di comunità religiosa - se non erro -, la umma, il popolo dei credenti,
come ogni asfalto o tappeto di preghiera, a maggior ragione ogni aula dove s’impartiscano a un
pezzetto di umma lezioni di Libro Sacro (il Kitàb) diventerebbe dar-al-islam, Casa di Islam
(tradotto solitamente terra d’Islam, ma nel fondo rimane sempre il senso primario di casa propria,
porzione, porziuncola del popolo credente).
Esaminandola in base al diritto religioso islamico la faccenda potrà, credo, essere chiarita meglio, e
suggerisco di consultarlo prima di compiere passi incauti per incantamento dell’inafferrabile
fantasma dell’integrazione per tutti e concessa a tutti.

Se l’ora fosse, utopisticamente, catto-mussulmana e addirittura maschile-femminile, la lezione di
tolleranza sarebbe esemplare; ma dubito che la Chiesa e gli imam, giubilanti, la riceverebbero dal
nostro Stato come una grazia.

La bio-diversità religiosa è una realtà umana come tutto ciò che è vivente, e ne va tenuto conto.
L’esistenza delle balene (non esclusa Moby Dick) importa ai condominii della Bovisa o di
Mirafiori, dei Parioli o di Firenze, ma per applicare alle religioni questa grande e povera verità non
si può dare filosoficamente il mondo alle concezioni monoteiste: ci vuole una filosofia naturale, un
pensiero dai monoteismi rigettato e perseguitato.

Un’ora scolastica e extrascolare diversa, allora? Di paganesimo puro e rigoroso? Di pitagorismo? Di
stoicismo? Con letture virgiliane? Il sesto dell’Eneide come iniziazione ai regni per dove passerà
Dante il cristiano? Dante frater templarius, amico di ebrei e di mussulmani, e grande condor in volo
al di sopra di tutti?
Sarebbe una bella finestra, da cui potrebbero apparirci, forse, le luci remote dell’Amore infinito.

Guido Ceronetti     La Stampa  23 ottobre 2009