Il ritorno a Costantinopoli
Il papa
ha tenuto duro e oggi è in volo per la Turchia. Nonostante le contestazioni, mai
forti come questa volta nei confronti di un viaggio pontificio e quindi della
chiesa cattolica. Anche se ieri in piazza a Istanbul i contestatori non
raggiungevano il milione, erano comunque una gran folla, ampliata e moltiplicata
dai media di tutto il mondo.
Un contenzioso dalle grandi radici storiche, che
vicende recenti hanno contribuito a sottolineare. Le radici sono evidenti: una
terra nella quale il cristianesimo aveva vissuto i primi passi trionfali per
secoli e dove poi era stato praticamente annientato dall'islam. La terra delle
origini - basti pensare ai destinatari delle lettere di Paolo - ma anche della
sconfitta. Una storia sconvolgente. Oggi il papa di Roma va a rendere omaggio ai
vincitori, mentre i suoi fedeli non sono che qualche migliaio. Pochi di più i
cristiani di altre chiese.
Oggi il papa sembra quasi a chiedere scusa per le
crociate riconoscendone il fallimento. Uno sconvolgimento storico al quale si
sono aggiunte sottolineature recenti, come l'ormai famoso discorso pontificio di
Ratisbona. Al di là delle intenzioni di Ratzinger, il mondo islamico - quasi
tutto - ha letto nelle parole del papa una offesa alla memoria di Maometto e ha
reagito di conseguenza. Roma ha moltiplicato le spiegazioni - non le scuse - ma
la distanza è rimasta: il viaggio di oggi dovrebbe giovare a diminuirla.
Nonostante, dunque, sia Ratisbona che Alì Agca, il turco che aveva sparato al
papa.
Anche perché in questi giorni in Turchia il papa
apparirà come rappresentante e paladino più dell'Occidente e dell'Europa che del
Vangelo. Di questo si parlerà poco, mentre si cercherà in tutti i modi di
avvicinare i confini , le frontiere. Anche i confini fra Istanbul e Mosca: il
patriarcato che Benedetto va a visitare conta ormai ben poco nei confronti di
quello di Mosca enormemente più ricco di fedeli. Ma soprattutto si tratterà di
avvicinare la Turchia all'Europa e quindi anche a tutto l'Occidente. Dietro al
papa di Roma sono ben presenti l'Europa e anche gli Stati Uniti. Questo il
significato sempre più politico della stretta di mano con l'islam. Una stretta
di mano che dovrebbe anche giovare all'islam «moderato» e quindi alla pace del
mondo.
Difficile prevedere se sarà veramente così. Se, in
altri termini, il mondo islamico accetterà questa rappresentanza che il papa
assume: rappresentanza non tanto e non soltanto del cattolicesimo ma anche
dell'Europa e insieme dell'occidente. E forse anche della democrazia. Proprio di
quella democrazia che la Turchia ha offeso con le persecuzioni del secolo scorso
e che anche oggi stenta ad accettare in pieno. Non poche voci nel nostro
occidente hanno chiesto, infatti, che il papa se ne faccia interprete esplicito,
non limitandosi agli abbracci di rito. Vedremo.
Quello che è certo è che questo viaggio pontificio
si differenzia dagli altri. Non tanto un annuncio quanto una correzione. E
anche, implicitamente, un riconoscimento. In negativo, il riconoscimento di una
sconfitta storica; in positivo il riconoscimento della vittoria dell'islam. E'
vero che l'avanzata dell'islam in Europa era stata fermata secoli fa in Francia,
ma in Africa e in Asia l'islam ha continuato a camminare e oggi trionfa, con la
Turchia - già baluardo della Nato verso Oriente - come avamposto dell'islam
verso l'Europa. Fra i cristiani delle varie denominazioni unite insieme e i
musulmani i numeri oggi più o meno si equivalgono. Non lo avrebbe certamente
immaginato Goffredo di Buglione conquistando Gerusalemme.
Una situazione che oggi influisce pesantemente su
tutti i problemi e i conflitti del mondo, a cominciare da quelli più sanguinosi,
come in Afghanistan e soprattutto in Medio Oriente. Speriamo che le difficili
giornate del papa in Turchia, al di là delle formalità di rito, servano a quella
pace nel mondo che fino ad oggi le varie religioni sono riuscite ben poco a
favorire.
Filippo Gentiloni il manifesto 28/11/2006