Ricorderai!
La celeberrima epigrafe che Primo Levi pose in apertura della sua opera più famosa Se questo è un
uomo recita così: Voi che vivete sicuri / Nelle vostre tiepide case, / voi che trovate tornando a sera /
il cibo caldo e visi amici: / considerate se questo è un uomo / che lavora nel fango / che non conosce
pace / che lotta per un pezzo di pane / che muore per un sì o per un no. / Considerate se questa è una
donna, / senza capelli e senza nome / senza più forza di ricordare / vuoti gli occhi e freddo il
grembo / come una rana d’inverno. / Meditate che questo è stato. / Vi comando queste parole: /
scolpitele nel vostro cuore / stando in casa andando per via, / coricandovi alzandovi; / ripetetele ai
vostri figli / o vi si sfaccia la casa, / la malattia vi impedisca, / i vostri nati torcano il viso da voi.
Ieri, di ritorno dalla manifestazione per il 25 aprile, "giorno della Liberazione" e dopo avere
ascoltato in televisione le parole inequivocabili del nostro presidente Giorgio Napolitano, mi sono
persuaso che il vibrante monito e il terribile anatema contenuti nell’epigrafe di Primo Levi non
siano da riferire in modo "ristretto" all’inferno del lager, ma si debbano estendere a tutta la violenza
messa in campo dalla barbarie nazifascista nel tempo della sua esistenza criminale, omicida e
genocida. Sono più che mai convinto che l’anatema sia rivolto anche contro coloro che non
compiranno il dovere di ricordare e che vogliono far calare l’oblio o, peggio ancora, la calunnia
contro la lotta antifascista che si chiama Resistenza. Le operazioni revisioniste miranti a graduare e
ad attenuare la natura brutale e violenta in sé del fascismo per separare l’episodio ingiustificabile
delle leggi razziali dal resto degli spaventosi crimini fascisti, rientrano nella fattispecie
dell’avvelenamento dei pozzi della memoria. Chi coltiva e diffonde la profonda consapevolezza
che, nell’Europa odierna, democrazia ed antifascismo siano consustanziali ed appartengano a tutti
gli europei democratici a prescindere dalla loro collocazione politica, devono chiedere con fermezza
che chi rifiuta il valore della lotta partigiana di liberazione dal nazifascismo, chi non riconosce la
differenza fra "i morti per odio e i morti per amore" - per dirla con le parole del grande sacerdote
cattolico e partigiano David Maria Turoldo -, si astenga dal celebrare il Giorno della Memoria,
perché la sua presenza arrecherebbe un’offesa inaccettabile alle vittime e ai loro cari. Oggi, alla
manifestazione del 25 aprile, fra le varie bandiere rosse e multicolori dell’Anpi, degli ex deportati,
di Giustizia e Libertà, del Pd, dei sindacati laici e cattolici, della sinistra oggi extra-parlamentare,
sventolavano anche le bandiere bianche con le strisce azzurre e la stella di Davide che è l’attuale
bandiera dello Stato d’Israele ma che alla manifestazione di ieri rappresentavano la jewish brigade,
la brigata ebraica di Sua Maestà britannica che combattè in Italia contro i nazifascisti. È bene che
tutti ricordino che Israele nacque come nazione moderna in conseguenza della vittoria sul
nazifascismo e della liberazione. Le comunità ebraiche imparino dunque a diffidare dei consensi
alla politica dell’attuale governo israeliano da parte di coloro che sputano sulla memoria della
Resistenza perché quei consensi sono falsi e ipocriti. Noi siamo chiamati al dovere sacrale di
ricordare la Shoà, ma lo stesso sacrale dovere ci chiama a ricordare lo sterminio di rom e sinti, di
menomati, omosessuali, deportati politici, testimoni di Jehovah, di tutte le vittime degli stermini
nazifascisti e dei caduti della Resistenza. Tramandiamo ai nostri figli, nipoti e pronipoti le
memorabili parole di Piero Calamandrei, partigiano e padre della Costituzione perché le imparino a
memoria e siano pronti a ripeterle in ogni circostanza in cui venga messa in pericolo la nostra
libertà: Lo avrai camerata Kesserling il monumento che pretendi da noi italiani / ma con che pietra
si costruirà / a deciderlo tocca a noi. / Non coi sassi affumicati dei borghi inermi straziati dal tuo
sterminio / non colla terra dei cimiteri / dove i nostri compagni giovinetti riposano in serenità / non
colla neve inviolato delle montagne / che per due inverni ti sfidarono / non colla primavera di
queste valli / che ti vide fuggire / ma soltanto col silenzio dei torturati / più duro d’ogni macigno /
soltanto con la roccia di questo patto / giurato fra uomini liberi / che volontari si adunarono / per
dignità non per odio / decisi a riscattare / la vergogna e il terrore del mondo. / Su queste strade se
vorrai tornare / ai nostri posti ci ritroverai / morti e vivi collo stesso impegno / popolo serrato
Moni Ovadia l'Unità 26 aprile 2008