IL REGNO DEI PRETI

 

“Odio il regno dei borghesi, il regno dei poliziotti e dei preti. Ma odio di più chi come me non lo odia con tutte le sue forze». Così scriveva nel 1931 il poeta france­se Paul Eluard. Si sentirebbe davvero molto solo nell'Italia di oggi Eluard, soprattutto nei giornali che servili corteggiano i borghesi, sommessi obbediscono ai poliziotti, e untuosi s'inchinano al cospetto dei prelati. Non c'è telegiornale «laico» da cui non imperversi il cardinale di turno. Non c'è elezione in cui la Curia non ponga condizioni per concedere il suo appoggio. Non c'è politico di sinistra che non si riscopra una fede forse ben nascosta per decenni, ma pur sempre ardente come brace sotto la cenere (Piero Fassino e Fausto Bertinotti docent).

Mangiapreti di ieri come l'ex radicale Francesco Rutelli sono diventati «ra­nocchie d'acquasantiera», secondo l'espressione francese. Fini letterati che cantarono la Finis Austriae, dell'impero asburgico sembrano rimpian­gere anche la cultura tridentina, come Cluadio Magris che sul Corriere definisce Benedetto XVI «molto meno conservatore di quanto si creda», forse perché Ratzinger è intellettuale mitteleuropeo.

Ma il culmine ineguagliato dell'ossequiosità al Vaticano lo si coglie nel variegato fronte contrario ai Pacs, che brandisce lo «scandalo» delle coppie omosessuali per negare status legale e legittimo a tutte le unioni di fatto, an­che quelle eterosessuali. Come spesso gli è capitato nel corso della storia, il Vaticano combatte un'altra battaglia di retroguardia, e già persa. Basta con­tare i bambini nati fuori dal matrimo­nio nei paesi cattolici d'Europa. Escludiamo pure la Francia giacobina, in cui i bimbi nati da mamme non sposate sono il 48% del totale. Ma nella cattolicissima Polonia sono il 37%; nell'ultra clericale Irlanda  il 32 %; nel Portogallo del miracolo di Fatima il 18,4%. E in Italia sono il 14%, cioè un bambino su sei.

 E, per quanto inattendibili e sottostimati siano i dati dell'Istat (in tutti gli altri paesi la percentuale di convi­venze di fatto è pari a quella dei bambini nati fuori dal matrimonio, solo in Italia è misteriosamente meno della metà), essi indicano pur sempre che negli ultimi 10 anni tali unioni sono tri­plicate.

Quel che queste nude cifre dicono con inoppugnabile chiarezza è che or­mai la Curia non ha più contatto con il diffuso sentire dei cattolici europei. È sconnessa dal suo gregge. Come negli anni '70, su temi quali divorzio e aborto non era semplicemente più ascoltata dai suoi fedeli. E oggi, solo per compiacere il clero, e sempre per l'antico vizio di correre in soccorso dei potenti, o supposti tali, i politici del centrosinistra s'incamminano su questa stessa via di estraniazione del comune sentire di polacchi e irlandesi, portoghesi e italiani.

Se la chiesa maledicesse le biciclette, è sicuro che i Mastella, i Casini, i Ru­telli (con qualche diessino di scorta) proporrebbero un disegno legge per limitame l'uso. E non è una battuta balzana, visto che a fine '800 L'Osservatore Romano si scagliò con inaudita violenza contro il «bicicletto», come allora si chiamava, considerato simbolo della sovversione sociale e del disordine moderno. Chissà se i nostri pronipoti reagiranno alle condanne dei Pacs con la stessa ironica bonomia con cui noi leggiamo gli anatemi contro il «velocipedismo». Ma sui Pacs noi non possiamo ancora sorridere.

 

Marco D’Eramo    il manifesto  19/12/2006