Ratzinger difende Pio XII, il silenzio fu virtù


Pio XII conquista preghiere, il suo "silenzio" sulla Shoah viene spiegato come una virtù tattica per
«evitare il peggio», ma Pacelli non ottiene ancora la firma dei decreti verso la santità. Nel giorno
del 50° anniversario della sua morte, durante la messa solenne in San Pietro, papa Ratzinger ha
elogiato il «poliedrico pontificato» di Pio XII, lo ha difeso dall'accusa di aver taciuto di fronte al
nazismo e infine ha esortato a «pregare» affinché venga felicemente proclamato beato. Curiosa
preghiera del papa, rivolta in definitiva a se stesso. Il decreto per le "virtù eroiche" di Pacelli, primo
passo verso la beatificazione canonica, è rimasto infatti nel suo cassetto o più precisamente in
quello di una speciale commissione istituita presso la Segreteria di Stato per misurare le
conseguenze diplomatiche con Israele. Tutto sarebbe di per sé pronto: la Congregazione per i santi
«si è pronunciata l'8 maggio 2007» sulla "eroicità" virtuosa del "servo di Dio", come conferma nel
frattempo il direttore della Sala stampa vaticana Federico Lombardi, dando per certo che quel voto
sia stato «unanime». Ma Lombardi ha da aggiungere qualcosa di importante: «Tuttavia il Papa ha
ritenuto opportuno un tempo di riflessione». E' più che evidente la preoccupazione di non urtare
troppo la sensibilità degli ebrei. Altrettanto lo sono le divergenze interne che emergono magari da
singolari coincidenze, come un articolo piuttosto critico apparso sulla rivista dei gesuiti Civiltà
cattolica proprio mentre Benedetto XVI riceveva con grandi onori gli ebrei americani della "Pave
the way", molto benevoli verso Pacelli.
Ratzinger sta dunque aspettando il momento più indolore per compiere gli atti necessari alla
beatificazione. Ieri, nella coincidenza con la giornata ebraica del Kippur, l'emanazione del decreto
sarebbe suonata come una ulteriore sfida. Il beatificando dovrà perciò attendere. Gli manca anche il
"miracolo" canonicamente richiesto dal processo. La campagna per liberare Pacelli dalla cosiddetta
leggenda "nera" si sta però intensificando. «Agì spesso in modo segreto e silenzioso - ha detto
Benedetto XVI - proprio perché intuiva che solo in questo modo si poteva evitare il peggio e salvare
il più gran numero di ebrei possibile». Il Papa ricorda gli elogi rivolti alla memoria del suo
predecessore dalla premier israeliana Golda Meir e lo descrive «ultimo dei papi nati a Roma» vicino
alle sofferenze belliche della città. Ovviamente cita i suoi radiomessaggi dell'agosto 1939 - «Nulla è
perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra» e del dicembre 1942 in cui si riferì
implicitamente agli ebrei affermando: «Migliaia di persone senza veruna colpa, talora solo per
ragione di nazionalità e stirpe, sono destinate alla morte o ad un progressivo deperimento».
Insomma, per Ratzinger, Pacelli è vissuto «in un'epoca di totalitarismi» e «colse fin dal suo sorgere
il pericolo della mostruosa ideologia nazionalsocialista con la sua perniciosa radice antisemita e
anticattolica». Non può sfuggire che i due aspetti vengano posti sullo stesso piano così come le
"condanne" che Pio XII avrebbe espresso sia contro il fascismo che contro il nazismo e il
comunismo sovietico in tre distinte encicliche, in realtà molto diverse tra loro. Quella che interessò
Mussolini fu una difesa dell'autonomia dell'Azione cattolica. Eppure, che Pacelli fosse assillato
dall'anticomunismo lo ha riconosciuto anche Paolo Mieli nella sua lunga intervista in difesa di Pio
XII pubblicata dall' Osservatore romano . L'entusiasmo per questo pontefice incontra molte
resistenze nella Chiesa. E così, mentre il quotidiano della Cei Avvenire ha dedicato una pagina
all'ex prefetto per le cause dei santi Saraiva Martins tutta a favore di Pio XII, il giornale cattolico
francese La Croix ha accompagnato l'anniversario con le critiche all'intera chiesa dell'epoca mosse
dallo storico Giovanni Miccoli. «I vescovi tedeschi - afferma - furono pronti a denunciare lo
sterminio degli handicappati ma molto meno del popolo ebreo; la chiesa era ancora parzialmente
prigioniera di un antigiudaismo cristiano». Quanto a Pacelli, secondo Miccoli, «per lui il più grande
pericolo veniva dalla Russia comunista; quando la Germania invase la Polonia non la condannò
mentre non ebbe la stessa precauzione nei confronti dell'invasione russa in Finlandia».

Fulvio Fania     Liberazione 10 ottobre 2008


 

 

Benedetto XVI vuol beatificare Papa Pacelli. In fretta



«Preghiamo perché prosegua felicemente la causa di beatificazione del servo di Dio papa Pio XII».
Così ha concluso la sua omelia ieri Benedetto XVI. Se non è stata la formale firma del decreto di
beatificazione di papa Pacelli, ci si è andati molto vicino. È solo questione di tempo e di
opportunità. Nella basilica di san Pietro, il Sinodo dei vescovi ha ricordato con una solenne celebrazione presieduta dal pontefice il 50° della morte di papa Pacelli. È stata l’occasione per riaffermare le «virtù» del pontefice romano, rispondendo a tutto campo ai dubbi, le accuse, le
perplessità, l’ultima espressa dal rabbino capo di Haifa Cohen invitato al Sinodo, circolate attorno
alla figura che ha guidato la Chiesa di Roma dal 1939 sino al 1958. Anni tragici, attraversati da
conflitti sanguinosi e persecuzioni. Su Pio XII, soprattutto dagli anni ‘60, pesa un’accusa pesante e
insidiosa: l’aver taciuto sulla Shoah, l’essere stato filotedesco e antisemita, più attento al pericolo
del comunismo ateo che a quello del nazifascimo, uomo d’ordine anche all’interno della Chiesa.
«Non ci fu nessun silenzio di Pio XII verso l’Olocausto e il nazismo» afferma Ratzinger. «Papa
Pacelli agì spesso in modo segreto e silenzioso - puntualizza - proprio perché, alla luce delle
concrete situazioni di quel complesso momento storico, egli intuiva che solo in questo modo si
poteva evitare il peggio e salvare il più gran numero possibile di ebrei». Sulla beatificazione di
Pacelli sono di questi giorni le forti perplessità del mondo ebraico e di Israele. Ricorda le chiese e i
conventi, le stesse porte del Vaticano aperti a migliaia di famiglie ebree e agli oppositori del regime
nazifascista. E poi i «numerosi e unanimi attestati di gratitudine furono a lui rivolti alla fine della
guerra, come pure al momento della morte», dalle più alte autorità del mondo ebraico. Cita le parole
del Ministro degli Esteri d’Israele, Golda Meir: «Quando il martirio più spaventoso ha colpito il
nostro popolo, durante i dieci anni del terrore nazista, la voce del Pontefice si è levata a favore delle
vittime. Noi piangiamo la perdita di un grande servitore della pace». Troppe polemiche e un clima
«non sempre sereno» hanno segnato il dibattito storico su questa figura, lamenta Benedetto XVI.

Si sarebbe tralasciato di guardare a «tutti gli aspetti del suo poliedrico pontificato». È il papa tedesco a  metterli in evidenza. Intanto Pio XII uomo di pace. Ricorda come Pacelli abbia collaborato con Benedetto XV al tentativo di fermare «l’inutile strage» della Grande Guerra, e «per aver colto fin
dal suo sorgere il pericolo costituito dalla mostruosa ideologia nazionalsocialista con la sua
perniciosa radice antisemita e anticattolica». Quindi ha citato anche i due radiomessaggi pacelliani,
quello del 24 agosto del ’39 con cui tentò di scongiurare lo scoppio della guerra, e quello del Natale
del ’42, come esempio di intervento contro le persecuzioni anche razziali. Un impegno che segnò la
sua azione contro i «totalitarismi» «fascista», «nazista» e «comunista sovietico», Un «pastore»
vicino al popolo romano colpito dai bombardamenti. Ma va oltre Ratzinger. Lo presenta come un
precursore del Concilio Vaticano II: il pontefice che avvia l’internazionalizzazione della curia
romana nominando vescovi africani e asiatici. Che promuove il ruolo dei laici e delle Chiese dei paesi sotto i domini coloniali. È una risposta a chi, anche nella storiografia cattolica, ha contrapposto la forza innovativa di Papa Giovanni XXIII al tradizionalista Pio XII, il Papa che nel
1950 affida l’umanità provata dal conflitto alla Vergine e proclama il dogma dell’Assunzione.

Roberto Monteforte        l'Unità 10 ottobre 2008

 

 


Pio XII ordinò di salvare gli ebrei?


Il cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato della Santa Sede, è tornato ad affermare
pubblicamente l’esistenza di una direttiva scritta di Pio XII per il soccorso agli ebrei romani
braccati dai nazisti. Per l’esattezza le sue nuove parole - tratte dal sito dell’Osservatore Romano sono:
«la lettera circolare della Segreteria di Stato, datata 25 ottobre 1943, con le iniziali di Pio XII,
che dava ordini agli istituti religiosi e a tutte le istituzioni cattoliche di salvare il maggior numero
possibile di ebrei».
Mi spiace scendere sul terreno grezzamente materiale, ma io questa lettera vorrei vederla scansita e
pubblicata. Il motto deontologico degli storici è (senza alcun riferimento teologico): finché non
vedo, non credo.
Ma vediamo quali sono i particolari oggi noti agli storici: Andrea Riccardi, a pagina 142 del suo
libro appena uscito «L’inverno più lungo», riferisce che il 25 ottobre 1943 la Segreteria di Stato
della Santa Sede inviò a numerosi istituti cattolici romani (solo romani) un cartello firmato dal
generale tedesco comandante la piazza di Roma Rainer Stahel, che dichiarava la pertinenza vaticana
dell’edificio e il divieto di perquisizioni.
Stando a Riccardi, né il cartello né la lettera circolare di accompagnamento contenevano il vocabolo
«ebreo». Il brano della circolare da lui riportato a pagina 143 del suddetto libro auspica che i
responsabili degli istituti tengano una condotta «ispirata a diligente osservanza delle disposizioni e
istruzioni impartite dalla Santa Sede ed a quella discreta e prudente correttezza che è sempre, ma
ora più che mai, necessaria».
A me pare che queste parole non possano essere interpretate né come un incitamento né come un
freno all’opera di salvezza delle vite di ebrei (la quale opera era già iniziata e sarebbe proseguita nei
mesi successivi).
Insomma, non sembra proprio che la circolare del 25 ottobre 1943 appena descritta possa essere
classificata come un «ordine», riferito al salvataggio del «maggior numero possibile».
Alla luce di ciò, mi pare ovvio che Bertone si riferisca a un’altra circolare, recante la stessa data,
che spero vorrà presto mettere a disposizione degli storici. Siamo sempre desiderosi di conoscere e
pronti a prendere atto.

Michele Sarfatti      l'Unità 10 ottobre 2008