Quelle minoranze
senza diritti
«È un lungo applauso, accompagnato da uno sventolio di fazzoletti verdi, quello
che accoglie il
voto finale al provvedimento sulla sicurezza», riferisce la cronaca dal Senato
del quotidiano La
Padania.
Gli spavaldi portavoce leghisti, con quel fazzoletto-distintivo bene in vista
nel taschino, lanciano
attraverso i telegiornali la buona novella della padronanza recuperata sul
"nostro" territorio. Basta
col lassismo. Mantenuta la promessa elettorale. E' finita la cuccagna. Ma quale
cuccagna?
Troviamo la risposta sempre sul giornale padano, nel titolone sarcastico del
giorno prima. "Bossi:
ormai i clandestini siamo noi. Al Pronto Soccorso noi diamo le generalità, loro
sono esenti". Falso,
ma funziona. E' la narrazione di una maggioranza di cittadini perbene oppressa
da una minoranza
straniera pretenziosa di vivere a spese nostre, esente da vincoli. La fotografia
di un'Italia a rovescio,
dove l'immigrato la fa da padrone e assoggetta il nativo.
Con sapienza propagandistica la Lega esibisce come innocenti i suoi emendamenti.
Ma come, di
ciascuno si può dire che è vigente nella legislazione di un altro Paese europeo.
In effetti, cogliendo
fior da fiore, la nuova normativa introduce d'un colpo tutte le regole più
severe che altrove, ma non
in Italia, vengono abbinate a percorsi certi e codificati di regolarizzazione.
Per esempio viene resa
più onerosa la tassa sul permesso di soggiorno (oggi di 72 euro) senza ovviare
alle lungaggini per
cui, quasi sempre, esso viene rilasciato quando ne è ormai prossima la scadenza.
Si complica la procedura con test e punteggi, si disincentivano i
ricongiungimenti familiari,
s'introduce il reato di clandestinità, senza fornire in cambio un trattamento
"europeo", cioè
dignitoso, agli aventi diritto.
Al contrario, non solo i medici ma tutti i cittadini che lo vogliano sono
sollecitati a una
partecipazione volontaria – con le ronde – nel setaccio territoriale degli
irregolari. Poco importa se
abbiano varcato la frontiera con un visto poi scaduto, o se siano vittime della
nostra inadempienza
burocratica: tutti clandestini. E guai ai senza fissa dimora, agli abitanti
delle baraccopoli, ai minori
emarginati, tutte categorie minacciose da contenere mediante pubblica
schedatura.
La débacle della politica democratica, consumatasi nella resa alla paura di
un'invasione criminale,
ha già da tempo ridotto le scelte sull'immigrazione a false categorie primitive:
noi e loro; buoni(sti)
e cattivi. Giungono così tardive e inefficaci le proteste del Pd, le
resipiscenze di settori moderati del
Pdl; oggi travolti insieme dalla vittoriosa cavalcata leghista perché a
suo tempo rinunciarono alla
necessaria contrapposizione di valori civili e religiosi. Con la solita,
vile motivazione confidata
sottovoce: il popolo non ci capirebbe, la sicurezza è un bisogno dei più deboli.
Il progressivo cedimento culturale alla xenofobia, lo slittamento semantico
verso il linguaggio della
pura forza, produce ora una novità imprevista dagli stessi leader leghisti.
Perché è vero che in tutti i
governi, di destra e di sinistra, al ministro dell'Interno tocca sempre il ruolo
del duro, del "cattivo".
Ma solo nell'Italia del 2009 un ministro come Maroni si ritrova ad assumere la
funzione politica di
capo dei cattivi. Cioè di un movimento d'opinione che, facendo leva su diffusi
istinti popolari,
teorizza la disuguaglianza dei diritti come difesa della nazione. Ormai chi fa
politica si ritrova
mutilato perfino nel vocabolario. Davanti a una telecamera sarebbe
controproducente esprimere
disagio per la dimensione umana degli sbarchi a Lampedusa, l'eccidio quotidiano,
la tragedia di una
nuova frontiera epocale. Quelli lì non ce li possiamo permettere, punto e basta.
Paghiamo la Libia
purché li rinchiuda in lager lontani dalla nostra vista. I difensori della vita
recano inutili pagnotte e
bottiglie d'acqua al capezzale di Eluana Englaro, non tra i naufraghi africani,
essendo anche la bontà
ridotta a ideologia.
E' questo formidabile capovolgimento della realtà che consente di presentare il
decreto sicurezza
come la fine di una inesistente cuccagna: la bieca favola di un'Italia
permissiva, paese del bengodi
per gli stranieri. Dunque non si illudano, gli immigrati residenti sul nostro
territorio. Come
insegnano perfino gli operai inglesi, nella crisi bisognerà riservare il
sostegno pubblico ai nativi. E
pazienza se anche "loro" pagano le tasse: sono paria destinati a un'eterna
condizione provvisoria,
subalterna.
Costretto dai suoi stessi, insperati successi a premere sull'acceleratore della
separazione fra aventi e
non aventi diritti, ben presto il ministro dei cattivi sarà chiamato a spiegare
come intenda regolarsi
con i circa 800 mila cittadini stranieri privi di documento regolare che
risiedono sul nostro
territorio. Persone che vivono nelle nostre case, lavorano al nostro servizio,
vengono ospitate nelle
strutture sociali, sono curate dal servizio sanitario, bambini che frequentano
la scuola primaria.
Nell'ottobre scorso Maroni ha reso noto un incremento del 28,1% delle espulsioni
(percentuale su
cui fare la tara, visto che il 2007 segnò l'ingresso di Romania e Bulgaria nell'Ue).
Con ciò, la cifra è
salita a 6553 espatriati. Stiamo parlando di circa 2 espulsi ogni 100
irregolari. Vogliamo ipotizzare
che il ministro dei cattivi riesca a raddoppiare, triplicare tale cifra nei
prossimi anni? Difficile, ma
ammettiamo che sia possibile. Cosa ne faremo del restante 90% e passa di
irregolari che
continueranno a vivere in Italia? Tutti gli altri paesi mirano a regolarizzarli,
per ovvi motivi di
civiltà, convenienza economica, ordine pubblico. E noi?
Temo che queste domande resteranno a lungo senza risposta. Ma nel frattempo è
facile intuire quale
possa essere la percezione di quattro milioni di stranieri residenti in Italia,
posti di fronte a un
decreto sicurezza architettato come percorso minato, a rendere sempre più
complicata la loro
integrazione. Una destra sottomessa alla Lega sta facendo di tutto per farli
sentire ospiti
indesiderati, cittadini di serie B destinati al lavoro ma esclusi da un futuro
di pari opportunità.
Subiscono la beffa di chi li addita come tenutari di privilegi. Le istituzioni
non sanzionano i mass
media che diffondono il pregiudizio e l'ostilità nei loro confronti, anche
perché spesso sono di
proprietà del capo del governo. Il clima è propizio a sempre nuovi soprusi nei
rapporti di lavoro,
nell'erogazione di servizi, nell'affitto di case.
Ci troviamo così a un bivio. O i cittadini stranieri riusciranno a dare
vita a una tutela democratica
dei loro diritti - nella quasi totale latitanza di una politica timorosa di
rappresentarli e coinvolgerli -
oppure chineranno il capo lasciando i loro figli preda di leadership radicali e
integraliste. L'Italia
non ha niente da guadagnare dallo sventolio dei fazzoletti verdi sulla faccia di
milioni di persone
con cui è destinata a convivere. Non ci troviamo nella condizione di chi ha
ottemperato ai suoi
impegni e perciò attende che il contraente si adegui. Con il combustibile delle
appartenenze incivili,
ronda contro branco, la Lega ha già incenerito la nozione di cittadinanza
universale, ma ora si
appresta a bruciare l'idea che le minoranze abbiano dei diritti.
Gad Lerner l a Repubblica 8 febbraio 2009