Quel prete vittima dello scontro di civiltà e profeta del loro incontro
L'uccisione di don Andrea Santoro in Turchia e gli interrogativi sul mondo occidentale, che trova oggi nella lotta al terrorismo un nuovo prestesto di aggressione e di dominio
 

Perché è stato ucciso don Andrea? Vittima del terrorismo islamico, risponderanno molti in Occidente. Ma forse, per andare alle radici di questa tragedia, bisogna domandarsi: da dove nasce questo terrorismo? Come è vissuto da quei musulmani che vi sono implicati?
Le risposte sono molte, ma quella che induce noi occidentali a riflettere più a fondo, che dovrebbe incidere sulla nostra cultura e sulla nostra politica, è che il terrorismo islamico, con l’indignazione che lo accompagna e lo provoca, scaturiscono dal bisogno di vendetta, di una vendetta sacra. Vendetta contro chi? Non certo solo contro il giornale che ha pubblicato le vignette “blasfeme”, e che ha acceso le proteste, ma contro l’occidente, che ha dominato e domina tanti paesi islamici, che ha combattuto e combatte l’islam, sotto vari pretesti, in molte parti del mondo. Quello stesso occidente, che adotta oggi un nuovo pretesto di aggressione e di dominio. La lotta contro il terrorismo. Se questo è vero, don Santoro è vittima non solo del terrorismo islamico, ma anche, e soprattutto, dell’antiterrorismo occidentale.

Noi cristiani, poi, non dovremmo dimenticare che di questo mondo occidentale fanno parte anche le chiese. Ne fa parte anche la Chiesa cattolica, spesso perseguitata ma spesso anche persecutrice; che annovera nella sua storia tante crociate contro i musulmani, dietro il pretesto di liberare il Santo Sepolcro; che annovera tra le sue glorie tante vittorie conseguite nel nome di Dio.
Crociate e vittorie che Cristoforo Colombo, con la benedizione della Chiesa, si proponeva di potenziare attraverso l’aggressione all’America e il genocidio di altri “infedeli”, i popoli indigeni.
Allora, don Santoro non sarà anche vittima della Chiesa, che, senza un attimo di pentimento, se ne riappropria e lo esalta, proclamando di voler avviare il prima possibile il processo di beatificazione?

Certo, don Andrea Santoro non formula esplicitamente nessuna critica alla Chiesa, che ama. Ma non si può non scorgerne il coinvolgimento nella sua descrizione, pure appassionata, che fa del Medio Oriente e della Turchia: “un luogo dove i popoli si sono incontrati o scontrati, dove le religioni hanno convissuto o si sono sfidate; un luogo dove gli imperi e il potere umano hanno mostrato la loro grandezza e la loro ricchezza; dove si possono raccogliere i frutti e le conquiste più alte ma anche gli inganni e le illusorietà più perverse… Ma dove maggiore è la luce, maggiori sono anche le tenebre: odi, divisioni,, sopraffazioni, guerre religiose, spirito di conquista, egoismi, uso violento del nome di Dio, scontro di interessi, ambizioni. E’ come se il Medio Oriente fosse il segno di un contrasto che attanaglia il cuore dell’uomo e la storia dei popoli”.

Ma don Santoro non è solo una vittima, è anche un profeta. Profeta di una civiltà occidentale, il cui progresso consiste soprattutto nell’impegno crescente per la liberazione delle sue vittime di oggi, nel capire che si commette una grave ingiustizia esigendo che i popoli del Terzo Mondo paghino un “debito estero” che è invece un debito dell’occidente nei loro confronti. don Santoro è profeta anche di una chiesa non ripiegata su se stessa, che riconosca le sue colpe storiche nei confronti degli “infedeli” musulmani; che sia capace di aprirsi non solo al dialogo con essi, ma anche al pieno riconoscimento della loro religione: non più infedeli, ma credenti in modo diverso.
Ascoltiamo al riguardo la testimonianza di don Santoro sul “volto dell’Islam” da lui scoperto: il senso istintivo di Dio e della sua provvidenza; l’accoglienza spontanea della sua parola e della sua volontà; la certezza dell’aldilà e della risurrezione; l’abbandono fiducioso alla sua guida; la preghiera quotidiana nel pieno della propria attività; la sacralità della famiglia; il valore della semplicità, dell’essenzialità, della solidarietà”.
Si compirà così la profezia di don Andrea: “il prezzo del dialogo è il proprio sangue”.

Giulio Girardi , teologo       AprileOnLine n.100 del 10/02/2006