Quel poker di amici
color porpora
I conti dello Ior. Non c'è scandalo italiano che prima o poi non
approdi alla Banca del Vaticano quell'austero
Istituto opere religiose ospitato nella Torre che domina porta Sant'Anna - dove
nella
massima riservatezza transitano enormi ricchezze. Soldi che dagli sportelli di
questo piccolo ufficio
nel cuore di Roma spiccano il volo verso banche svizzere e istituti off-shore
dei paradisi fiscali al di
fuori di ogni forma di controllo della Banca d'Italia o della Guardia di
Finanza. Sembra che anche
Angelo Balducci, dal 1995 gentiluomo di Sua Santità, avesse un conto corrente
presso lo Ior, anzi lo
abbia ancora. I pm di Perugia vogliono vederci chiaro, capire che ruolo hanno
avuto nella nascita
del “sistema Balducci” i rapporti di amicizia dell'ex presidente dei Lavori
pubblici con vescovi o
cardinali che avrebbero contribuito al suo strapotere e a quello della cricca.
C'è addirittura chi
ipotizza l'esistenza di una piramide superiore, una sorta di “santa cricca”, che
al di là del Tevere
avrebbe pilotato l'aggiudicazione dei grandi appalti. Le contropartite non
sarebbero mancate.
Ma andiamo con ordine. Balducci poteva senz'altro contare sull'appoggio del
potentissimo Giovanni
Battista Re, ex responsabile della Prefettura Pontificia - sarebbe stato lui ad
accreditarlo come
Gentiluomo del Papa - che, in vista del Giubileo, lo ha riportato a Roma dal
nord Italia guidando i
passaggi più importanti della sua carriera. Anche grazie all'appoggio del
ministro democristiano
Prandini, come il cardinale nativo di Brescia. Quando al posto di Re arrivò
l'argentino Leonardo
Sandri, ex braccio destro del cardinale Sodano, non cambiò nulla perché anche
lui capì al volo il
valore dell'uomo. E sarà proprio Sandri a favorire la nomina di Crescenzio Sepe
a presidente del
Comitato organizzatore per il Giubileo, anno chiave per la cricca. Balducci
poteva infine contare
sulla disponibilità di monsignor Francesco Camaldo. Un poker formidabile, di cui
Sepe è la carta
migliore, visto che le grandi opere per l'Anno santo vedono Balducci sul
predellino di lancio
assieme al commissario straordinario per il Giubileo, Guido Bertolaso in veste
di omologo laico. Il
sindaco di Roma era all'epoca Francesco Rutelli, le iniziative fioriscono. Dal
maxi-parcheggio del
Gianicolo, al sottopasso di via della Conciliazione - progetto poi
ridimensionato per imprevisti
ostacoli nei sotterranei di Castel Sant'Angelo - il “deus ex machina” è
sempre Balducci, che fa da
trait d'union tra le due sponde del Tevere. Il suo peso cresce, di pari passo
alla stima conquistata in
Vaticano anche grazie al fatto che Sepe, incassato il successo giubilare, viene
premiato con la
porpora cardinalizia e la nomina a Papa rosso, colui che gestisce le finanze
dell'immenso impero
vaticano all'estero attraverso la Congregazione per l'evangelizzazione di
Popoli.
Un filone molto seguito anche dai pm di Perugia per alcune connessioni con due
protagonisti
dell'inchiesta: il costruttore Anemone e il suo fido “bancomat”, ovvero don
Evaldo Biasini,
economo per l’Italia dei missionari del Preziosissimo Sangue. Un pezzo da
novanta nella raccolta di
offerte per l’Africa.
La Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli controlla infatti centinaia
di diocesi in Asia,
Sud America, Africa, ha un bilancio autonomo e un colossale patrimonio
immobiliare che solo in
Italia ammonta a 50 milioni di euro. Per supervisionare ristrutturazioni,
cantieri, manutenzioni,
l’“uomo di fiducia” è sempre Balducci, che da Sepe viene introdotto in un altro
potentissimo
circuito delle finanze vaticane: la “Propaganda Fide”, istituto proprietario
anche di numerosi
immobili nel centro storico di Roma da cui furono cacciati i vecchi affittuari
per far posto ad
inquilini Vip, tra cui anche giornalisti come Bruno Vespa. E in queste ore non
soltanto i pm di
Perugia, ma anche gli uffici missionari della Santa Sede vogliono vederci chiaro
in questi giri di
denaro.
A Perugia si cerca di ricostruire, con l'aiuto della guardia
di finanza, quali siano stati i
movimenti sui conti di Balducci e chi oltre lui ci abbia messo le mani. Le
indagini puntano ai
santuari svizzeri, più difficile penetrare nelle ovattate stanze dello Ior dove
l'ingegnere ha molti
amici. Uno dei rapporti più significativi - almeno dal punto di vista
dell'inchiesta perugina - è
certamente quello con monsignor Francesco Camaldo, amico tra gli altri di
Vittorio Emanuele di
Savoia che più volte ha ospitato a Roma. Tutti e due finiscono indagati nel 2006
nell'ambito di
un'inchiesta su logge massoniche e truffe milionarie dal pm di Potenza John
Woodcock che
inutilmente accuserà il prelato di pirateria informatica. Mentre i pm di Perugia
hanno scoperto che
Balducci avrebbe prestato centinaia di migliaia di euro a Camaldo e che il
passaggio di denaro
sarebbe avvenuto all'interno della stessa banca. Ma del vescovo parla anche il
tunisino Fathi, uomo
di fiducia di Balducci - fin quando non se la squagliò con 200 mila euro che gli
erano stati affidati che
ha raccontato di aver più volte accompagnato Anemone da Sua Eminenza. Insomma,
come in
ogni trama, molti tasselli cominciano ad incastrarsi nel posto giusto.
Rita Di Giovacchino il Fatto Quotidiano 18
maggio 2010