Quei principi bruciati
Stefano Rodotà: «Non c'è solo il lodo Alfano a minacciare l'uguaglianza. E' in corso una revisione costituzionale quotidiana»
«In un breve lasso di tempo si è consumato in Italia un
cambiamento istituzionale e costituzionale di enorme portata. Anche se sia da
parte di chi l'ha promosso, sia da parte di chi non è in grado di contrastarlo
efficacemente, si tenta di ridurne la rilevanza. Prima continuavano a dire che
non bisognava demonizzare Berlusconi, adesso si preoccupano di non rompere le
condizioni del dialogo...» Stefano Rodotà esordisce così e lungo un'ora di
conversazione non abbasserà la gravità della sua diagnosi.
Si può parlare di un cambio di regime, senza sentirsi rispondere che non c'è il
fascismo alle porte?
Quella sul regime mi sembra una disputa nominalistica. Chiamiamolo come ti pare,
io registro i fatti. Prima c'è stato un cambiamento del sistema politico indotto
dalla legge elettorale. Adesso c'è un'accelerazione evidente della pressione sul
sistema costituzionale. Che non incide soltanto, come s'è sempre predicato che
si doveva fare, sulla seconda parte della Costituzione: tocca pesantemente la
prima. Il principio di uguaglianza è stato violato eclatantemente, e tutto il
quadro dei diritti è in discussione.
Ti riferisci al lodo Alfano?
Ovviamente, ma non solo. Mi riferisco al razzismo delle impronte ai bambini rom,
alla xenofobia discriminatoria dell'aggravante per i clandestini, alla logica
dei tagli in finanziaria che produrrà ulteriori diseguaglianze sociali, all'idea
della stratificazione di classe ratificata con la tessera dei poveri. Come
diceva...., i princìpi costituzionali non sono dei caciocavalli appesi: per
essere effettivi richiedono una strumentazione adeguata. Una finanziaria come
quella che stanno votando non è una strumentazione adeguata. E un'altra
strumentazione decisiva gliela toglierà la riforma del sistema giudiziario
annunciata per l'autunno.
Ma nel discorso corrente il sistema giudiziario non ha niente a che vedere con i
diritti, è solo la macchina persecutoria di Silvio Berlusconi...
E invece l'autonomia della magistratura fu voluta dai costituenti - l'hanno
ricordato Scalfaro e Andreotti - proprio come garanzia che i diritti delle
minoranze non venissero cancellati dalla maggioranza di turno. L'autonomia non
garantisce i magistrati, garantisce i cittadini. E mette un limite alla
legittimazione politica: dice che la legittimazione popolare non autorizza chi
vince le elezioni a mettere le mani sui diritti. L'esatto contrario del discorso
di Berlusconi per cui chi vince può fare quello che vuole, e per fare quello che
vuole dev'essere immunizzato dall'azione della magistratura. E' un punto
cardinale dell'impianto costituzionale, se cade questo scricchiola tutto. La
ministra francese della giustizia, aveva provato a fare un discorso simile a
quello della destra italiana, ma è stata subito bloccata. In Italia invece gli
anticorpi non ci sono, o quelli che ci sono non bastano. Ha ragione Zagrebelsky:
o la Costituzione la si rilegittima non a parole ma a partire dai comportamenti
dell'opposizione, o decade di fatto. Senonché come ben sappiamo è stata proprio
la parte maggioritaria della sinistra ad aprire una breccia alla sua
delegittimazione, insistendo per anni su una revisone della seconda parte della
Carta che fosse funzionale all'efficienza del sistema politico, invece di
verificare che fosse adeguata a rendere effettivi i principi della prima.
A proposito, di recente D'Alema, e con lui 15 fondazioni politico-culturali, ha
rilanciato la forma di governo parlamentare e il sistema elettorale tedesco, con
relativa autocritica sugli esiti di presidenzialismo strisciante del bipolarismo
forzoso. Tu sarai contento, o no?
Certo che sì, proposi il sistema tedesco, con Aldo Tortorella, già quando si
discuteva del Mattarellum. Ben venga questo rilancio oggi. Però, che il
bipolarismo portasse agli esiti cui ha portato era prevedibile ed era stato
previsto. E che Berlusconi volesse la bicamerale per riformare la giustizia lo
si sapeva.
Anche se va ricordato che in alternativa alla bic
amerale Berlusconi agitava l'assemblea costituente...Torniamo a oggi: che
margini di intervento ha la corte costituzionale sul lodo Alfano?
E' un'incognita decisiva. Ovunque il ruolo delle corti diventa sempre più
decisivo, a cominciare dagli Stati uniti. Prima o poi il lodo Alfano arriverà
davanti alla consulta, come pure l'aggravante per i clandestini. E voglio
sperare che non si accuserà di faziosità il primo giudice che solleverà una
questione di costituzionalità: nell'un caso e nell'altro è ben difficile
sostenere che sarebbe «manifestamente infondata». L'appello dei cento
costituzionalisti sul lodo Alfano poteva essere letto come un invito al
presidente della Repubblica a non firmarlo, ma è comunque un avallo per i
giudici a sollevare la questione di costituzionalità.
Ancora sull'uguaglianza. Il Pd ha approvato con argomenti egualitari
l'estensione delle impronte digitali a tutti: così si sarebbe evitata la
discriminazione contro i Rom. Sei d'accordo?
No: sono stupefatto. Era già successo negli Stati uniti, che parte della cultura
democratica usasse l'argomento della generalizzazione dei controlli come
garanzia di uguale trattamento: non pensavo che l'onda sarebbe arrivata anche da
noi. Sarebbe questa l'uguaglianza, essere tutti controllati e sorvegliati? Qui
c'è solo un segno spaventoso di subalternità culturale.
Da presidente del Garante per la privacy hai suonato più volte l'allarme contro
la società della sorveglianza. Ma l'hai suonato anche contro l'abuso delle
intercettazioni. Ci vuole o no, un freno alle intercettazioni?
E' un problema aperto dal '96, fu Flick a presentare il primo disegno di legge.
Nell'ultima legislatura, fra maggioranza e opposizione, di proposte ce ne sono
state otto: se si fosse davvero voluto fare una legge equilibrata, la si sarebbe
fatta. Ma in realtà quello che oggi vuole il governo non è disciplinare le
intercettazioni, ma restringerle, ammettendole solo per pochi reati (fra i quali
non quelli finanziari), ridefinendo i criteri di rilevanza e impedendone la
pubblicazione fino al dibattimento. Con questi criteri, per dire, non avremmo
mai saputo nulla del caso Fazio. Sarebbe una forma di censura sull'opinione
pubblica, nonché un gigantesco dispositivo di privatizzazione delle
informazioni, consegnate a poche persone che potrebbero farne un uso
ricattatorio e segreto. Ci sono altri metodi per disciplinare l'uso delle
intercettazioni e per proteggerle: siamo pieni di studi tecnici e giuridici in
materia.
Tu sei un europeista convinto, hai contribuito a scrivere la carta europea dei
diritti. L'Europa può giocare un ruolo positivo contro questo processo di
de-costituzionalizzazione italiano?
Il ruolo dell'Europa è ambivalente. La direttiva sui rimpatri dei clandestini è
una direttiva europea. Ma è europeo anche il voto del parlamento di Strasburgo
sui Rom: come dire che laddove c'è un residuo di democrazia parlamentare c'è
ancora qualche garanzia. La commissione europea va giù dura sui diritti, ma il
parlamento quando può la blocca. E se la carta dei diritti diventasse finalmente
vincolante, entrerebbe in campo anche la corte europea: a quel punto le
direttive sui rimpatri potrebbero essere impugnate.
Insomma, una pluralità di poteri giocherebbe a favore dei diritti?
Sì. E penso chedobbiamo augurarci che il trattato di Lisbona entri in vigore,
per la carta dei diritti e per la corte di giustizia. Sono tutte scommesse,
intendiamoci, ma di fronte alla stretta che si avverte in ciascun paese europeo
- due esempi: in Gran Bretagna hanno portato a 42 i giorni di custodia cautelare
senza garanzie; in Svezia vogliono mettere sotto sorveglianza ogni forma di
comunicazione elettronica - dobbiamo puntare sull'Unione.
Lavoro: anche lì allarme rosso?
Sì, per il ridimensionamento del ruolo del sindacato e per la messa in
discussione del contratto collettivo. Che altro non significa che la dimensione
sociale e politica, non individuale, del lavoro. E poi, per le letture tutte in
chiave esistenziale che sento dare del precariato, come se non fosse una
condizione sociale di massa che richiede politiche sociali all'altezza.
Caso Eluana: come lo leggi?
E' un caso emblematico di come l'ampliamento delle libertà personali comporti un
di più di politiche sociali. Il cosiddetto «diritto di morire», altro che essere
complice dell'individualismo, della solitudine e del narcisismo come si
sostiene, implica forti strategie di solidarietà e di responsabilità: dalle cure
palliative alle strutture di sostegno. Dobbiamo rilanciare la dimensione sociale
dell'esistenza umana, contro l'individualismo imperante che non dà né
uguaglianza né libertà.
Ida Dominijanni Il manifesto 24/7/08