QUEI PATTI DIMENTICATI TRA STATO E CHIESA
Nella giornata di ieri la
Chiesa è passata al contrattacco, guidata dal Papa in persona a rinforzo del
«non possumus» emanato dalla Conferenza episcopale. Benedetto XVI, con
riferimento specifico ai temi della bioetica e al disegno di legge approvato dal
Consiglio dei ministri sulle convivenze di fatto, ha detto che c´è da pensare
«che ci siano dei periodi in cui l´essere umano non esista veramente»
Addirittura! Accenti simili non si erano più uditi da quando i bersaglieri di La
Marmora entrarono dalla breccia di Porta Pia mettendo fine al potere temporale e
la nobiltà clericale chiuse i portoni dei suoi palazzi sconfessando la nascita
dell´Italia unita e di Roma capitale.
Dev´essere accaduto qualche cosa di molto più grave a ferire la sensibilità e
gli interessi della Chiesa del riconoscimento di alcuni diritti che
regolarizzano le coppie di fatto ben più timidamente di quanto già non sia
avvenuto in tutt´Europa, dalla Spagna all´Olanda e dalla Francia alla Germania.
Che cosa è dunque accaduto?
È accaduto che quel cautissimo atto di governo, che porta la firma d´un premier
cattolicissimo ed è stato redatto da un cattolicissimo ministro, ha posto un
paletto al neo-temporalismo della Santa Sede, alle sue crescenti interferenze
nella legislazione e addirittura nell´articolazione delle norme di legge che il
Parlamento voterà nelle prossime settimane.
È accaduto che al «non possumus» dei vescovi italiani è stato opposto il «possumus»
dei gruppi parlamentari del centrosinistra e in particolare dei parlamentari
cattolici della Margherita, che hanno rivendicato la loro responsabile autonomia
laica e – insieme – la loro costante appartenenza ai valori del cristianesimo.
Viene in mente il rifiuto di Alcide De Gasperi all´operazione Sturzo di stampo
clerico-fascista, sponsorizzata da papa Pacelli e dai Comitati civici. Da allora
il leader della Dc non fu più ricevuto, neppure in udienza privata, da Pio XII,
il che non gli impedì di reggere le sorti del governo nazionale senza mai venir
meno ai suoi sentimenti di appartenenza cattolica e ai suoi doveri verso il
paese e verso la Costituzione.
Questo preoccupa Benedetto XVI e i vescovi italiani: che i cattolici
democratici, messi con le spalle al muro dall´intransigenza ruiniana, abbiano
rifiutato di essere passiva cinghia di trasmissione ponendo così un argine alla
clericalizzazione delle istituzioni.
Non li preoccupa né Diliberto né Pecoraro Scanio né Rifondazione comunista,
bensì i Franceschini, i Letta, le Bindi, gli Scoppola e, soprattutto, Romano
Prodi che va a messa e frequenta i sacramenti tutte le domeniche. Si ritrovano -
i vescovi - in compagnia del paganesimo berlusconiano con il rischio di un
neo-temporalismo profumato alla cipria del Bagaglino anziché all´incenso delle
basiliche.
* * *
Si dice - talvolta l´ho detto anch´io - che il potere politico è debole. Ha un
pensiero debole. Inclina al compromesso. Si vorrebbe una politica che scelga
senza se e senza ma. E poiché i se e i ma abbondano, se ne conclude che la
politica non fa il dover suo e le si contrappone il deposito dei valori della
religione, alimentati dall´intransigenza della fede.
Ma si è mai vista nella storia una politica senza compromessi? La politica si
nutre di compromessi, procede per sintesi, non si ferma mai ad una tesi
intransigente o ad un´intransigente antitesi, salvo in regimi di dittatura o,
peggio, di totalitarismo.
I regimi liberali e ancor più quelli liberal-democratici amministrano organismi
complessi, interessi plurimi e spesso contrapposti. Debbono pertanto
rappresentarli tutti superandone i particolarismi, includendo e non escludendo,
trovando il denominatore comune.
Il pensiero debole della politica coincide con compromessi deboli e privi di
obiettivi forti. E in quei casi debbono essere vigorosamente criticati. La
politica è l´arte del possibile, quindi del dialogo e dell´accordo al più alto
livello possibile. Cavour voleva fare un grande Piemonte nel 1857 e si accordò
con la Francia di Napoleone III. Poi l´obiettivo cambiò e divenne assai più
ambizioso: volle fare l´Italia. Si alleò con Garibaldi, con Ricasoli, con
Minghetti e con l´Inghilterra. Si sarebbe alleato anche col diavolo se fosse
servito.
Quale politica non fa compromessi? Perfino Cesare li fece. Perfino Napoleone.
Hitler no, non li fece. Voleva sterminare gli ebrei e li sterminò. Voleva
conquistare tutta l´Europa e c´era quasi riuscito se non ci fosse stato Pearl
Harbor e se Roosevelt non si fosse alleato con Stalin. Ma Hitler non era un
politico, era un pazzo criminale. Antipolitico per eccellenza.
Anche la Chiesa ha fatto compromessi. Perfino con Hitler. Con Mussolini. Con
Franco. Con Breznev. Con Jaruzelski. Con Gorbaciov. Tutte le volte che le è
convenuto ha stipulato concordati. Non è forse un compromesso il concordato? Si
patteggia, si dà e si prende.
La fede non fa compromessi. Ma la fede riguarda la coscienza individuale, non le
organizzazioni che l´amministrano. La Chiesa e la sua gerarchia sono il corpo
che riveste la fede. Talvolta il corpo esprime e realizza l´anima, talaltra la
rinserra nei suoi corposi interessi mondani. Questo è sempre stato il rapporto
tra la gerarchia dei presbiteri e la comunità dei fedeli. Lo scontro tra il
modernismo e il Vaticano ebbe proprio questa motivazione. Finì con la
persecuzione dei modernisti della quale c´è traccia evidente perfino nel
Concordato del ‘29. Il cristianesimo diffuso dalla predicazione degli apostoli è
la religione dell´amore. Ma non sempre.
* * *
È singolare che nel dibattito in corso tra il Vaticano e il governo italiano
nessuno (salvo i radicali) abbia menzionato il Concordato. Come se non esistesse
più. Come se fosse caduto in desuetudine. Come se non fosse stato recepito nella
Costituzione del 1947.
Infatti è caduto in desuetudine. O meglio: sta in piedi soltanto a tutela dei
benefici che ne riceve la Chiesa. I limiti che la Chiesa ha pattuito con lo
Stato sono stati invece superati.
Il deputato Capezzone, tanto per dire, si è stupito l´altro ieri perché si
aspettava che il governo protestasse con la Santa Sede per l´irritualità
compiuta dalla Cei con l´irruzione palese e anticoncordataria compiuta nei
confronti del potere legislativo, così come il governo aveva ritenuto irrituale
l´intervento dei sei ambasciatori che ci invitavano perentoriamente a restare in
Afghanistan senza se e senza ma.
Ha ragione Capezzone. Ma ha ragione anche il governo. Il Vaticano in Italia è
infinitamente più forte degli ambasciatori dei sei paesi alleati. È più forte
come potere temporale. Pretende di dirigere le coscienze dei fedeli anche - anzi
soprattutto - quando rivestano cariche ministeriali o siano membri del
Parlamento. Chiede, anzi pretende obbedienza.
Ho letto l´intervista di Rosy Bindi su Repubblica di ieri. Dice: «Abbiamo
scritto una legge giusta che tutela i più deboli, riconosce diritti alle persone
discriminate, non crea nessuna figura giuridica che possa attentare alla
famiglia. L´insegnamento cattolico parla di valore della giustizia, di pace, di
libertà personale, di accoglienza perfino dell´errore. Di carità e di
misericordia... Un politico non deve sentirsi referente di nessuno. Il mio
referente è il Paese e la mia coscienza cattolica».
Ebbene, questo è il punto che per i vescovi italiani ha l´effetto d´un panno
rosso davanti a un toro infuriato: il fatto che il laicato cattolico democratico
abbia come riferimento la Costituzione e la propria coscienza cattolica e sulla
base di questi due riferimenti fondamentali arrivi a conclusioni difformi da
quelle della gerarchia ecclesiastica. La considera una ribellione perché ha
perso la nozione esatta della parola Ecclesia. Che non distingue tra presbiteri
e fedeli. Ecclesia è la comunità cristiana, è comunione partecipata perché tutti
prendono il corpo eucaristico del Cristo, tutti nello stesso momento e alla
stessa mensa. La grazia non passa attraverso l´intermediazione dei presbiteri,
ma il Signore la dispensa direttamente ai fedeli che credono in lui e da lui
prescelti.
Il neo-temporalismo è il contrario di tutto ciò. Non a caso Paolo VI ritenne la
fine del temporalismo «un fausto evento per la Chiesa». Ma in realtà a partire
dal pontificato di papa Wojtyla fino ad oggi la Chiesa sta devitalizzando i
contenuti più significativi del Concilio Vaticano II e i due pontificati di
Giovanni XXIII e di Paolo VI. L´ha scritto a chiare lettere Pietro Scoppola nel
suo articolo di tre giorni fa su Repubblica.
Questo è il senso dell´operazione in corso, di cui il disegno di legge sulle
convivenze non è che il pretesto.
* * *
Si dice che il pensiero laico sia debole. Capisco perché lo si dice: i laici
(qui intesi come laici non credenti) non hanno né papi né cardinali né vescovi
né preti. Ciascuno parla per sé e rappresenta solo se stesso. Per fortuna.
Non significa che un pensiero laico non esista e neppure che sia debole. Al
contrario è forte, è lucido, è coerente alle sue premesse e nella sua dialettica
con i clerici. Basta aver letto i più recenti prodotti di questo pensiero
pubblicati questa settimana dal nostro giornale: l´articolo di Ezio Mauro e
quello di Gustavo Zagrebelsky a proposito del "non possumus" episcopale.
I laici sono favorevoli allo spazio pubblico che spetta alla Chiesa, per ampio e
crescente che sia, e ascoltano la sua parola con interesse traendone elementi di
positiva riflessione e di rispettosa accoglienza quando ve ne siano, contestando
elementi di intolleranza e tentazioni teocratiche che spesso, purtroppo, vi
sono.
I laici non sono anticlericali, anche se l´episcopato italiano sta facendo il
possibile per farceli diventare. Ma i laici hanno come solo punto di riferimento
il patto costituzionale. Su quel patto si fonda la Repubblica italiana e in esso
ciascuno trova le radici della sua identità.
Perciò mi stupisco molto di coloro che sarebbero pronti ad accettare i patti di
convivenza purché limitati agli eterosessuali. La Costituzione vieta in modo
esplicito che la legislazione possa introdurre norme discriminanti nei confronti
dei cittadini per ragioni di etnia, di religione, di sesso. Un regime di
convivenza che discriminasse gli omosessuali cadrebbe ovviamente sotto la scure
della Corte costituzionale e, prima ancora, sotto quella del Capo dello Stato
secondo i poteri e le modalità che gli sono attribuiti.
Quindi tutto è molto chiaro. I laici vogliono il rispetto della Costituzione e
di conseguenza anche del Concordato. Qualcuno, prima o poi, chiederà alla Corte
se il Concordato sia ancora in vigore o sia gravemente leso. E qualora lo fosse,
quali siano gli strumenti atti a recuperarne il rispetto o a proclamarne la
decadenza per doveroso recesso della parte lesa.
Eugenio Scalfari la Repubblica 11-2-2007