Quaresima, l'attesa di un nuovo mondo possibile

 

Si può parlare di Quaresima nel giornale più strutturalmente, serenamente e positivamente laico d'Italia? Se ne può parlare io credo in termini proprio di laicità sostanziale, quella che non disdegna di addentrarsi nei meandri della cultura per porre la scure alla radice della violenza del sacro.
Il tempo quaresimale è ormai agli sgoccioli. Non ce ne eravamo accorti. La Quaresima oggi, nel tempo della secolarizzazione, non ha più nessun significato per la vita di ogni giorno. I giovani non immaginano nemmeno quello che ha significato per noi più anziani. Era un tempo di pesante penitenza e di digiuni giornalieri. Oggi la penitenza è solo nelle mille e mille parole inascoltate di predicatori, catechisti, sacri dispensatori di spiritualità moralista e funeraria. E' anche nelle parole supreme del papa che nel tradizionale incontro di inizio Quaresima con i parroci romani ha evocato l'inferno come una possibilità reale e la penitenza come rimedio avanzando anche una proposta di allargamento del digiuno penitenziale, evidentemente non per sé che stava profondendo abbondanti parole: «Se il periodo che precede la Pasqua deve essere di digiuno dal cibo, lo sia anche dalle parole e dai media».
«Ma è forse questo il digiuno che bramo,/ il giorno in cui l'uomo si mortifica?/ Piegare come un giunco il proprio capo, /usare sacco e cenere per letto, / forse questo vorresti chiamare digiuno/ e giorno gradito al Signore? / Non è piuttosto quest'altro il digiuno che voglio: / sciogliere le catene inique, / togliere i legami del giogo, / rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo?».
E' scritto nel libro di Isaia (58, 5-7) e è una costante del messaggio profetico a cui si è ispirata la stessa tradizione evangelica più antica, dimenticato però dai sacri quaresimalisti.
In realtà il significato di penitenza della Quaresima è stato aggiunto nel tempo come strumento di colpevolizzazione per dominare con la paura le coscienze e i corpi.
Gesù, il cinico
La Quaresima non nasce col sigillo della penitenza. Emerge piuttosto all'interno dell'esperienza delle comunità da cui sono scaturiti i Vangeli come tempo dedicato all'attesa attiva di un «mondo nuovo». E questo spirito della Quaresima non lo traggono dal nulla. Lo assumono da un'ispirazione originale (un archetipo) che si ritrova in molte antiche tradizioni. Abbiamo già accennato alla tradizione profetica. Proponiamo altre tre di queste tradizioni con cui le comunità da cui nascono i Vangeli erano in qualche modo in contatto, anche per vie indirette:
- nel Medioriente, al tempo di Gesù, era conosciuto, magari per vie traverse, il Tao, il libro della via, di un autore mitico cinese chiamato Lao-tzu, vissuto forse nel 300 a.c. L'idea di fondo di quella sapienza orientale come si sa è il deserto interiore e materiale, non a scopo di penitenza e flagellazione ma come via di illuminazione perfezione e felicità. Non viene chiamato precisamente deserto. Lo chiama Vuoto ma la sostanza è quella: «Raggiungendo il vuoto e conservando una rigorosa tranquillità, io contemplo il ritorno nel nulla degli esseri che si dibattono per avere ...Il saggio negligendo se stesso è protetto, non cercando il suo vantaggio, tutto ridonda a suo vantaggio».
- Nel Medioriente del primo secolo, quando nascevano i Vangeli, era diffusa anche la cultura di origine greca dei cinici e la loro pratica di vita. Tanto che alcuni studiosi pensano che Gesù fosse un vero e proprio cinico. «Cinico» significa chi conduce una vita da cane, oggi si chiamano barboni per scelta. Infatti i cinici rifiutavano il benessere, il possesso e puntavano a vivere del minimo essenziale per valorizzare l'autonomia, il dominio di sé e la serenità.
- Nel mondo ebraico del primo secolo era conosciuto il significato mitico arcaico del numero quaranta come segno dell'attesa. Attesa di che cosa? Attesa del compimento di un ciclo storico, attesa del passaggio da una condizione di vita a un'altra, attesa non di una ripetizione di ciò che è già stato ma di un cambiamento radicale. Quaranta sono i giorni del diluvio...i giorni della permanenza del popolo ebreo nel deserto... i giorni trascorsi da Mosè sul Sinai...i giorni che passano dalla nascita di Gesù alla presentazione di lui al Tempio...i giorni di permanenza di Gesù nel deserto...quaranta le ore dalla sepoltura alla resurrezione...quaranta i giorni dalla resurrezione all'ascensione. Tutti avvenimenti biblici che segnano una trasformazione radicale. Quaranta dunque non è solo un numero, è un modello (un archetipo) di una condizione perenne della esistenza umana: l'attesa e la trasformazione.
Con la nascita dei Vangeli
E' a queste antiche tradizioni culturali che si ispira la pratica della chiesa primitiva di anticipare la celebrazione del battesimo, a cui piano piano veniva riservata la veglia pasquale, con alcuni giorni di digiuno. Tale digiuno però non aveva scopo penitenziale ma ascetico-illuminativo, come rituale di passaggio. E' solo dal terzo-quarto secolo, quando la chiesa s'introduce nello spazio del potere, che incomincia a utilizzare anch'essa strumenti di dominio quali la paura della dannazione eterna e la necessità della penitenza.
In realtà le comunità che produssero i Vangeli quando raccontano dei quaranta giorni del digiuno di Gesù nel deserto descrivono la loro condizione e i loro ideali: erano loro che vivevano in una specie di deserto morale e sociale, in una specie di quarantena, fuori dalle strutture del Tempio, fuori dal vecchio mondo che stava morendo, in attesa costruttiva (l'amore fraterno universale, l'eucaristia, la condivisione...) di un «nuovo mondo possibile» che loro chiamavano nel linguaggio del tempo «regno di Dio», «cieli nuovi e terra nuova».
La Quaresima in questo senso nuovo e antico di attesa costruttiva di un mondo nuovo possibile forse ci appartiene. Quanti danni produce la ossificazione e ritualizzazione sacrale delle tradizioni che impedisce l'abbraccio fecondo fra tradizioni e vita!
La Quaresima ha qualcosa da dirci solo se riusciamo a spogliarla dai rivestimenti di una religiosità ormai morta e se tentiamo di riscoprire la sua forza vitale nascosta.
«Il nostro modello di sviluppo, improntato su uno spreco insostenibile di materie prime, di energia e su una quantità enorme di rifiuti prodotti e smaltiti nonché di emissioni inquinanti in atmosfera non può più essere definito 'sostenibile'. Occorre ripensare in termini di 'futuro possibile' il modo di vivere il rapporto uomo-ambiente vincolando le attività umane (produzione, mobilità, consumo...) al massimo risparmio energetico e di materie prime. Tutti i livelli dell'attività legislativa nazionale, dell'azione amministrativa degli enti locali e gli stili di vita delle famiglie dovrebbero ri-orientarsi verso un vero benessere che non sia un ritorno al passato ma la riscoperta dei valori veri del rapporto uomo-natura, della filiera corta, della produzione e di un'economia locale». La citazione è tratta dal dossier del comune di Capannori che racconta l'eccezionale esperienza di una comunità della lucchesia divenuta «primo Comune in Italia verso rifiuti zero» grazie a una massiccia partecipazione dal basso e all'animazione di due assessori all'ambiente: il primo Eugenio Baronti divenuto recentemente assessore della Regione Toscana alla casa, il secondo Alessio Ciacci che gli è succeduto come assessore all'ambiente di Capannori
Le stesse tematiche saranno socializzate nel trentunesimo incontro nazionale promosso dalle Comunità di base che si svolgerà nei giorni 25-27 aprile 2008 a Castel san Pietro terme (Bologna) sul tema: « Società sobria equa solidale - culture e pratiche dal basso».
Questa è la Quaresima di oggi che parla il linguaggio della vita reale.

 Enzo Mazzi        il manifesto 13/3/08