Quando il potere non tollera il dissenso
La democrazia comincia a funzionare quando la gente ha la possibilità di
scegliere e selezionare la propria classe dirigente. Ma funziona
realmente quando la classe dirigente scelta è in grado di assumersi la
responsabilità delle proprie scelte e delle proprie azioni, di sottomettersi
alle critiche e di accettare il dissenso. Ora, come ha sottolineato Nadia
Urbinati sulle pagine di Repubblica, uno dei problemi principali di fronte al
quale ci si trova oggi in Italia è l´intolleranza da parte del potere in carica
di fronte al dissenso: "L´obiettivo è terrorizzare e ridurre al silenzio chi
pensa liberamente per infine circondarsi di yes-men e yes-women".
Ma non è tutto. Perché, in fondo, quest´intolleranza di fronte al dissenso ha
radici profonde: si fonda sulla volontà (più o meno rivendicata) di non
assumersi la responsabilità dei propri gesti e le conseguenze delle proprie
azioni. Il nostro Presidente della Repubblica ha allora perfettamente
ragione quando invita i responsabili politici alla "moderazione",
all´"equilibrio" e alla "responsabilità". Ma che fare quando è il senso stesso
di queste parole che sembra ormai desueto? Si può ancora parlare di "senso di
responsabilità" quando, deliberatamente, alcuni dei nostri dirigenti si
comportano come se la realtà non esistesse?
L´attacco frontale contro la Repubblica, quello più ipocrita contro l´Avvenire e
la critica feroce ad una buona parte della stampa italiana e estera da parte di
Silvio Berlusconi si iscrivono direttamente in questo clima di "diniego della
realtà", un diniego che porta il nostro premier a pretendere che il sistema
informativo non faccia altro che indurre il lettore "a recepire come circostanze
vere realtà di fatto inesistenti". Alcuni fatti sono stati dimostrati, prove
alle mani. Ma Berlusconi continua ad affermare che si tratta solo di "menzogne"
e "bugie": "Povera Italia, sulla stampa tutto il contrario della realtà". Cosa
resta allora della realtà quando la sola realtà degna di questo nome sembra
essere quella enunciata dal potere? Perché sforzarsi ancora di ricostruire gli
avvenimenti, cercare di capire quello che accade, e chiedere che i responsabili
politici assumano la responsabilità dei propri gesti?
A
partire dal momento in cui la realtà non esiste, tutto può essere dichiarato e
smentito, senza più bisogno di assumersi alcuna responsabilità. Da
questo punto di vista, il caso italiano è sintomatico di una certa ideologia
contemporanea, quella stessa ideologia che, promuovendo il volontarismo
individualistico, porta a credere che la chiave del successo personale risieda
nella capacità che alcuni hanno di manipolare la realtà. È il trionfo dei
nuovi eroi carismatici, di cui Berlusconi è un esempio emblematico. A
differenza dell´eroe classico, come l´Ettore dell´Iliade, che, consapevole della
propria vulnerabilità, è sempre pronto al sacrificio quando le circostanze lo
richiedano, l´eroe contemporaneo pensa di essere invulnerabile ma, nel
momento in cui gli si chiede di assumersi la responsabilità dei propri gesti, si
tira indietro: la realtà è differente da quello che sembra; i
responsabili, se proprio si vuol parlare di responsabili, sono altrove. "Ho
appreso ad essere forte, sempre a combattere in mezzo ai primi troiani, al padre
procurando grande gloria e a me stesso", dice Ettore a Andromaca prima di
partecipare alla battaglia. Il suo eroismo consiste nell´assumere fino in fondo
i rischi del proprio ruolo: sa perfettamente che lo aspetta la morte, ma non si
sottrae alla realtà. "Presidente - dichiara Berlusconi il 4 settembre a Giorgio
Napolitano – sappi che in tutta questa storia di Boffo io non c´entro
assolutamente nulla, i giornali hanno diffuso solo falsità. Feltri lo conosci
anche tu. Semmai la prima vittima sono io". Leggendo queste parole, sembra
quanto meno legittimo interrogarsi su ciò che caratterizza oggi molti nuovi
leader. Sottrarsi alla realtà, imbrogliare le carte, chiedere ad altri di
sacrificarsi al proprio posto? Tanto più che Berlusconi non è un caso isolato.
Non è proprio quello che altre personalità politiche europee, come Nicolas
Sarkozy o Angela Merkel, rimproverano a una parte del mondo della finanza e ad
alcuni traders, i cui comportamenti irresponsabili (e raramente assunti)
sono all´origine della crisi economica attuale?
Per non perdere il proprio posto di leader e evitare che un crepa possa
rovinare il proprio ritratto – il ritratto di uomini dotati di onnipotenza e
capaci di realizzare tutto ciò che i loro avversari non hanno mai osato o saputo
intraprendere – i nostri eroi contemporanei devono potersi sottrarre alla
realtà, negarla, ricostruirla a proprio piacimento. È proprio
all´interno di questo meccanismo di diniego e di ricostruzione che il nuovo eroe
può d´altronde muoversi a proprio agio e prosperare, incarnando alla
lettera (ciò che forse spiega il suo successo) i valori dell´individualismo e
del volontarismo promossi dalla contemporaneità: sottratto al ruolo che
altri possono avergli assegnato, è ormai pronto a tutto; svincolato dai vecchi
obblighi morali, che dettavano i precetti dell´agire, pensa di poter sempre
determinare ciò che desidera. Peccato che, all´interno di questo nuovo mondo
eroico, non ci sia più nessun posto per la "moderazione", l´"equilibrio" e il
"senso di responsabilità" cui ci richiama il capo dello Stato! Che senso,
infatti, può ancora avere parlare di "responsabilità" – termine che si riferisce
direttamente ai doveri e agli obblighi legati al ruolo che si riveste e alle
funzioni che si occupano – quando non solo si negano le conseguenze dei propri
atti, ma si pretende anche che la realtà sia differente da quello che è? A quale
"moderazione" ci può ancora riferire quando più nessun limite sembra esistere,
dal momento che la realtà – che è proprio ciò che limita l´azione della volontà
onnipotente – non esiste più?
Ciò cui si sta assistendo oggi in Italia mostra tutti i paradossi di una
certa modernità: nel momento in cui l´autonomia e la libertà sembrano potersi
finalmente affermare – permettendo alle persone di sottrarsi
all´universo dell´eteronomia (in cui le norme morali vengono imposte da
un´autorità esterna) e di accedere a un mondo in cui ognuno ha la possibilità di
scegliere liberamente ciò che vuole fare della propria vita, assumendone però
sempre le conseguenze – le derive incarnate dai nuovi leader svuotano
dall´interno libertà e autonomia. La loro condotta irresponsabile sembra
suggerire che basta "volere per potere" e che, una volta che si è agito, poco
importano le conseguenze perché la realtà può essere manipolata e ricostruita.
Come denunciava Orwell in 1984: "La realtà non è qualcosa di esterno, la realtà
esiste solo nella mente […]. Non è possibile discernere la realtà se non
attraverso gli occhi del partito". Peccato che, nel momento stesso in cui
la realtà esterna non ha più valore, anche la libertà e la responsabilità non
abbiano più senso.
Michela Marzano Repubblica 13.9.09