Profumi da donna virtuosa nell'armatura
di Dio
Il Verbo
repubblicano nel marketing elettorale dei «prodotti cristiani»
Infradito e cd, profumi e pigiami, palestre e
assicurazioni con il logo «cristiano». Ma anche nel mercato divino la Wal-Mart
batte il dettaglio
Con 13.95 dollari potete comprare un bel
paio di infradito da spiaggia con citazione biblica, che lasciano sulla sabbia
la scritta Follow the Sun, «seguite il Figlio» (Giovanni 8,12). E' solo uno
delle migliaia di «prodotti cristiani» venduti negli Usa da qualche centinaio di
«negozi cristiani».
I «negozi cristiani» sono da molti anni parte del panorama
commerciale statunitense. Per decenni, specie in centri urbani minori, nella «Bible
Belt» (la «cintura della Bibbia») del profondo Sud o nelle zone rurali del
Midwest, piccoli negozi gestiti da coppie anziane o da volontari di qualche
chiesa protestante hanno provveduto a vendere libri di devozione, immaginette e
calendari con citazioni bibliche, cassette con musica e salmi. I commercianti
cristiani erano (e in gran parte sono) motivati da spinte imprenditoriali, ma
anche da una professione di fede e dalla chiamata a «diffondere il Verbo» e a
raggiungere, attraverso i prodotti che vendono, anime perse, dubbiose o
indifferenti.
Ma in tempi recenti la situazione è cambiata. Anche a
seguito della crescente «cristianizzazione» della società americana, che si
manifesta sia sul piano politico (con il peso determinante delle organizzazioni
religiose nel voto vincente per i repubblicani) sia sul piano culturale (esempio
eclatante il successo del film di Mel Gibson The Passion), la domanda di
«prodotti cristiani» ha avuto una forte crescita. Ed ha anche assunto le forme
molto laiche e consumistiche che caratterizzano le moderne tecniche di marketing
e merchandising.
Il business è diventato davvero grosso: tra il 2000 e il
2004 le vendite di prodotti a tema cristiano sono passate da 4 a 4.3 miliardi di
dollari. E contemporaneamente si sono allargate a dismisura le tipologie di
prodotti offerti. Tanto che da alcuni anni viene organizzata una fiera di
prodotti cristiani, il «Christian Retail Show», con circa 400 stand di
produttori e oltre 10 mila visitatori. Oltre ai tradizionali libri, ai cd, ai
biglietti di auguri, la scorsa edizione, tenutasi a Denver (la prossima avrà
luogo nel luglio del 2007 ad Atlanta) ha presentato il nuovo «profumo
cristiano», chiamato «Donna virtuosa» e confezionato in bottigliette piramidali
di cristallo. Sulla confezione, versetti biblici dal libro dei proverbi. Per il
proprietario, Milton Hobbs, usare un profumo come questo può suscitare domande e
aprire conversazioni che riguardano la fede. La ditta Christian Outdoorsman
propone berrettini da baseball mimetici con una grande croce rossa e
copri-Bibbia mimetici. Revelation Products, azienda di St. Louis, ha due
prodotti di punta: palline da golf («Gospel Golf Balls») con versetti del
Vangelo di Giovanni e lo slogan «una grande palla da golf per uno scopo più
alto», e le ciabatte da mare «Follow-the-Son». E ci sono bambole, cioccolatini,
«caramelle delle Scritture». Non mancano figurine in plastica dell Regina
Esther, decalcomanie di pirati Cristiani, palloncini con le immagini di David e
Golia, pigiami «Armatura di Dio». E oltre ai prodotti, i servizi: esistono, e
partecipano alla fiera, palestre cristiane, compagnie di assicurazioni
cristiane, potatori di alberi cristiani. Il mercato sembrerebbe poter conoscere
un'espansione senza fine.
Ma la situazione dei dettaglianti cristiani non è così
tranquilla come sembra né le prospettive sono così rosee. Il problema è che come
su ogni prodotto che ha successo in una particolare nicchia di mercato, sui
«prodotti Cristiani» si sono gettate le grandi organizzazioni commerciali che
dominano il panorama del dettaglio statunitense. Prima c'è stata la concorrenza
delle vendite online di prodotti religiosi. Ma anche le catene di supermercati e
grandi magazzini discount come Wal-Mart sono state veloci a inserire linee di
prodotti cristiani o ad ampliare quelle esistenti. Il risultato è che la quota
di prodotti religiosi che vengono venduti attraverso i negozi cristiani
indipendenti è scesa dal 57 al 53%. Con la conseguente chiusura di un buon
numero di piccoli negozi. I dettaglianti cristiani sono infatti passati da 2400
a 2100 negli ultimi cinque anni.
Come rispondere a questo attacco da parte, tra l'altro, di
strutture come Wal-Mart che hanno una base geografica (il Sud) e sociale (gli
strati meno acculturati e più poveri) di clientela simile a quella dei «Christian
retailers»? I negozi cristiani hanno cominciato a prestare sempre maggiore
attenzione all'estetica, al design e al servizio al cliente. «I dettaglianti
cristiani - ha spiegato Andy Butcher, direttore della rivista Christian
Retailing - si stanno rendendo conto che non possono più competere sul piano del
prezzo con le grandi catene che hanno un potere di acquisto enorme. Che cosa è
che ci rende diversi? E' che proponiamo un ambiente sicuro. Non solo un posto
dove comprare, ma dove essere. Stiamo creando luoghi che siano adatti tanto per
rilassarsi quanto per fare acquisti». Su questa linea si sono mossi, e stanno
avendo un grande successo coloro che hanno iniziato ad aprire delle catene di
caffè cristiani. Un esempio, quello di Brian e Kathy Brady. Brian è stato
licenziato circa un anno e mezzo fa dalla mega-catena di coffee-shops Starbucks.
Lui e la moglie sono stati incoraggiati dagli amici ad aprire un'attività che
combinasse la loro esperienza nel campo del caffé con la loro «vocazione
missionaria». Brian e Kathy hanno aperto un piccolo caffé in Virginia, in un
angolo di una libreria Cristiana. Poi la cosa è cresciuta, hanno trovato un
nuovo locale dove offrono espresso, musica e possibilità di stare insieme e di
pregare per membri delle comunità cristiane locali. «Un'estensione della Chiesa
nella vita di tutti i giorni», la definiscono i proprietari. Che hanno già
aperto un franchise del loro Mobys Coffee e ne apriranno altre cinque entro fine
anno. «Dio mi ha dato una visione: aprire mille punti vendita di Mobys Coffee»,
ha detto Brian Brady ad un giornale locale.
Non tutti guardano al fenomeno dei prodotti cristiani con
favore, neppure all'interno della comunità dei credenti. Alcuni dei quali
rilevano contraddizioni interne legate al diffondersi di questo business,
rispetto alla dichiarata volontà di fare proseliti e di risvegliare le
coscienze. «E' come creare un mondo parallelo, invece di impegnarsi in quello
reale - ha notato Alan Wolfe, uno studioso di scienze Politiche che dirige il
Center for Religion and American Public Life presso il Boston College - E'
un'ammissione della difficoltà di portare la gente a Gesù e la ricerca di una
fortezza isolata dove si hanno rapporti solo con quelli che già credono». Wolfe
nota come l'idea che prodotti che portano inciso un versetto biblico o profumi
che si proclamano «cristiani» possano essere uno strumento di apertura di un
discorso sul senso della religione e, in ultima analisi, di evangelizzazione,
sia una parodia della missione che dovrebbero assolvere i veri cristiani. E
gente come Ellie e Don Cupps, gestori di due librerie cattoliche in New Mexico,
hanno fatto sapere ai giornali come siano disgustati dall'uso improprio delle
immagini di Gesù Cristo per vendere qualsiasi prodotto. «Pensano che basti
sbattere Gesù su un prodotto qualsiasi per farlo vendere. In realtà sono mode
passeggere».
Andrea Rocco il manifesto 5/11/2006