Profondo nord, trionfa il Dio della Lega

Brescia, ore 12, semaforo di Piazza Repubblica. Nonostante il rosso due studenti attraversano la
strada. Un automobilista protesta suonando il clacson. Un attimo successivo stessa scena. Ma questa
volta sono due stranieri a non rispettare lo stop. Sopraggiunge un centauro metropolitano a bordo
del suo grosso scooter. “Negher de m...” urla tra l’indifferenza dei passanti. Stazione dei bus che da
Brescia centro portano verso l’estesa provincia. Studenti e lavoratori; tra loro molti stranieri. Le
persone prendono posto sul mezzo pubblico: davanti gli italiani, dietro gli altri. Nessuno lo ha
imposto. Eppure è così. C’è però chi sceglie di sedersi accanto a un giovane senegalese che sgrana
gli occhi incredulo. Gli italiani osservano di sguincio la scena. “Quando mio figlio gioca con i suoi
amici ci sono anche alcuni marocchini e kosovari. A me questo non piace. Sarei più sicura se mi
figlio trascorresse il suo tempo con gli italiani e non con gli altri
” aveva detto una signora
intervistata a Coccaglio (provincia di Brescia) nelle giornate calde della vicenda White Christmas.

Fatti e storie di quotidiana intolleranza vissuti nei luoghi della profonda tradizione cattolica. Città e
paesi che ogni anno “sfornano” missionari sparsi per il mondo ad annunciare il Vangelo. La diocesi
di Brescia si distingue per il numero di adozioni a distanza di seminaristi, sacerdoti e associazioni onlus
impegnate per la cooperazione. Senza parlare delle famiglie che fanno volontariato e di quelle
che ogni anno adottano bambini stranieri. Le strade e le piazze descrivono una società già
multiculturale con momenti di integrazione e confronto reciproco, specie tra le giovani generazioni
che si ritrovano tra i banchi di scuola o nelle partite di pallone. Eppure è qui che il leghismo
intollerante riesce a unire e cementare la paura dell’altro in quanto tale alimentando un cortocircuito
dagli esiti devastanti per il vivere civile.
In tutto ciò la religione viene usata come pretesto per dare
peso alla politica;
poco importa se dal pulpito del Duomo di Milano, nel primo giorno dell’anno,
pure monsignor Gianfranco Bottoni, responsabile delle relazioni ecumeniche e interreligiose,
rivolgendosi al cardinale Dionigi Tettamanzi lo ha esortato “a non temere le critiche che nascono
dall’ignoranza della parola di Dio” e provenienti “da chi si dice cristiano senza esserlo
”. Ma c’è chi
ha pensato di sferzare un colpo a un certo perbenismo che impone il silenzio su taluni argomenti.
Come nel caso di don Fabio Corazzina, parroco di Santa Maria in Silva a Brescia, Claudio Treccani,
animatore del Centro missionario diocesano che insieme con Francesca Martinengo (giovane
studentessa) hanno scritto una lettera alla “Brescia cattolica” che è molto aperta verso il sud del
mondo ma altrettanto chiusa verso gli immigrati: “Cresce, anche nelle nostre parrocchie e fra i preti
e religiosi – si legge nella lettera – una cultura leghista ben lontana dal Vangelo. Si raccolgono firme
per difendere il crocifisso, brandendolo come una spada e urlando che nessuno potrà mai privarci
dei nostri simboli, della nostra storia e della nostra identità. Dilaga la violenza verbale, culturale e
aumentano i gesti di avversità contro gli stranieri”
. Ci domandiamo perché le nostre comunità si
siano così incattivite. Ci domandiamo perché, anche nei nostri consigli pastorali e fuori dalle chiese,
in paesi di maggioranza cattolica, sia più facile sentire una bestemmia piuttosto che una parola di
speranza
”. E ancora: “Chiedere giustizia e legalità non ci esime dal coraggio dell’ospitalità e
dall’accoglienza. Chiedere sicurezza e meno violenza non ci esime dalla valutazione della mole di
violenza che noi abbiamo e stiamo seminando nel mondo.
Chiedere identità significa fare
seriamente il punto sulla qualità della nostra vita e scelta cristiana, di singoli e comunità. Se le
destre e le sinistre che inneggiano al crocifisso e al bianco Natale, se chi vuole mettere la croce sulla
bandiera italiana si fermasse a leggere e vivere il Vangelo nulla di questo sarebbe accaduto. Intanto
le comunità cristiane balbettano o tacciono”.


Elisabetta Reguitti     il Fatto Quotidiano  5 gennaio 2010