Il premier, la Chiesa e la moralità della politica

 

Ci si chiede in Italia, soprattutto tra i cattolici, e soprattutto tra i cattolici cosiddetti "impegnati", se

le gerarchie ecclesiastiche abbiano proferito o no delle nette ed esplicite espressioni di condanna

verso i comportamenti poco conformi alla morale (cattolica e no) da parte dell´attuale capo del

governo. Come ricordato da Adriano Prosperi su questo giornale qualche giorno fa, un sacerdote al

proposito ha scritto ad Avvenire una lettera un po´ perplessa, ricevendo però dal direttore Dino

Boffo l´assicurazione che le parole di condanna da parte della Chiesa sui comportamenti immorali

del premier ci sono state, e sono state chiare e forti.

Non so se la replica del direttore del quotidiano dei vescovi abbia chiarito le perplessità del

sacerdote e di tanti altri cattolici insieme a lui, anche perché occorrerebbe poter avere un metro di

misura il più possibile oggettivo per valutare la chiarezza e la forza delle parole proferite. Ebbene,

ieri è stato lo stesso quotidiano cattolico a fornire questo metro all´opinione pubblica. Mi riferisco

allo spazio e ai toni degli articoli dedicati da Avvenire alla decisione dell´Agenzia Italiana del

Farmaco di introdurre legalmente negli ospedali italiani la pillola RU 486, rendendo di fatto

possibile l´aborto per via farmacologica. Naturalmente anche nei giorni scorsi vi erano state non

poche prese di posizione al riguardo, tutte inequivocabilmente chiare e forti, ma ieri lo spazio

dedicato alla questione è stato clamoroso: mezza prima pagina, una lunga e articolata intervista al

presidente della Cei a pagina 3, e le intere pagine 4 e 5 con servizi e articoli di varia natura. Sono

sicuro che nessun sacerdote scriverà mai al direttore di Avvenire per chiedergli come mai la voce di

condanna della Chiesa sulla pillola abortiva non si sia levata in modo chiaro e forte. Quando la

gerarchia vuole, la sua capacità di mobilitazione delle coscienze cattoliche (in funzione della quale

Avvenire è uno strumento strategico privilegiato) sa essere molto efficace, e non c´è nessuno che in

questo paese non ricordi che cosa succedeva nei giorni finali del caso Englaro, per fare solo un

esempio.

 

Penso quindi che siamo entrati in possesso di un criterio oggettivo, fornito dallo stesso Avvenire,

per poter valutare in modo imparziale, il più possibile scevro da passioni, il grado di impegno nel

condurre una campagna di comunicazione su un fatto importante della vita morale di questo paese.

Sulla base di questo criterio ogni cittadino può valutare da sé la presa di posizione dei capi della

Chiesa rispetto a due casi. In particolare a mio avviso lo può e lo deve fare ogni cattolico, per

valutare nel foro interiore della sua coscienza quanto gli attuali dirigenti della chiesa (nel gergo

ecclesiastico si dice "pastori") abbiano a cuore il bene comune e si diano realmente da fare per

realizzare la caritas in veritate, cioè l´amore nella verità. Il tema di fondo infatti è proprio questo, la

verità, che declinata nella vita pubblica della politica si chiama onestà, onestà dei comportamenti e

delle dichiarazioni. Grazie al numero di ieri di Avvenire ognuno può confrontare da sé e farsi un

´idea. Io mi limito a ricordare le ultime battute della lunga intervista del cardinal Bagnasco (che a

quanto mi risulta, ma spero di sbagliare, non è invece mai intervenuto a proposito delle vicende

private dell´attuale capo del governo, private ma purtroppo non estranee alla vita politica né tanto

meno a quella morale del nostro paese). In risposta alla domanda sul perché la Chiesa si sente tanto

impegnata nelle questioni bioetiche, il presidente dei vescovi italiani ha detto: "Perché ama l´uomo,

lo ama integralmente e non solo per alcuni aspetti. È la questione antropologica che ricorda anche il

Papa nell´ultima enciclica: tutto ciò che riguarda l´uomo non può non interessare la Chiesa. Gesù è

venuto a salvare tutti gli uomini e tutto l´uomo. Per questo la Chiesa non può tacere né

disinteressarsi di ciò che riguarda la persona, e di conseguenza la società e lo Stato". Belle parole,

chiare e forti, che la coscienza vorrebbe poter ascoltare sempre, anche in sede di morale della vita

politica, perché anche lì ne va della persona, della società e dello Stato. Se la pillola RU 486

sopprime la vita a livello fisico, le vicende "sentimentali" dell´uomo più importante d´Italia (e

quindi inevitabile modello per milioni di persone) sono una seria minaccia per la vita a livello

morale. E come la pillola abortiva colpisce i più deboli, cioè gli esserini che non chiedono altro che

di venire al mondo, allo stesso modo l´irrisione della famiglia e delle sue regole nella vita privata di

chi gestisce il potere colpisce la coscienza dei più deboli, in questo caso i giovani, da sempre

affascinati dagli uomini di successo. Temo però che il presidente dei vescovi, il quotidiano cattolico

e le altre istituzioni ecclesiastiche non "scenderanno mai in campo" con la stessa passione morale.

Mi chiedo perché, e non so rispondere.

Vito Mancuso, teologo       la Repubblica  3 agosto 2009