il pericolo di una “religione civile”…

 

Tra fede e religione un abisso
FILIPPO GENTILONI

 

Di «religione civile» si parla molto, ma non sempre correttamente, e comunque dovremo farci i conti tutti, anche i cattolici, anche sotto il pontificato di Benedetto XVI. Gli Stati Uniti sono una delle sue patrie, non l'unica. È una religione che giova alla società, la tiene unita, sottolinea il valore e il ruolo delle autorità e delle leggi. Cerca di impedire i sovvertimenti e i delitti, dunque giova al bene comune, aiuta le polizie e anche le forze armate. Saluta la bandiera. Bush invoca sempre il suo Dio. Che le leggi siano osservate, che i primi siano veramente primi, pazienza se gli ultimi non possono che rimanere ultimi: è questa la religione che oggi abbiamo quasi sempre sotto gli occhi. Nei paesi musulmani questa religione civile è codificata ufficialmente, al punto che quasi non si distingue dalle leggi dello stato. Ma anche nei paesi a maggioranza cristiana questo civile matrimonio fra stato (società) e chiesa si sta affermando sempre più decisamente. Forse anche per la debolezza dello stato, che va in cerca di benedizioni, di legittimazioni, di divinità che suppliscano alle sue debolezze. Dal canto loro, le religioni sono generalmente pronte a compiere la loro «supplenza», quale più, quale meno, s'intende. Un compito importante e, soprattutto, ben visibile. In un tempo nel quale la secolarizzazione invadente rischiava di ridurre le religioni alle sacrestie e alle camere da letto, questo loro ruolo «civile» le riporta in prima pagina. Visibilità e spesso anche sussidi. Senza la religione lo sfascio, il disastro: è quanto ripetono non soltanto i Vaticani, ma anche buona parte della cultura laica.

Veramente laica? Se ne può dubitare. Il successo della religione civile, al di là e al di qua dell'Atlantico, comporta il fallimento di una vera e autentica laicità, che ammette così la sua insufficienza: lo stiamo costatando in questi giorni nel nostro paese, prima e dopo il referendum, prima e dopo l'elezione di Benedetto XVI. D'altronde il successo della religione civile non ferisce soltanto la laicità ma anche la fede, soprattutto quella cristiana. Quella il cui simbolo non è una società ben ordinata ma la sovversione della croce. Forse bisogna riprendere quella distinzione fra religione e fede che il grande teologo Barth aveva elaborato. Fra le due posizioni un abisso, se non proprio una contraddizione. La fede non avalla la funzione civile della religione, ma, al contrario, la condanna come idolatria. Idolatro sarebbe, appunto, un cristianesimo appiattito al ruolo di superpolizia o supermagistratura o supercostituzione.

Un tema del quale bisognerà riparlare, se è vero che le varie forme di religione civile stanno invadendo chiese, associazioni, comunità. Da molti pulpiti si sente la sua voce simpatica, accomodante, persuasiva. Gradita ai mass media e ai dollari che li governano.

 

Il manifesto 10/07/05