Per uno sciopero
della liturgia
Grida la propria ininfluenza in campo ecclesiale il silenzio del cattolicesimo
progressista sugli
attuali scandali vaticani. Vescovi, teologi, preti e laici del cosiddetto
«disagio» (guai a parlar di
dissenso) sono muti e immobili. Nessuno che invochi o convochi un qualche
incontro sinodale per
socializzare, per trovare un varco di speranza. Ognuno è chiuso nel suo sgomento
e s'affida ai
sussurri. Si parla di alta teologia come è successo a Firenze sabato scorso
nell'incontro Il vangelo ci
libera e non la legge, dimenticando il Vangelo annunciato lì a due passi
dalla Comunità delle Piagge
e da don Alessandro Santoro colpiti dalla legge canonica.
Qui ci vorrebbe uno sciopero generale della liturgia e
della pastorale. Fermarsi tutti e discutere
dell'assetto istituzionale ecclesiastico che dimostra di non reggere più di
fronte alle sfide della
secolarizzazione. La monarchia assoluta, questo è il papato, residuo
medioevale di una teocrazia
radicale e fondamentalista, non è più in grado di tenere di fronte ai nuovi
poteri che s'impongo con
una forza che annulla le «armi» di infallibilità, scomunica e giudizio divino
con le quali finora il
papa imponeva il suo potere. Scienza, danaro, informazione, democrazia
hanno consentito al potere
ecclesiastico di sopravvivere delegando al papa e ai preti la realtà considerata
residuale dell'etica e
dei valori. Faceva comodo la sponda papale. Ma era evidente che piano
piano questa delega veniva
erosa e svuotata. L'arroccamento sulla difesa della vita dal suo concepimento
alla morte non regge
più di fronte a una scienza che sposta e assottiglia continuamente il confine
fra la morte e la vita.
L'anima immortale, il peccato originale, l'inferno, il paradiso,
l'onnipotenza di dio, l'indissolubilità
del matrimonio, l'alterità sacrale del sacerdozio e i mille fondamenti
dell'etica cattolica sono dogmi
ormai svuotati.
È la prima volta che un papa si difende con gli strumenti
della democrazia: il comunicato stampa.
Non poteva farne a meno. Ma così ha mostrato al mondo la sua debolezza.
Perché il comunicato si
presta a interpretazioni capaci perfino di ribaltarne il significato e di
affermare e confermare ciò che
il papa nega. Il comunicato consente di scavare a fondo e già si annunciano
altri scandali che
sembrano investire addirittura la persona del papa (cf. E. Carnevali su Adista
12 settembre 2009).
La curia vaticana e le curie vescovili sono da sempre covi si vipere.
Finora la blindatura era quasi
totale. La cosa nuova è che per i moderni poteri dell'informazione non ci sono
più segreti sacri e
non esistono ostacoli canonici.
Non che la modernità sia tutta rose e fiori, anzi. I nuovi poteri hanno aspetti
positivi ma hanno in sé
anche una potenza distruttiva pari a quelli antichi. Oggi attraverso una
martellante insinuazione e
propaganda masmediatica passa una cultura omologata ed omologante secondo la
quale non è la
disobbedienza civile, umana, religiosa a offrire spazi creativi per far crescere
la coscienza collettiva
ed operare per la fraternità e la giustizia ma è unicamente il piegare il capo
che può limitare i
conflitti e preservare una permanenza negli spazi del sacro e del potere.
«L'obbedienza non è più una virtù» fu per noi e per
molti, persone e movimenti, una conquista
pagata a caro prezzo. Poi venne l'omologazione. Ma questi orridi
scandali vaticani, questa
debolezza del potere ecclesiastico, queste immense contraddizioni che si aprono
impongono di
ripartire da quella scelta che fu sconsideratamente chiamata «dissenso» e che
invece era e forse è
ancora coerenza evangelica di una fede che finalmente si libera dalla religione
di chiesa.
don Enzo Mazzi il manifesto 12 febbraio 2010