IL PEGGIO DELLA CRISI DEVE ANCORA ARRIVARE?
In un articolo precedente affermavamo che la crisi attuale è, più che economico-finanziaria, una crisi di umanità. Sono stati colpiti i fondamenti che sostengono la socialità umana - la fiducia, la verità e la cooperazione -, distrutti dal-la voracità del capitale. Senza di essi la politica e l’economia sono impossibili. Irrompe la barbarie.
Vogliamo presentare questa riflessione di tipo filosofico ispirati da due illustri pensatori: Karl Marx e Max Horkheimer. Quest’ultimo fu una delle preminenti figure della scuola di Fraconforte, insieme ad Adorno e Habermas. Anche prima della fine della Seconda guerra mondiale, nel 1944, ebbe il coraggio di dire, in alcune conferenze all’Università della Columbia (Usa), pubblicate sotto il titolo Eclisse della Ragione, che la vittoria imminente degli alleati sarebbe servita a poco.
La causa principale della guerra continuava ad essere attiva nel nucleo della cultura dominante: era il sequestro della ragione da parte del mondo della tecnica e della produzione, dunque del mondo dei mezzi, dimenticando totalmente la discussione sui fini. L’essere umano, cioè, non si poneva più domande su un senso più alto della vita. Vivere è produrre senza fine e consumare tutto il possibile. È un obiettivo meramente materiale, senza alcuna grandezza. La ragione è stata usata per rendere operativa questa voracità. Sottomettendosi a questa, la ragione si è oscurata, tralasciando le domande che aveva sempre posto: che senso hanno la vita e l’universo? Qual è il nostro posto? Senza risposte a queste domande, non ci rimane che la volontà di potere che conduce alla guerra, come nell’Europa di Hitler.
Qualcosa di simile diceva Marx nel terzo libro de Il Capitale, mostrando chiaramente come il punto di partenza e di arrivo del capitale sia lo stesso capitale nella sua volontà illimitata di accumulazione. Il suo obiettivo è l’aumento senza fine della produzione, per la produzione e con la produzione, associata al consumo, nella prospettiva di sviluppare tutte le forze produttive. È l’impero dei mezzi senza discutere dei fini, né di quale sia il senso di questo processo delirante. Sono i fini umanitari quelli che sostengono la società e danno senso alla vita. Un concetto ben espresso dal nostro economista-pensatore Celso Furtado: “La sfida che si pone alla soglia del XXI secolo è nientemeno quella di cambiare il corso della civiltà, spostare l’asse dalla logica dei mezzi al servizio dell’accumulazione, in un orizzonte temporale di corto respiro, a una logica dei fini in funzione del benessere sociale, dell’esercizio della libertà e della cooperazione fra i popoli” (Brasile: la costruzione interrotta, 1993, p. 76).
Non è stato questo che ci hanno consigliato gli ideologi del neoliberismo, della deregulation economica e del laissez-faire dei mercati. Hanno mentito a tutta l’umanità promettendole il migliore dei mondi possibili. Non esistevano alternative a questa via, dicevano. Tutto questo è stato ora smascherato, generando una crisi che sarà anche peggiore. E la ragione risiede nel fatto che la crisi attuale si è inserita all’interno di altre crisi ancora più gravi: quella del riscaldamento planetario, che assumerà dimensioni catastrofiche per milioni di esseri umani, e quella dell’insostenibilità della Terra in conseguenza della virulenza produttiva e consumista. Abbiamo bisogno di un terzo in più di Terra: la Terra, cioè, ha già superato del 30% la sua capacità di rigenerarsi. Non regge più il tasso di crescita e di consumo attuali, a cui aspira ogni Paese. E si difende producendo caos, non creativo, ma distruttivo.
È qui il limite del capitale: nel limite della Terra. Questo non esisteva nella crisi del 1929. Si dava per scontata la capacità di sopportazione della Terra. Oggi no: se non salviamo la sostenibilità della Terra, non troverà più spazio il progetto del capitale nel suo proposito di crescita. Dopo aver reso precario il lavoro sostituendolo con la macchina, ora sta liquidando la natura.
Considerazioni simili raramente compaiono nel dibattito attuale. Predomina il tema dell’estensione della crisi, degli indici della recessione e del livello di disoccupazione. In questo campo, i peggiori consiglieri sono gli economisti, specialmente i ministri dell’economia. Essi sono prigionieri di un tipo di ragione che li rende ciechi alle questioni vitali. Bisogna ascoltare i pensatori e quelli che amano la vita e si prendono cura della Terra.
Leonardo Boff, teologo della Liberazione brasiliano ADISTA documenti n.89 2008