Il peccato della sodomia
Il gravissimo peccato della sodomia, contrariamente a quanto potenti e chierici
sessuofobi e omofobi hanno voluto raccontare e far credere, non ha nulla a
che fare con il sesso, né etero né omo, ma riguarda il comportamento nei
confronti dello straniero e del debole. Ricordiamo per sommi capi
l’episodio biblico: Lot, nipote di Abramo, risiede nella città di Sodoma e
ospita tre stranieri, nella fattispecie i tre arcangeli sotto spoglie di
viandanti che hanno annunciato ad Abramo la nascita utopica di suo figlio
Isacco. I sodomiti si recano a casa di Lot e gli intimano di consegnar loro gli
stranieri per violentarli. Non portano loro un invito per un orgia, ma vogliono
usare contro di loro una delle più atroci e degradanti forme di violenza. Questa
è la ragione per la quale i nostri maestri indicano la sodomia come il peccato
irredimibile di violenza contro lo straniero e ciò vale a fortiori per il
clandestino, perché essendo sprovvisto di tutele giuridiche è doppiamente
straniero, in quanto straniero e debole. La città ostile allo straniero fu
rasa al suolo perché non vi si trovarono dieci giusti che potessero intercedere
per la sua salvezza. Fortunatamente nel nostro Paese molte sono le voci
che si sono levate a denunciare con toni fermi questa legge vile e malvagia, a
cominciare dalla Chiesa cattolica e numerose associazioni cristiane. Il ministro
Maroni invece ha dato prova della sua caratura con la consueta protervia del
vincitore. Quelli come lui definiscono tutti quelli che sanno indignarsi contro
la vigliaccheria: buonisti. Noi non siamo buonisti siamo giusti.
È bene tuttavia avvertire coloro che per paura portano il loro acritico
consenso alla Lega che l’odio verso lo straniero, l’indifferenza verso le sue
sofferenze e la sua disperazione non portano sicurezza ma infamia.
Moni Ovadia l’Unità 4.7.09
Razzismi quotidiani
L’Italia ignava e
l’Italia che si sveglia
Qualche giorno fa un buttafuori dell’Ipercoop sotto casa mia ha pestato un
giovane homeless, uno dei tanti che da sempre stazionano nella zona e con i
quali si riesce ad avere un rapporto, a volte più umano che con gli altri
frequentatori del supermercato. Un episodio che non è finito nelle pagine di
cronaca di nessun giornale ma che fa parte di un clima generale di cui
vale la pena di preoccuparsi perché il dato inquietante è che questo episodio è
avvenuto nella totale noncuranza della gente. Penso a come l’indifferenza per il
destino degli altri stia diventando costume come testimoniano episodi più gravi
di questo: è di circa un mese fa l’assassinio di un rom rumeno che
camminava per strada con la sua donna e la sua fisarmonica, è di due settimane
fa il pestaggio di una ragazza che, unica, ha cercato di difendere dei giovani
gay dall’aggressione di naziskin. Sempre a Napoli ricordo Violetta e Cristina
morte annegate. Sempre la gente intorno guarda e tace o se ne va facendo
finta di niente. Non li riguarda. Ma ci sono due aspetti di questi episodi
che ci riguardano eccome. Il calo di notizie e di clamore mediatico sui crimini
di immigrati e rom e le nuove «emergenze» (veline, escort e le ossessioni del
Papi... ) non dovrebbero distrarci da come la violenza razzista sia oramai
pratica quotidiana e soprattutto da quello che a me sembra la cosa più
preoccupante: l’indifferenza della gente. Quasi che ci sia in qualche modo
l’accettazione della violenza se questa è praticata su uno straniero, su un rom,
su un omosessuale. Ho visto e rivisto il video sulla morte del rumeno a Napoli,
c’è chi dice che la fuga da un uomo morente e dalla sua compagna disperata che
chiede aiuto era per paura, ma per paura non si fanno foto con il cellulare, non
si insulta un uomo morente («zingaro, vai in Romania, ma che vuoi, tu mi rubi»).
Se vince l’ignavia sulla naturale solidarietà verso il nostro prossimo
quando questo è diverso da noi vuol dire che siamo tornati là dove credevamo non
fosse più possibile tornare.
Ma nonostante tutto, sempre più spesso, per strada, nei mercati incontro persone
addolorate per questa situazione, sempre più spesso fanno commenti, raccontano
la propria indignazione. Ieri la custode del teatro dove lavoro dopo aver visto
la prova di una scena nella quale si rappresenta l’indifferenza nei confronti
delle sofferenze dei “diversi” è scoppiata in lacrime: «È vero! È proprio così!
Dove va a finire questo nostro Paese?». Qual è l’Italia vera? C’è una speranza
per tutte le persone non rumorose quanto le camicie verdi, che forse non si
sentono neanche rappresentate politicamente, ma hanno raggiunto il limite di
sopportazione? Spero che il loro risveglio dia un volto all’Italia vera.
Dijana Pavlovic l’Unità 4.7.09
dijana.pavlovic@fastwebnet.it