Il Pd col peccato di Togliatti
Verso il Vaticano la sinistra odierna mostra lo stesso iper-realismo
«Per una
riscossa laica». E’ il titolo del fascicolo speciale di
MicroMega che esce oggi. La parola laicità
viene declinata in venti saggi (dovuti, fra gli altri, a Gian Enrico Rusconi,
Alessandro Dal Lago, Telmo Pievani, Marco Revelli, Carlo Augusto Viano, Eugenio
Lecaldano, Gianfranco Pellizzetti, ecc.). Pubblichiamo l’ultima parte del saggio
di Marco Revelli che analizza «Il peccato originale della sinistra»: quando il
Pci guidato da Togliatti nel 1947 votò compatto l'articolo 7 della Costituzione.
Per un iper-realismo che caratterizza ancora oggi la sinistra italiana, i
comunisti accettarono che la Repubblica nascesse sotto tutela vaticana.
In realtà, se si legge bene l'intervento che l'onorevole Togliatti tenne la
notte stessa del voto alla Costituente, si può cogliere un più significativo
«spessore» dietro quella decisione. Una valutazione e un atteggiamento di fondo,
che rendono più motivata e insieme più preoccupante quella decisione. E anche
più suscettibile di meglio spiegarci l'attuale nostra (pessima) situazione. Se
nell'intervento di Calamandrei si respirava l'aria pura della razionale civiltà
giuridica e di un'etica pubblica orientata alla centralità dei diritti, e se in
quello di Nenni si avvertiva la passione di un radicalismo democratico
impetuoso, nel discorso di Togliatti fu la politica, con tutta la sua grevità, e
drammaticità, in termini di forza e di potere, a prendere la parola. La politica
come luogo specifico dei rapporti di forza e delle delicate dinamiche della
legittimazione, della durezza della logica «amico-nemico» e della minaccia,
sempre presente, della rottura e della precipitazione nella guerra civile. La
grammatica della politica che egli aveva appreso a Mosca, fuori dal campo
addolcito delle consolidate culture democratiche, e che era la stessa che vigeva
in Vaticano (altrettanto cinica ed estranea alla mediazione democratica). La
vera controparte di questa discussione, che dovrebbe essere tra «costituenti»,
cioè tra rappresentanti del popolo italiano, non è in realtà qui, disse in
pratica. È altrove. Fuori dall'Aula. È un'entità straniera e potenzialmente
ostile. È la Chiesa che agisce in realtà come un altro Stato, sul nostro stesso
territorio, con logica sovrana, e che può, se lo vuole, sfidare (con possibile
successo) la nostra sovranità. Per questo, egli disse, «non abbiamo nessuna
difficoltà ad approvare la prima parte dell'art. 7» (quella sul reciproco
riconoscimento dell'indipendenza e della sovranità). Per questo, soprattutto,
mostrò una così impellente preoccupazione di «dichiarare chiusa la questione
romana» con l'assunzione dei Patti Lateranensi: per assicurarsi che quel
fantasma di pace religiosa che essi accreditavano non venisse liquidato. Per
stabilire con la Chiesa una sorta di pace armata. E per esorcizzare il rischio
che la Chiesa di Roma «dichiarasse guerra» alla nascente Repubblica italiana,
negandole proprio nel momento della sua costituzione quella legittimazione che
egli riteneva necessaria, anzi indispensabile, alla sua sopravvivenza.
Togliatti sapeva benissimo che dietro la rigidità della Dc e di De Gasperi c'era
la pressione dell'intransigentismo vaticano. E che il papa Pacelli, nel suo
oltranzismo, aveva esplicitamente minacciato De Gasperi di togliere il proprio
appoggio alla «sua» Dc se non ne avesse accettato gli ordini. Sapeva cioè che la
Chiesa era pronta a entrare in campo direttamente, per impedire che il nuovo
Stato nascesse come entità indipendente. Per questo permise, anzi favorì,
l'inserimento nella nostra Costituzione dell'assenso papale. Con mossa insieme
realistica e suicida. Incorporando nell'atto di nascita il sigillo della sua
subordinazione. Accettando che la Repubblica democratica italiana nascesse come
entità posta sotto tutela vaticana. Accettando, settant'anni dopo Porta Pia, per
la seconda volta, la riconquista dell'Italia da parte del potere della Chiesa.
In quella temperie, il principale partito dell'ipotetico schieramento laico, per
eccesso di realismo, decise di rinunciare, esplicitamente, alla piena sovranità
dello Stato sul proprio territorio, pur di rinviare uno scontro che si temeva di
perdere. Accettando come un fatto fuori dalla propria possibilità di intervento,
la composizione «antropologicamente non secolarizzata» del nostro paese e la
natura confessionale della nostra sfera pubblica. E rinviando in realtà
all'infinito la possibilità di una riscossa laica, di cui solo in un'occasione -
la battaglia divorzista e il successivo referendum vinto - si vide un debole
barlume, dovuto peraltro più alla determinazione di piccole minoranze che non
all'azione dei grandi partiti di massa. Né, quell'atteggiamento e quella forma
mentale sembrano essere stati superati. Quasi tutto la sinistra ex comunista ha
eliminato del proprio patrimonio storico e ideale. Molta della propria storia ha
condannato alla rimozione e all'oblio. Ma quel riflesso profondo di realismo
subalterno, quello è rimasto. Di fronte alla minaccia vaticana di delegittimare
la politica (che sia la Repubblica neonata ieri, o il Partito democratico oggi),
è certa la resa senza condizioni. La scelta di cavalcarne l'aggressività
anticipandone le mosse: considerando una vittoria l'assunzione a proprio
principio costituzionale e costituente del riconoscimento da parte dell'altro.
Elevandone la volontà ostile a principio di legittimazione e di sopravvivenza.
Per questo possiamo temere fin d'ora, che su questioni che implichino un
possibile conflitto con la Chiesa di Ratzinger, nel Pd saranno le ragioni della
Binetti anziché quelle di Grillini, o addirittura di Rosi Bindi, a prevalere. Il
punto di vista della Curia, o dell'Opus Dei, anziché quello dei movimenti delle
donne e per i diritti.
A questo porta l'iper-realismo (unica malattia infantile da cui il
post-comunismo non è mai guarito): alla proclamazione trionfale della propria
resa e all'abbandono di un campo, come quello della laicità, che oggi - di
fronte alle sfide «etiche» del futuro - appare decisivo.
MARCO REVELLI la stampa 7/12/2007