Passioni politiche
L'enciclica
programmatica di Benedetto XVI: l'amore di Dio come pilastro della Chiesa
Finalmente. Dopo tanti rinvii, anticipazioni, indiscrezioni, la prima lettera
enciclica di Benedetto XVI vede la luce. «Deus caritas est», dalla prima lettera
dell'apostolo Giovanni, che così prosegue. «Qui manet in caritate in Deo manet
et Deus in eo». Un testo fra i più belli di tutta la Bibbia. Un testo che si
apre a tutto l'amore , al di là dei confini che la storia - anche quella delle
religioni - ha cercato di imporgli.Un testo che, comunque, non ha cessato di
creare un certo imbarazzo. Anche perché «amore» è un termine vago, generico,
carico di mille e mille significati. Così nel passato, così anche oggi, come
l'enciclica conferma e cerca di chiarire. Anche oggi, due le accezioni
principali, spesso congiunte ma spesso anche contrastanti dell'amore: agape e
eros, i due grandi amori che rischiano di dividere l'umanità. Come accordarli
perché non si escludano a vicenda? Come evitare che l'eros rimanga nella grande
casa degli egoismi, anche se vanta una forma di abitazione nella casa
dell'amore? Potrà mai - e come - l'agape riscattare l'eros?Interrogativi sui
quali il pensiero cristiano riflette da sempre, basti pensare a Sant'Agostino e
alle sue «Confessioni». Ora l'enciclica aggiunge a quelle riflessioni uno
sguardo sul mondo moderno e la sua cultura.Uno sguardo che è sostanzialmente
negativo, in linea, d'altronde, con la visione del mondo e della cultura
contemporanea tipica del pensiero di Ratzinger, prima e dopo l'elezione al
pontificato. L'eros appare più scatenato che mai e sembra molto difficile che
l'agape possa calmarlo, accettandolo sotto le sue ali. Se riuscirà, sarà a ben
determinate condizioni, e con l'inevitabile sostegno di alcune istituzioni
cristiane di regolamento, se non addirittura di controllo. Altrimenti il caos
sfrenato, un caos nel quale trionferà l'eros senza agape.E' il discorso amaro,
pessimista, che sottosta alle pagine dell'enciclica appena sfogliate. Bisognerà
leggerle con più calma. Comunque si può osservare già dalle prime riflessioni il
passaggio da un «incipit» aperto e sereno alle amare conclusioni che riguardano
la necessità che la chiesa si impegni nel sociale (ben distinto, però, dal
politico) in tutte le forme possibili. L'enciclica rivendica con forza il
diritto-dovere della chiesa di intervenire da protagonista nella società e nei
suoi problemi. Altrimenti quell'abbraccio fra agape ed eros sarebbe impossibile.
La carità cristiana può e deve prendere forma organizzata. Ratzinger, così,
chiama Ruini e viceversa.
FILIPPO GENTILONI il manifesto 26/01/2006