Parlar male di Berlusconi
La strage di
notizie è già in atto se si pensa ai molti giornali che non hanno pubblicato le
immagini indecenti del premier alla parata
Perché non possiamo non dirci antiberlusconiani, qualunque sia il risultato
elettorale (che speriamo largamente democratico, nel senso politico, nel senso
di antifascista, nel senso che Marco Pannella ha ridato alla abusata parola)? La
ragione si esprime in pochi punti.
1. L’ideologia, ovvero il patrimonio di idee e di visioni che Berlusconi ha
trovato abbandonati sul terreno quando è “ sceso in campo”, non c’entra. Questo
non è un governo di destra. Non c’è il decoro e il senso delle istituzioni della
Destra di Gianfranco Fini, né la concitazione aggressiva e xenofoba della Lega
Nord che - in tante diverse incarnazioni - avvelena il clima morale e politico
di mezza Europa. Berlusconi non è né Fini né Bossi. È solo se stesso.
Un signore ricco, furbo, non intelligente ma svelto, svincolato dal peso della
buona reputazione e ricoperto dal manto - tutto teatrale però efficace - del
successo populista. Non c’è nulla prima di Berlusconi, nulla che gli assomigli.
Non ci sarà nulla dopo di lui (certo non il devoto Bondi). Abbiamo a che fare
con un caso unico in Europa e raro nella storia. Non è raro il leader
squilibrato. È rara una così vasta sottomissione delle cosiddette classi
dirigenti.
2. È vero (cito ancora Marco Pannella) che malgoverno e malaffare hanno a
lungo lavorato insieme in Italia ben prima dell’uomo di Arcore. Ma sono
confortato dal grido di allarme del leader radicale che, invece di scusarsi per
l’antiberlusconismo dichiara, col consueto coraggio, che c’è un vero e imminente
pericolo di fascismo e che la persecuzione delle persone segue, non precede, la
strage di notizie. Questa strage è già in atto se pensate ai molti grandi
giornali che non hanno osato pubblicare le immagini di comportamento indecente
del premier alla parata del 2 giugno. Più ancora, se si ricorda a che punto
estremo di manifestazione e di denuncia i nonviolenti Pannella e Bonino sono
dovuti arrivare per rompere il silenzio.
3. Chiunque può avere, per un periodo, un ministro inutile come Brunetta; un
capo dell’Economia impegnato a scrutare un altro orizzonte, non quello vero,
come Tremonti; un finto ministro dell’Istruzione come la Gelmini (memorabile
l’invenzione del 6 rosso) di cui si ricorderanno solo il tailleur alla Mary
Poppins, gli occhiali e i tagli poderosi alla scuola pubblica. Ma nessuno ha
avuto e continua ad avere per quindici anni un uomo troppo ricco, non nel pieno
controllo del suo comportamento pubblico (la vivacità eccessiva certe volte lo
aiuta, certe volte lo sputtana) e preoccupato solo di se stesso, immagine, donne
(nei limiti e con la pena dell’età), e finti progetti, uno o due al giorno,
annunciati e poi buttati, in un delirio di applausi che - ci siano o non ci
siano gli oppositori - ad un certo punto cesserà di colpo.
4. Berlusconi siede sul groviglio dell’immondizia, del terremoto, della
crisi economica senza governare. Tutte le sue leggi sono ritorsioni,
punizioni, vendette, volute e votate per interesse aziendale o personale o
tributo a un partito feudatario, come il disumano e incivile «pacchetto
sicurezza», vero best seller di condanne nel mondo civile laico e religioso. In
particolare non si registra una legge o misura o azione o strategia anticrisi
che non sia una esortazione all’ottimismo e al consumo. La parola d’ordine del
non-governo Berlusconi è «lavorare di più», ammonimento diretto non si sa a chi,
date le cifre continuamente in crescita della disoccupazione. Lo dice mentre lo
affianca la neoministro del Turismo Brambilla, di cui non si sa nulla, eccetto
il colore vistoso dei capelli, e che non può far nulla in un Paese che affoga
nell’immondizia e nel cemento. Infatti, nel frattempo, incombe sulla Toscana
l’immensa colata di cemento detta «Spaccamaremma», l’inutile autostrada
destinata a isolare la regione italiana più celebre al mondo dal suo mare (la
colata di asfalto e cemento corre lungo le spiagge). E incombe su tutto il Paese
il «piano casa». È un singolare condono preventivo che autorizza ciascuno al
peggio, senza autorizzazioni, senza controlli, senza regole. Ma questo è il
cuore del discorso. Berlusconi, da solo, siede sul Paese. Come se
non bastasse lancia una frase squilibrata al giorno. L’ultima è “troppi
negri a Milano”, nell’anno, nel giorno, nell’ora dello straordinario discorso al
Cairo di Barack Obama, primo Presidente afro-americano degli Stati Uniti.
Sua moglie - che deve averci pensato molto - ci dice che non sta bene.
Alcuni italiani lo ammirano perché è ricco e sono sicuri che non usa
aerei di Stato per ballerine di flamenco e chitarristi personali. Altri - come
Pannella - vedono e dicono chiaro il pericolo. In Italia manca l’ossigeno delle
notizie vere. Il piede sul tubo è quello di Berlusconi.
Furio Colombo l’Unità 7.6.09