Il
Parlamento annullato
Ci aveva già provato
Berlusconi tre anni fa a ridurre il Parlamento a stanza di registrazione
vincolata della (e alla) sua volontà. Ci aveva provato con la maxiriforma della
seconda parte della Costituzione elaborata a Lorenzago. Aveva fatto congegnare
un marchingegno per il quale, qualunque modifica a un disegno di legge proposto
dall'Assoluto (il premier), se non gli fosse piaciuta, sarebbe stata
inesorabilmente respinta al momento opportuno dalla sua compatta maggioranza in
Parlamento. Sul quale, peraltro, aveva fatto sì che pendesse perennemente e
inesorabilmente lo scioglimento anticipato, in caso di disubbidienza o anche di
titubanza.
Quella obbrobriosa riforma fu respinta nettamente e inesorabilmente dalle
elettrici e dagli elettori italiani. Ma Berlusconi non deflette. La sua
lotta alla Costituzione e alla democrazia non avrà tregua. Fin quando infesterà
la politica italiana, le tenterà tutte.
Avendo capito che l'attacco frontale gli si può rivoltare contro, sceglie
un'altra tattica, quella dello svuotamento delle istituzioni, della distorsione
dei contenuti delle norme costituzionali. Così come con le modifiche al
codice di procedura penale, mira a far sì che non sia l'autorità giudiziaria a
disporre direttamente della polizia giudiziaria ma la polizia giudiziaria (cioè
il governo da cui dipende) a disporre dell'autorità giudiziaria, con le
modifiche ai regolamenti parlamentari mira a due capovolgimenti. Uno ha per
oggetto direttamente l'Assemblea che, di fatto, verrebbe espropriata del potere
legislativo a favore delle Commissioni che da organi di supporto dell'Assemblea
diverrebbero sostitutive dell'Assemblea stessa.
Con due evidentissime conseguenze. Quella di ridurre enormemente il controllo
dell'opinione pubblica sull'attività legislativa (ai lavori delle Commissioni il
pubblico non assiste). Quella di potere controllare uno ad uno i membri delle
Commissioni e di poter «premere» su di loro.
Ma non basta. La sottrazione del diritto di voto ai deputati e ai senatori
attribuendolo, di fatto, ai capi di gruppi parlamentari è il massimo di
concepibile in termini di antiparlamentarismo, di ostilità per la rappresentanza
politica, di lotta alla democrazia parlamentare. Non c'è disposizione della
nostra Costituzione che direttamente o indirettamente, esplicitamente o
implicitamente non ne resti ferita, non c'è principio del costituzionalismo che
non ne venga negato.
Non basta a Berlusconi aver ridotto con la legge elettorale i membri del
Parlamento a «figuranti». Privandoli, di fatto, del diritto di voto, li vuole
ridurre a nullità. Perché questo significa, questo comporta l'accentramento nel
capogruppo del «compito» di votare per tutti i deputati che capeggia. Non
ci aveva pensato Mussolini né nel 1924, né dopo. Ci ha pensato e ci pensa
Berlusconi.
Gianni Ferrari Il manifesto 11/03/09