La Chiesa immobile
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C’era da aspettarselo
che il viaggio del Papa in Africa incontrasse la mina vagante degli
strumenti con cui far fronte al flagello dell’Aids. Le parole di
Benedetto XVI che l’Aids non si risolve con la pubblicità e la
distribuzione dei preservativi, e che al contrario questi aggravano il
problema, hanno innescato una polemica internazionale senza precedenti.
Con i governi di Francia e di Germania che guidano l’indignazione. |
Franco Garelli La Stampa 19/ 3/ 09
Il papa e l'aids
“Di fronte alla sofferenza o alla violenza, alla povertà o alla fame, alla
corruzione o all'abuso di
potere, un cristiano non può restare in silenzio.” Arrivando martedì 17 marzo a
Yaoundé (Camerun)
per il suo primo viaggio in Africa, Benedetto XVI ha fatto delle affermazioni
giuste. Subito il papa
ha osservato appunto che “l'Africa soffre in modo sproporzionato”. Peccato che
precedentemente
abbia pronunciato, sull'aereo che lo portava in quel continente devastato
dall'aids e da mille altre
calamità, parole diverse che rovinano questa parola.
Per la prima volta dall'inizio del suo pontificato, quattro anni fa, Benedetto
XVI ha esplicitamente
parlato dell'aids. “Non si può risolvere il problema dell'aids con la
distribuzione di preservativi, ha
dichiarato ai giornalisti il vescovo di Roma. Al contrario, ciò aumenta il
problema.” Nessuno ha mai
preteso che il preservativo fosse “la” soluzione per lottare contro l'aids. Ma
affermare che aggrava
la pandemia è gravissimo e irresponsabile. Il suo predecessore Giovanni Paolo II
non era mai
arrivato a tanto.
Ricordiamo qui alcune cifre. Secondo il rapporto annuale dell'ONU sull'aids, 33
milioni di persone
nel mondo vivevano nel 2007 con l'HIV, di cui 22 milioni (contro 20,4 milioni
nel 2001) per la sola
Africa subsahariana. Su questi 22 milioni, si contano 12 milioni di donne di più
di 15 anni e un
milione e ottocentomila bambini. Sui 2 milioni di persone che sono morte di aids
nel 2007, i tre
quarti abitavano l'Africa subsahariana.
Dalla comparsa della malattia, il Vaticano si è sempre attenuto ad un
unico credo, quello
dell'astinenza. Promuovendo una “umanizzazione della sessualità”,
Benedetto XVI ha chiamato ad
una maggiore responsabilizzazione, senza dubbio vedendo nel preservativo un
mezzo per
sottrarvisi. Questa parola è una fuga davanti alla realtà, quando la
stragrande maggioranza degli
organismi umanitari, anche cattolici, che lottano contro l'aids fanno del
preservativo uno degli
strumenti privilegiati della prevenzione. Le affermazioni del papa indeboliscono
il loro lavoro.
Invece di far evolvere la posizione della Chiesa, il papa la irrigidisce. Questo
episodio mostra uno
spirito di chiusura non giustificato da un legittimo attaccamento ai dogmi e
alla parola della Chiesa.
Giunge dopo la revoca della scomunica dei vescovi integralisti e la condanna, in
Brasile – con
l'appoggio del Vaticano – della madre di una bambina che ha abortito dopo essere
stata stuprata e la
cui vita era in pericolo. Molti fedeli in tutto il mondo sempre meno riescono a
capire.
in “Le Monde” del 19 marzo 2009
Aids: Benedetto XVI
rafforza la posizione della Chiesa contro il preservativo
Acclamato da migliaia di persone lungo tutto il suo percorso dall'aeroporto di
Yaoundé (Camerun),
dove è arrivato martedì 17 marzo, alla nunziatura apostolica, il papa non ha
sicuramente fatto
attenzione agli immensi manifesti pubblicitari, che, qua e là, vantavano i
meriti del preservativo
nella lotta contro l'aids.
Una realtà africana che contraddice le affermazioni fatte qualche ora prima da
Benedetto XVI,
sull'aereo che lo portava in un continente devastato dalla pandemia. “Non si può
risolvere il
problema dell'aids con la distribuzione di preservativi. Al contrario, ciò
aumenta il problema”, ha
dichiarato, affrontando per la prima volta nel suo pontificato questo tema in
maniera così esplicita,
ancora più di petto del suo predecessore Giovanni Paolo II.
“Avrebbe dovuto limitarsi a dire che il preservativo non è una soluzione, che è
poi la posizione
tradizionale della Chiesa. Oggi, affermare che ciò aggrava il problema è un
errore”, ritiene un
vaticanista italiano. Oltre all'astinenza, il papa ha parlato a favore di una
“umanizzazione della
sessualità” e “un comportamento più giusto”. Ha anche espresso apprezzamento per
il lavoro di
accompagnamento svolto dalle istituzioni religiose presso i malati.
Di fronte alle devastazioni della pandemia, certi, anche all'interno della
Chiesa, si auguravano che
questo viaggio africano fosse l'occasione per il Vaticano di cambiare la sua
posizione. “Oggi la
Chiesa potrebbe ammettere che il preservativo è un minor male”, sperava, prima
della partenza del
papa, un religioso francese, regolarmente presente in Africa. Un'associazione
camerunense di aiuto
ai malati di aids ha immediatamente espresso il suo “imbarazzo” dopo le
affermazioni di Benedetto
XVI. L'Africa subsahariana conta 22 milioni di persone infettate dal virus
dell'aids, secondo
l'organizzazione Unaids; e tre quarti dei decessi legati alla malattia avvengono
in questa regione del
mondo.
Ponendo il suo primo viaggio in Africa sotto il segno “della fede e della
morale”, il papa ha già
detto che non avrebbe proposto “programmi politici o economici”. Benedetto
XVI è stato accolto
dal presidente della Repubblica, Paul Biya, che ha trovato in questa visita una
tribuna politica
opportuna, mostrandosi su ritratti giganti in “perfetta comunione” con il papa.
Quest'ultimo ha
riassunto in una frase i mali dell'Africa, che, secondo lui, soffre in maniera
“sproporzionata”: “Di
fronte alla sofferenza o alla violenza, alla povertà o alla fame, alla
corruzione o all'abuso di
potere, un cristiano non può restare in silenzio”. “Le persone chiedono
riconciliazione, giustizia e
pace, ha assicurato il papa, riprendendo i temi del prossimo sinodo dedicato
all'Africa, in ottobre. È
ciò che la Chiesa offre loro. Non nuove forme di oppressione politica o
economica, non
l'imposizione di un modello culturale che ignora il diritto dei bambini non
nati, non le rivalità
amare tra etnie o tra religioni, ma (...) la pace e la gioia del Regno di Dio.”
Come fa in ognuno dei suoi spostamenti, è previsto che il papa si rivolga ai
vescovi locali,
mercoledì alla fine della mattinata, per passare in rassegna con loro le
specificità della Chiesa del
posto: concorrenza con le “sette” e i movimenti esoterici, modo di vivere e
formazione dei preti,
liturgia... e per mettere in evidenza il ruolo “missionario” ed evangelizzatore
della Chiesa.
In una allusione al celibato dei preti, che in Africa qua e là non è sempre
rispettato, Benedetto XVI
ricorda che il pastore è prima di tutto “un uomo di preghiera” e che deve
attenersi “agli impegni
assunti alla sua ordinazione”. Parlando della liturgia, particolarmente vivace e
festosa in Africa, il
papa chiama ad una “dignità delle celebrazioni” per una migliore “comunione con
Dio”.
Stéphanie Le Bars in “Le Monde” del 19 marzo 2009