Il papa dimentica Romero

Dietro la polemica che accompagna la beatificazione di Pio XII, fa malinconia un nome che non
c’è. Le “virtù eroiche” del vescovo Romero ucciso in Salvador vengono rimandate a chissà quando.
Dava voce alla speranza delle folle contadine schiacciate dalla dottrina Reagan, America centrale
nelle mani di squadre della morte finanziate da Washington: 6 milioni di dollari al giorno ai militari
del Salvador. Romero non invita alla disobbedienza. Mai un’omelia di rancore. Nell’ultima predica
supplica i “ fratelli militari” ad abbassare le armi. “Parlate lo stesso dialetto; siete cresciuti negli
stessi villaggi...”. Provocazione rivoluzionaria per le grandi famiglie riunite nella bandiera
dell’anticomunismo in difesa del “mondo libero”. In realtà affari con multinazionali infastidite dalla
chiesa dei poveri e da un primate che rifiutava le tovaglie ricamate. Anche il Vaticano guardava con
sospetto. Giovanni Paolo II stava strappando la Polonia dai gironi di Mosca. E la piccola America
dei fedeli e dei preti perseguitati non veniva considerata Chiesa del Silenzio come la Chiesa di
Varsavia. In Salvador uccisi quattro giovani sacerdoti consacrati da Romero, il suo confessore e
amico, sindacalisti e militanti nell’associazionismo cristiano. E la dinamite sbriciola la redazione di
Orientacion, radio e giornale della Chiesa. Romero implora il Vaticano, ma Giovanni Paolo II non
vede le sue lettere
: c’è chi le filtra per non disturbare la strategia che attorno a Wall Street
finanziava Solidarnosc e l’opposizione polacca. Quando il Papa lo riceve, allontana con mano
brusca le carte che raccolgono le sofferenze di un popolo.
Parlano pochi minuti. “Un minuto per la
fotografia” è l’impressione che Romero confessa al giornalista al quale affida la solitudine.

“Finalmente” lo uccidono sull’altare, 24 marzo 1980. E il massacro continua: missionari protestanti,
sei gesuiti dell’università e Marianela Garcia Villas: raccoglieva i corpi dei desaparecidos e
denunciava la sperimentazione Usa di bombe al fosforo sulle proteste contadine. Nel primo viaggio
in Salvador, Papa Wojtyla visita la tomba del vescovo definendolo “zelante pastore”, insomma,
curato di una campagna tranquilla. Adesso il Romero escluso dal decreto di Benedetto XVI. Beato
degli oppressi sarà Jerzy Popieluszko, sacerdote che marciava con gli operai in sciopero nella
Polonia della dittatura rossa. Continua a marciare dopo la legge marziale dell’81. Assassinato nel
1984, unica vittima della Chiesa del silenzio polacca. Adesso, Romero messo da parte dalla
diffidenza vaticana a proposito della teologia della liberazione svuotata negli anni di Wojtyla. Solo
alla fine ne riconosce l’importanza. Jesus Delgado, segretario di Romero e vicario della diocesi di
San Salvador, ricorda che “tre o quattro cardinali si oppongono alla beatificazione” interpretata
come approvazione romana ai sacerdoti che si mescolavano alle speranze della gente, approvazione
che infastidisce la destra cattolica.
Non importa se mezzo milione di fedeli hanno firmato un
appello, se 104 nazioni sollecitano il Papa. Le chiese anglicana e protestante lo commemorano
come martire. Ma l’impegno di Vicenzo Paglia, postulante e vescovo di Terni, non scuote chi è
impaurito dal sacrificio di Romero. Povero prete lontano dai labirinti delle gerarchie.


Maurizio Chierici    il Fatto Quotidiano  22 dicembre 2009