Il papa, i
lefebvriani, il concilio
Il papa è ancora cattolico?
Dovrei provare soddisfazione nel dire «lo avevo detto», invece provo amarezza e
rabbia. Il 14
settembre 2007, opponendomi con tutte le mie forze all’introduzione della Messa
preconciliare
voluta dal papa attuale, scrissi in 24 ore un libretto (Ritorno all’antica
Messa, Gabrielli Editore) in
cui mi dichiaravo obiettore di coscienza e mentre tutti giocavano sul folclore
della «Messa in
latino» dimostravo che l’obiettivo esplicito del papa era l’abolizione del
concilio ecumenico
Vaticano II. Qualcuno parlò di esagerazione. Oggi gli increduli di allora ne
hanno la prova provata e
spero che nessuno riduca ciò che sta accadendo a meri fatti interni alla Chiesa
che non interessano il
mondo laico.
a) Il ritorno all’anticoncilio
L’abolizione della scomunica ai quattro vescovi scismatici lefebvriani è uno
stupro compiuto dal
papa contro la Chiesa perché di sua iniziativa sancisce e definisce che il
concilio Vaticano II non è
mai esistito. Il papa infatti non chiede ai lefebvriani un atto previo di
adesione al magistero del
concilio come condizione per l’abolizione della scomunica, ma li riammette
semplicemente come se
niente fosse successo, schierandosi contro due papi che li sospesero a divinis
(Paolo VI) e li
scomunicarono come scismatici (Giovanni Paolo II). O i lefebvriani erano
scismatici o il papa che li
scomunicò compì un atto illecito, visto che le condizioni della scomunica non
sono mutate. Oppure
sbaglia, e alla grande, il papa di adesso. Lo stesso giorno dell’abolizione
della scomunica (24
gennaio 2009), il capo degli scismatici, Fallay in due distinti comunicati ai
suoi seguaci scrive:
«Noi siamo pronti a scrivere col nostro sangue il Credo, a firmare il giuramento
anti-modernista di
Pio X, facciamo nostri e accettiamo tutti i concili fino al Vaticano I. Nello
stesso tempo non
possiamo che esprimere delle riserve riguardo al concilio Vaticano II, un
concilio «diverso dagli
altri». In tutto ciò, noi manteniamo la convinzione di restare fedeli alla linea
di condotta indicata dal
nostro fondatore, Monsignor Marcel Lefebvre, di cui ora aspettiamo la pronta
riabilitazione … Allo
stesso modo, nei colloqui che seguiranno con le autorità romane, vogliamo
esaminare le cause
profonde della situazione presente e, nel trovare il rimedio adeguato, giungere
a una restaurazione
solida della Chiesa. … La nostra Fraternità desidera potere aiutare sempre di
più il papa a porre
rimedio alla crisi senza precedenti che scuote attualmente il mondo cattolico …
Siamo anche felici
che il decreto del 21 gennaio 2009 ravvisa come necessari «incontri» con la
Santa Sede; questi
incontri permetteranno alla Fraternità Sacerdotale San Pio X di esporre le
ragioni dottrinali di fondo
che ritiene stiano all’origine delle difficoltà attuali della Chiesa. In questo
rinnovato clima, noi
abbiamo la ferma speranza di giungere presto al riconoscimento dei diritti della
Tradizione
cattolica» (Menzingen 24 gennaio 2009. Bernard Fellay).
b) Qualcuno mente spudoratamente
Coloro che parlano, come la Sala Stampa vaticana e il presidente della Cei,
card. Angelo Bagnasco,
di gesto di clemenza e di magnanimità del papa, mentono sapendo di mentire,
perché sanno troppo
bene che i problemi sono dottrinali e riguardano una sola questione: «Il
concilio Vaticano II è un
concilio almeno come gli altri, la cui accettazione è essenziale per essere
cattolici, oppure è ad
libitum, a discrezione cioè della sensibilità di ciascuno, essendo solo un
conciliabolo per pochi
intimi?». Come conciliare le affermazioni del capo dei lefebvriani che lo stesso
giorno
dell’abolizione della scomunica dichiara pubblicamente che non accetteranno mai
il concilio
Vaticano II e il suo magistero per «ragioni dottrinali di fondo»?
Non vi sono alternative: o mente il papa o mente il capo dei lefebvriani o
mentono tutti e due. Se i
lefebvriani possono archiviare e disprezzare un concilio ecumenico, è lecito ad
un cattolico,
restando cattolico, rifiutare per motivi dottrinali il magistero di Benedetto
XVI ritenuto lesivo per la
fede cattolica?
Se i lefebvriani possono essere riammessi nella Chiesa cattolica senza dovere
contestualmente
accettare il magistero di un concilio ecumenico, perché il papa non compie lo
stesso «gesto di
misericordia» verso quei cattolici che sono stati buttati fuori dalla Chiesa per
«eccesso di
progressismo», colpevoli di considerare il concilio un’assise incompiuta? Che
posto occupano nella
chiesa i teologi e teologhe della liberazione perseguitati, vilipesi e cacciati?
Se il concilio non è
determinante, perché usare due pesi e due misure?
Posso esigere che le mie posizioni teologiche diametralmente opposte a quelle
dei lefebvriani
debbano avere la stessa cittadinanza nella chiesa ponendo fine così ad un
ostracismo ed isolamento
che dura da oltre un quarto di secolo? Dal momento che si stanno avverando tutte
le «profezie» che
scrissi nel 2007 e ancora prima, non è il caso che il vescovo chieda scusa e mi
restituisca quella
dignità di cattolico a tutto tondo che io credo di meritare?
Dal mio punto di vista anticipo e prevedo (come si suole dire in diritto: nunc
pro tunc) che la
prossima mossa di Benedetto XVI sarà la dichiarazione che la Messa tridentina
dovrà considerarsi
«forma ordinaria» e la Messa riformata di Paolo VI «forma extraordinaria» per
giungere nel
ragionevole tempo di una decina d’anni alla sua abolizione e ripristinare il
clima tridentino per
andare alla riscossa del mondo moderno con le truppe cammellate dei
tradizionalisti, combattenti
fidati per restaurare la Christianitas medievale.
c) L’antisemitismo come fondamento teologico
Uno dei vescovi scismatici e sospesi a divinis, tale Richard Williamson ha avuto
l’ardire di negare
l’olocausto la vigilia della sua riammissione nella comunione cattolica che per
gentile concessione
del papa, coincideva con la vigilia della giornata della memoria della Shoàh.
Nulla avviene per caso
e tutto ha un senso e una simbologia. Dopo le reazioni dentro e fuori la Chiesa,
il Vaticano, la Cei e
chi più ne ha più ne metta, si sono arrampicati sugli specchi per tentare di
fare quadrare il cerchio,
senza rendersi conto che chi nasce quadrato non può morire rotondo. Per i
lefebvriani
l’antisemitismo è una nota caratterizzante la loro teologia per la quale gli
Ebrei sono «deicidi» e lo
sono per l’eternità, a meno che non si convertano e riconoscano Gesù Cristo come
loro Messia e
Dio. Nella lettera di scuse inviata al papa dall’altro compare e capo dei
lefebvriani, Bernard Fellay,
si chiede perdono al papa, ma non al popolo giudaico e a tutti i morti ebrei nei
campi di
concentramento e per mano nazi-fascista. La pezza è stata peggio del buco. I
lefebvriani rifiutano di
sana pianta il documento conciliare «Nostra Aetate» in cui al n. 4 si
parla della religione ebraica in
termini positivi e si rifiuta per la prima volta il concetto di «deicidio» come
colpa di tutto il popolo
d’Israele, ma lasciandone la responsabilità solo alle «autorità ebraiche con i
loro seguaci» del tempo
di Gesù (n. 4/866).
d) I papi sbagliano
Nella Chiesa cattolica, da un punto di vista cattolico, non possono
coesistere i lefebvriani e il
concilio Vaticano II. Se entrano i primi deve uscire il secondo e se resta il
secondo, non possono
entrare i primi. A mio avviso, infatti, i nodi dovranno ancora venire al
pettine e questa
riconciliazione porterà molta più frattura di quanto si possa immaginare. Prego
che il papa torni suoi
passi e riprenda la fede cattolica che ha abbandonato consapevolmente sulla
soglia della Fraternità
lefebvriana. Diversamente ci sentiamo dispensati dal riconoscere la sua
autorità, come i lefebvriani
hanno rifiutano e rifiutano l’autorità di Giovanni XXIII, Paolo VI e in parte di
Giovanni Paolo II.
Tutto ciò dimostra che la confusione regna ai vertici della Chiesa cattolica e
la prova che spesso
anche i papi infallibilmente sbagliano. Enormemente.
don Paolo Farinella in
“MicroMega” (micromega-online) 28 gennaio 2009