Papa, viaggi
effimeri
Una notizia che ha destato una certa meraviglia: il papa ha invitato un rabbino
a parlare ai vescovi
nel prossimo sinodo di ottobre. Non era mai successo. Meraviglia sia per la
solennità della
circostanza, sia per la tradizionale difficoltà dei rapporti fra cattolicesimo
ed ebraismo. Un passo
avanti che si aggiunge a quelli già compiuti negli anni recenti: dalla freddezza
- a dir poco - degli
ultimi secoli, fino alla dichiarazione dei «fratelli maggiori» di Giovanni Paolo
II. Il rabbino Cohen,
di Haifa, parlerà di fronte al papa della «centralità della Scrittura nella vita
dell'ebreo osservante».
Avrà la qualifica di «delegato fraterno», qualifica che fino ad oggi era
riservata ai rappresentati
delle chiese cristiane non cattoliche. Qualche cosa, dunque, si muove nel
difficile campo
dell'ecumenismo. Molto lentamente: non si può dimenticare che poco fa lo stesso
Benedetto XVI
aveva contestato la qualifica di «chiese» per quelle non cattoliche. D'altronde
Roma non può né
dimenticare né sottovalutare quello che si muove nel mondo. Da una parte -
Africa e Asia - il
crescente successo dell'islam, tutt'altro che in crisi. In crisi, invece, il
cattolicesimo, soprattutto in
America Latina, dove i vari movimenti più o meno spiritualistici lo stanno
soppiantando. La rigidità
in campo etico (matrimoni, preservativi, aids, ecc.) stanno rendendo più
difficile anche il compito
dei missionari cattolici. Roma non può non preoccuparsene. Come non può non
sapere che il
successo dei viaggi papali - di recente in Australia e in Francia - è un
successo effimero nell'attuale
società dello spettacolo. La cosiddetta «evangelizzazione» è ormai affidata
soprattutto ai mass
media, ma è ben noto a tutti che i media diffondono il messaggio ma lo rendono
meno radicato e
duraturo. Un problema che tocca direttamente l'ecumenismo e che Roma non può
sottovalutare. La
diffusione «porta a porta» riguarda ormai più le piccole aggregazioni e comunità
che le grandi
chiese. Un problema che deve preoccupare non soltanto i cattolici, ma anche gli
altri cristiani, come
gli anglicani. In questo senso può essere utile la sottolineatura della radice
biblica, come sarà
confermato dal prossimo sinodo romano dei vescovi, con la partecipazione di un
rabbino. Ma per
gli ebrei e i cristiani di oggi il contatto con un libro antico come la Bibbia
non è facile.
Filippo Gentiloni il manifesto
28 settembre 2008