PAESE INDEGNO POPOLO INDEGNO, QUELLO ITALIANO

 Le due bambine rom morte annegate nel mare di Napoli, i cui corpi sono coperti da pezzi di stoffa che lasciano visibili i loro piedi, giacciono abbandonate sulla spiaggia al sole (in attesa di...?), nella palese indifferenza dei bagnanti che passano o che si crogiolano al sole a pochi metri. Le foto diffuse in tutto il mondo sono eloquenti. Paese indegno, il nostro, quando parte della sua popolazione è giunta a tale livello di cinismo, di miseria d'animo e di rigetto dell'altro (le bambine sono rom, no?).
Paese indegno, altresì, come lo è il governo italiano che ha deciso, alcune settimane prima, di schedare le impronte digitali dei bambini rom col pretesto di proteggerli dai loro genitori accusati di essere «naturalmente» (perché rom) inclini ad agire come genitori snaturati, schiavisti e sfruttatori dei loro bambini. Una misura giudicata indegna anche dalle autorità dell'Ue e, con un voto, dallo stesso europarlamento (del cui gruppo politico di maggioranza relativa, il Ppe, fa parte il partito del primo ministro italiano).
Governo indegno che sbriciola la sua cultura politica e polverizza il suo senso etico-civile accettando, come espressione pittoresca, il volgarissimo gesto del dito medio compiuto da un ministro chiave della Repubblica per esprimere la sua considerazione dell'inno nazionale italiano. Mai visto nella storia dei paesi europei una così vergognosa indecenza da parte di un ministro di Stato.
Paese indegno anche perché nessun rappresentate del parlamento ha richiesto le dimissioni immediate del ministro colpevole di siffatto scempio della rispettabilità della classe politica italiana. L'opposizione, riformista, avrebbe dovuto abbandonare il Parlamento e dichiarare l'astensione da ogni lavoro parlamentare fintantoché il ministro non si fosse dimesso. Essendosi limitata ad una debolissima protesta pro-forma, anche l'attuale opposizione parlamentare ha contribuito ad aumentare l'indegnità del nostro paese. Mentre le forze della sinistra, ormai extraparlamentare, sono state in questi giorni, in altre faccende affaccendate...
Paese indegno, anche perché popolo indegno. Noi italiani abbiamo aderito con facilità a due «grandi concezioni culturali»: la priorità data all'arricchimento individualista furbastro, menefreghista e, se necessario, illegale; la visione dell'altro (Roma, i rom, lo Stato, il mendicante, l'immigrato, l'Europa, il negro...) considerato la causa del male, il nemico, anche quando l'italiano riesce a sfruttarlo. Due concezioni che hanno localizzato la dignità del nostro popolo al di sotto del livello della pancia, distruggendo in noi gli elementi sostanziali di immunologia etica, morale, civile, politica, ed umana.
Da qui, il datore di lavoro veneto che lascia morire di fatica nei campi il «clandestino» indiano e domanda poi che il suo corpo (ridotto a scarico/rifiuto) sia tolto dal suo campo; da qui, l'accusa di essere una cloaca fatta al Consiglio superiore della magistatura da parte di un altissimo esponente politico del governo attuale; da qui, un popolo che rielegge trionfalmente e lo porta a diventare ministro la persona che aveva affermato che usava la bandiera tricolore italiana per pulirsi il sedere, che è lo stesso autore recente del gesto del dito; da qui un popolo che ridà il potere ad un Presidente del consiglio dei ministri che dichiara vittoria, urbi et orbi e senza vergogna, per essere riuscito, finalmente, a far adottare delle leggi fatte a sua misura per salvarsi da una magistratura non solo comunista (a suo avviso) ma malata perché, come dichiarato in altri momenti, sempre da Presidente del consiglio dei ministri: «Bisogna essere malato di mente per esercitare il mestiere di magistrato».
Questo è un paese indegno, diretto da un governo indegno, culturalmente sostenuto da un popolo che si compiace di ritrovarsi rappresentato da come sopra e che, oggi, si comporta, esso stesso, in maniera indegna.
Il futuro non è finito: non so quando, non so come, un altro paese prenderà il posto con un popolo degno perché animato dall'amore dell'altro e della dignità umana, dal rispetto quotidiano dei valori etici, sociali e civili del vivere insieme e fiero della res publica. Quel che so è che è giusto e buono di gridare la propria indignazione e di lavorare per costruire un altro futuro, senza compromessi.

  

Riccardo Petrella     Il manifesto 3/08/08