Padre Pio e il paese dei miracoli
Ci sono miracoli e miracoli: ma l'Italia è l'unico paese al mondo dove un processo di trasformazione
economico-sociale di per sé non originale è stato definito "miracolo italiano". Oggi, in tempi di
depressione economica e di paure diffuse, altri miracoli occupano le cronache. E davanti agli
scenari del pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo per l'ostensione del corpo di San Pio da
Pietrelcina si affacciano ricordi e associazioni di altri episodi. Storie remote eppure familiari.
Quando il fondatore dell'ordine dei cappuccini fra' Matteo da Bascio morì a Venezia nel 1552, una
gran folla si accalcò intorno al suo cadavere tentando di prenderne qualche reliquia. Si ebbero
subito notizie di miracoli e ne fu dato alle stampe un primo elenco. A questo punto scoppiò un
contrasto per il possesso del corpo fra il convento dei francescani e la parrocchia di San Moisé dove
il frate era morto. Si ricorse al rappresentante del papa a Venezia il quale scrisse a Roma di aver
fatto sotterrare il corpo nottetempo: «E là – aggiunse – se farà miracoli come dicono, lo vedremo».
L'episodio è esemplare, perché possiede tutti gli ingredienti di un fenomeno ricorrente e sempre
attuale: fama di santità, accorrere di folle in cerca dell'emozione del miracolo, sfruttamento
economico-politico del corpo santo e del suo possesso come un ricco deposito aurifero, strategie di
poteri divisi tra profittatori astuti della credulità delle masse e tutori di una fede spirituale.
Fenomeno ricorrente, si diceva. Soprattutto nella storia italiana. Perciò la domanda che nasce è
sempre quella: perché sono specialmente gli italiani che sembrano credere ai poteri straordinari di
corpi umani morti, interi o frammentari che siano?
Anni fa un antropologo americano, Michael P. Carroll, già prete cattolico, pubblicò in un suo libro
un censimento dei tanti casi italiani di culti religiosi di corpi, di teschi, di ossa. Vi elencò i casi delle
devozioni ai corpi dei morti per mano del boia – le "sante anime giustiziate" – e quelli napoletani
delle pratiche ancor oggi diffuse di culti dei resti umani conservati nelle cripte delle chiese e nei
cimiteri. Carroll aveva una tesi molto semplice: incapaci di andare al di là della materia, gli italiani
gli apparvero come il relitto di un mondo premoderno, che non distingue tra spirito e materia perché
incapace di concepire e di praticare una religione spirituale. Era una tesi non nuova. L'avevano già
detto i teologi protestanti del secolo XVI. La dura satira di Giovanni Calvino contro la religione
delle reliquie segnò allora la frattura tra due volti del cristianesimo.
Ma la storia è complicata e il carattere di un popolo non si spiega con una formula così semplice:
anche perché l'ordine degli ingredienti che abbiamo elencato non è rimasto fisso nel corso dei secoli
e i loro legami di causa e di effetto si sono modificati. E se resta indiscutibilmente attuale la
dimensione collettiva della risposta all'offerta dell'esibizione di un corpo miracoloso, molte cose
sono cambiate nel lungo percorso storico dei rapporti tra i poteri della Chiesa e i movimenti della
società. Alle origini lontane ritroviamo un ingrediente che conserva ancor oggi un grande valore: è
quello del corpo integro del santo, sfuggito alla corruzione, capace di apparire a distanza di tempo
dalla sepoltura ancora libero dall'attacco degli agenti naturali. La corruzione è l'effetto del dominio
del mondo animale, delle forze della materia e del piacere del cibo e del sesso. Il grande storico
Peter Brown ha analizzato e raccontato in un libro straordinario (Il corpo e la società. Uomini,
donne e astinenza sessuale nei primi secoli cristiani, Einaudi editore, Torino 1992) il modo in cui
nella concezione della santità tra i cristiani dei primi secoli dominasse il valore dell'astinenza
sessuale. La corruzione del corpo nasceva dai rapporti sessuali: chi si asteneva dal sesso manteneva
il suo corpo incorrotto. La verginità era allora "circondata da un'aura di sacra venerazione". E la
purezza poteva aumentare e rafforzarsi anche attraverso il regime alimentare: digiuno, rifiuto della
carne. Il corpo puro e incorrotto del santo annunciava col suo aspetto il trapasso immediato dalla
vita terrena alla vita dei cieli senza sottostare alla dura punizione inflitta ai peccatori, quella della
spaventosa trasformazione delle proprie membra, cioè del corpo col quale ciascuno si identifica e le
cui modificazioni e la cui rapida distruzione finale appaiono da sempre intollerabili. Su questi
umani e nella loro potenza salvifica: trovarne ancora incorrotto il corpo a distanza di tempo divenne
un potente argomento per imporre alle autorità della Chiesa di sanzionarne la differenza da tutti gli
altri e di esibirne l'esempio a sostegno della speranza di tutti. Naturalmente ciò incoraggiò processi
di mummificazione artificiale e di conservazione per incoraggiare la fede: un corpo disfatto,
aggredito palesemente dalla morte ha sempre scoraggiato la fama di santità, come fu evidente al
tempo della morte di papa Pio XII.
Per questa via le chiese si riempirono di sarcofaghi e di urne con corpi più o meno conservati di
santi e le loro reliquie furono oggetto di furti e di traffici complicati finendo in genere per arricchire
le collezioni di principi e di sovrani. Qualcuno cominciò a trovare discutibile che nelle chiese i
corpi umani dei santi fossero oggetto di altari speciali, sempre più ricchi e frequentati, mentre
veniva trascurato l'altare centrale con unico corpo al quale i cristiani dovevano legare la loro fede
nella vita eterna: il corpo e il sangue di Cristo, presenti nell'ostia consacrata. La contestazione più
radicale fu portata avanti dal movimento della Riforma protestante: e nelle chiese della Riforma a
partire dal secolo XVI non ci furono più né reliquie di santi né immagini devote. Con un
movimento che anticipò di due secoli la grande distruzione delle reliquie dei sovrani fatta a Parigi
dalle folle della rivoluzione francese, tutti quei veicoli materiali di devozione furono cancellati e
rimase dominante la religione della Parola di Dio. Ma la vastità e la radicalità di quel processo
provocarono un ripensamento sostanziale negli orientamenti delle autorità della Chiesa cattolica.
Come abbiamo visto nel caso del cappuccino fra' Matteo da Bascio, quelle autorità rimasero a lungo
diffidenti nei confronti dei movimenti devoti di quel popolo che adorava le reliquie e chiedeva a
corpi umani protezione, salute, liberazione dai bisogni e dalle malattie. Solo "per non irritare il
popolo, ch'è un certo animale", come scrisse allora il nunzio papale, si avviò per il fondatore dei
Cappuccini un processo canonico di beatificazione che si arrestò subito. E tuttavia davanti alla
contestazione dei riformatori ci si dovette decidere a incoraggiare la devozione popolare ai santi,
almeno quando e nella misura in cui non contrastava i punti centrali della dottrina ortodossa. Questo
non impedì che la voce delle masse apparisse spesso come l'espressione di un gregge irrazionale: le
pecore debbono obbedire ai pastori e non i pastori alle pecore, scrisse un alto ecclesiastico davanti
alla travolgente devozione spagnola del '600 all'Immacolata Concezione. Ma con l'età
contemporanea dominata dalle masse, le scelte di quelle pecore sono diventate decisive. Gli stati
hanno cessato di essere confessionali e di obbligare i popoli al culto religioso. Perciò si è resa
indispensabile per la Chiesa cattolica, che rivendica un potere universale, la scelta di appoggiarsi
alla devozionalità di massa, di coltivarla e di alimentarla, cercando solo di correggerne quando
possibile le punte estreme in modo da ricondurla nell'alveo della dottrina ufficiale. Nelle carte del
governo ecclesiastico della dottrina della fede cattolica si incontrano storie infinite di incontri e
scontri intorno a fenomeni di devozioni di ogni genere. Ed è qui che si scopre il volto soprattutto
italiano di questa storia di corpi miracolosi e di immagini sanguinanti, di santi monaci, di mistiche
visionarie, di taumaturghi e di guaritori. Intorno alle loro storie e al modo in cui sono state di volta
in volta affrontate e dibattute nelle riunioni degli organi centrali del governo ecclesiastico prende
forma concreta la lunga vicenda che sta dietro alle efflorescenze del presente. Realtà italiana, si è
detto: perché la Chiesa cattolica è parte centrale e fondamentale della storia italiana: perché ne ha
retto in molti modi il governo nell'assenza di un potere politico centrale; perché al sorgere dell'Italia
come nazione unitaria ha combattuto lo stato liberale e le sue leggi alimentando in tutti i modi
l'ostilità delle classi popolari contro la borghesia miscredente; perché al crollo del regime fascista e
dello stato ha offerto la sua supplenza civile rivelandosi come la principale candidata al controllo
del paese. Su tale sfondo si collocano anche le differenze tra la sorte postuma del fondatore dei
Cappuccini e quella del suo ben più celebre confratello per il quale si muovono oggi le folle. In
questo la diffusione capillare di miracoli e di corpi santi ha svolto una funzione, saldando la
religione del Cristo risorto alla speranza di vita e di salute erogata da taumaturghi umani. Non per
niente la speciale importanza degli atti solenni di esibizione pubblica ad essi riservata è indicata
oggi con un termine speciale – un termine normalmente usato per l'ostia consacrata: Ostensione.
Adriano Prosperi la Repubblica 25 aprile 2008