Padre Camillo: "Mi resta solo la resistenza"

intervista a Camillo De Piaz a cura di Bruno Quaranta


Giù, in valle, si bercia sul 25 aprile da riscrivere, spazzando via i Bobbio, i Galante Garrone, i
Revelli, i Bocca, i Dante Livio Bianco... Qui, nel Santuario di Tirano, in Valtellina, non lontano dal
trenino che conduce alla montagna incantata, sta una fra le ultime sentinelle del roveto ardente,
come direbbe Jemolo. Ha compiuto novant'anni lo scorso febbraio, padre Camillo De Piaz, servita,
«gemello» di padre Turoldo, ancorato - àncora salvifica - a quella stagione: «Se mi si toglie la
Resistenza, mi si cancella». C'è Lombardia e c'è Lombardia. C'è prete e prete. Oggi il calendario
liturgico celebra Abbondio, il nome santo che nel teatro manzoniano si decomporrà. La pavidità
contro il coraggio di «essere profondamente religioso e insieme festosamente laico» che padre De
Piaz ha testimoniato nella Milano fra guerra e dopoguerra, fra libertà e obbedienza, quindi
«meritando» l'esilio nella terra dov'è nato.

 Non è solito «passare sempre con il rosso», secondo l'immagine felice di Giuseppe Gozzini, il primo obiettore cattolico italiano, nonché suo biografo?
Il crogiuolo della Resistenza...
«Da cui sortirà un'immensa opera morale, Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana, a
cura di Pietro Malvezzi e Giovanni Pirelli. Da mandare a memoria. La presentammo alla Corsia dei
Servi. A Pirelli, scomparso tragicamente, mi legò un'amicizia profonda. Al funerale "partigiano",
vestiti da frate, partecipammo Davide e io».
 

Lei e la Resistenza...
«L'albero da cui discendo... Una figura su tutte di allora, Eugenio Curiel, l'uomo nuovo del partito
comunista, sensibilissimo all'antifascismo cattolico: gli riconosceva, nel Fronte della gioventù, un
ruolo fondamentale. Lo vidi il giorno prima che le Brigate Nere lo uccidessero in piazzale
Baracca».
 

Accostare la Resistenza attraverso quali libri?
«Guerra partigiana di Dante Livio Bianco, per esempio. O Partigiani della montagna del mio
grande amico Giorgio Bocca. Là dove, però, è l'aspetto militare a rifulgere. Bisognerebbe esplorare
ulteriori sentieri: come i rifugiati in Svizzera, in età di arruolamento; coloro che trovarono riparo nei
conventi; quanti finirono nei lager non avendo accettato di combattere nella Rsi».
 

La Corsia dei Servi, ruotante intorno alla chiesa di San Carlo, nel cuore della Milano haute.
«I Pirelli (alla sorella di Giovanni, Elena, don Milani inviò lettere che sono tra i suoi vertici), i
Falck, i Moratti... Distinguerei. L'alta-borghesia a cui ci si poteva rivolgere schiettamente,
ottenendo in cambio una risposta non meno nitida, un sì o un no evangelico.E la borghesia,
arroccata nella difesa del particulare, dagli orizzonti angusti».
 

La Corsia dei Servi...
«Riprende l'antico nome di corso Vittorio Emanuele. La si ritrova nei Promessi Sposi, il romanzo
supremo, supremo l'autore».
 

Perché?
«Manzoni si convertirà, com'è noto, ma restando illuminista. All'origine del suo cristianesimo ci
sono i Lumi, di cui scoprirà, riscoprirà, l'ascendenza religiosa. La mia visione del cristianesimo, del
mondo, della Chiesa si muove in questo solco».
 

Non esclude, dunque, la secolarizzazione...
«In che cosa consiste l'Incarnazione? Dio si fa uomo, si secolarizza, il sacro diventa profano.
Desacralizzare, non, beninteso, dissacrare: ecco il segno distintivo del cristianesimo».
 

C'è una figura religiosa emblema della modernità?
«Montini, Paolo VI. L'unico Papa veramente moderno, ossia interno alla modernità. Mi chiese di
curare l'edizione italiana della Populorum progressio. E' un'enciclica straordinaria. Come cardine,
la liberazione dei popoli oppressi, delle classi soggiogate, delle donne».
 

La Milano di Montini...
«Montini che cercò, invano, di proteggere padre Davide, addirittura costretto dal Sant'Uffizio a
espatriare, e me... Ebbene: si ammala Giusto, un figlio di Vittorini. Nella malattia riscopre la
dimensione religiosa. Il padre mi chiede di stargli accanto. Con Giusto trascorrerò lunghe ore,
sempre alla presenza di Elio. La cosa si viene a sapere. Un giorno, al capezzale di Giusto, poco
prima che morisse, arriva Montini: l'arcivescovo si butta in ginocchio davanti all'infermo, un gesto
quasi teatrale, che non gli apparteneva...».
 

Vittorini scrittore?
«Resta, credo, Conversazione in Sicilia. Il suo limite si è manifestato nel tempo: così vittima di ogni
attualità possibile ».
 

Sarà lei, dopo padre Davide, a pronunciare l'omelia nel Duomo di Milano durante la Messa
domenicale di mezzogiorno.
«Mi dividevo con San Carlo. Ad ascoltarmi, tra gli altri, trascinato da Carlino Bo, spesso c'era
Montale. Piuttosto muto, di pochi sorrisi. Tra i poeti del nostro Novecento, il più grande. Me lo fece
apprezzare, già negli Anni Trenta, e con lui Ungaretti e Quasimodo, padre Giulio Zini, al ginnasio».
 

E padre Davide poeta?
«L'ho visto nascere. Risale al 1929 il nostro incontro, si arrivava, rispettivamente, dal Friuli e dalla
Valtellina. Le sue raccolte migliori: Io non ho mani e Canti ultimi, quando tace la corda
dell'eloquenza, quando a risaltare è il vis-à-vis con Dio, fino allo scontro».
 

Padre Davide e padre Camillo... «Abbiamo arato le pietre, / abbiamo radici in tutte le strade /
amate più di noi stessi»: sono versi che Le ha dedicato Turoldo...
«E' in uscita, da Morcelliana, Uomini contro - il titolo, veramente, non mi piace - di Daniela
Saresella. Un viaggio nelle traversie ecclesiastiche e non che abbiamo conosciuto. La prefazione è
di Michele Ranchetti, lo studioso della Chiesa, di Freud, di Celan, di Rilke da poco scomparso».
 

La Corsia dei Servi, da Turoldo e da Lei pensata, voluta, come «un asilo sicuro per chiunque,
credente o meno».
«Non a caso si darà vita dopo il 25 luglio al foglio L'Uomo. Chiuso, rinascerà terminata la guerra.
Lo dirigevano il politico Dino Del Bo, Mario Apollonio, mio professore di Letteratura italiana, il
filosofo Gustavo Bontadini. L'Uomo, uno sguardo vasto sulla condizione umana, di respiro
conciliare (il Vaticano II stava maturando). Davide ed io fummo invitati ad aderire a una
Federazione di circoli cattolici: non accettammo, va da sé».
 

A proposito di Concilio...
«Sì, il Concilio. Com'è appannato. La Chiesa di Ratzinger è incentrata sull'identità. Io invece ho
una visione pluralista dell'identità. L'ecumenismo non sta segnando il passo? Si torni a quell'aurea
epoca. Se ne riscoprano i protagonisti. Come il rettore della Cattolica Giuseppe Lazzati, osteggiato
e vilipeso da Comunione e Liberazione».
 

Credenti e non credenti...
«Di tanto in tanto, in libreria - ne ho fondate ben due: la Corsia dei Servi e la nuova Corsia dei Servi
- entrava Dino Buzzati. Una inimitabile eleganza. Lo scrittore? Certo, Il deserto dei tartari... Ma era
forse superiore il giornalista. Gli ha nuociuto il paragone, insostenibile, con Kafka».
 

Lei dal 1957 ha fatto ritorno a Madonna di Tirano, tale la sua irrequietezza...
«Da sempre. L'origine della specie di Darwin, libro all'Indice, che leggevo di nascosto, mi valse
l'espulsione dal Seminario. Da Tirano scendevo a Milano però quasi ogni settimana. Vi fu il periodo
in cui seguii i cosiddetti detenuti politici. Partecipai, in palazzo Serbelloni, corso Venezia,
all'incontro fra Montanelli, rivelatosi specialmente cavalleresco, e i giovani che lo avevano
gambizzato ».
 

Quali visite a Tirano?
«Grazia Cherchi, editor e critico letterario, una voce dei Quaderni piacentini. Era mia ospite quando
si aggravò. Giunta a Milano, morì. Mi donò la sua penna».
 

E poi?
«Mario Soldati. Una banca gli commissionò L'avventura in Valtellina. Gli feci da cicerone. Ma non
ero l'unico ad assisterlo. Esigette che gli trovassero un giocatore di scopone per tirare notte. Aveva
un rapporto divertito con la vita ».
 

Tirano... Come non pensare a Bernanos, al curato di campagna?
«Ulteriore libro essenziale. Il parroco che confessa la propria "inettitudine soprannaturale"».
«Tutto è grazia», assicura quel parroco. E così?
«Tutto può essere trasformato in grazia ». Potrebbe essere l'incipit di un'omelia che riconcilierebbe
il viaggiatore Piovene con il santuario di Tirano. Assistette a una predica che turbò il suo animo
liberale: «Girare poco, stare in casa e aprire qualche libro di sana lettura...».

La vita. Padre Camillo De Piaz è nato a Madonna di Tirano il 24 febbraio 1918. Ultimo di quattro
figli, entra (1934) nell'ordine dei Servi di Maria. E' ordinato sacerdote nel 1941 e assegnato al
convento di San Carlo a Milano. Con Padre Turoldo è la figura di spicco della Corsia dei Servi.
Le opere. Padre Camillo De Piaz è autore di «Il crocevia, la memoria» (vi sono raccolti gli articoli
apparsi su due periodici valtellinesi), i commenti alle letture bibliche in tre volumi (Servitium
edizioni) e «Linea retica», scritti d'arte 1960-2007 (Museo Etnografico Tiranese).
Una vita sulla frontiera
«La Resistenza, il Concilio e oltre». Sono le stagioni di padre Camillo De Piaz ripercorse nel libro
«Sulla frontiera» (Libri Scheiwiller, pp. 251, e 14. Con un intervento di Laura Novati). Lo ha
scritto, un po' intervista, un po' saggio, un allievo del servita, Giuseppe Gozzini, il primo obiettore
cattolico italiano, nel 1962. «Come ricostruire la vita di un uomo che ha fatto di tutto per
nascondersi, per non apparire in scena? E come collocare un frate che con le sue idee e le sue scelte
ha influito sugli eventi del suo tempo senza essere né un teologo né un filosofo (non ha mai
ricoperto cattedre), né un intellettuale né uno scrittore (rifugge dal protagonismo culturale e dal
presenzialismo mediatico), né un educatore o un direttore spirituale?».
Dall'infanzia a Tirano al Seminario, dalla Corsia dei Servi al rapporto con Montini, arcivescovo
prima e papa poi, all'esilio. Una vita interpretata come un affare di coscienza


"La Stampa" 19 aprile 2008